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Politica

Terremoto in Francia: Le Pen ineleggibile

Terremoto in Francia: Le Pen ineleggibile

Un vero terremoto sta sconvolgendo in questi giorni la Francia: il tribunale ha condannato Marine Le Pen a cinque anni di ineleggibilità, con effetto immediato, compromettendo in tal guisa la sua candidatura alla presidenza per una quarta volta nel 2027. Un voto per il quale - va sottolineato - i sondaggi la davano favorita almeno al primo turno.

Dunque, con la condanna, vola in frantumi il sogno dell'Eliseo. Sulla questione, bisogna essere decisamente chiari. Se degli illeciti vi sono stati, allora indubbiamente giusto è che la Le Pen paghi. Ma non può non stupire la decisione della ineleggibilità, per più ragioni, tutte inquietanti. Intanto sorge il sospetto di un uso politico della giustizia, cosa peraltro non nuova, e che noi italiani conosciamo particolarmente bene.

Sembra che effettivamente il caso della Romania abbia fatto scuola, come usa dire: Georgescu è stato egli stesso dichiarato ineleggibile, non prima dell'annullamento delle elezioni che in Romania lo avevano visto trionfare qualche mese addietro. L'avevamo detto da subito: si è spalancata una insidiosa finestra di Overton, che rischia ora di contagiare l'Europa tutta. Una finestra di Overton insidiosissima, che rischia di far volare in frantumi quel poco che resta di democrazia nel vecchio continente.

D'altro canto, anche in Italia Carlo Calenda ha proposto di introdurre un demenziale "scudo democratico" teso a impedire l'elezione democratica di chi sia in qualche modo sospettato di essere vicino alla Russia o comunque a forze sgradite a Bruxelles e a Washington.

Insomma, sarebbe opportuno domandarsi seriamente che cosa resti di democratico nella tanto celebrata democrazia europea, che sempre più simile appare a una tecnocrazia neoliberale a base finanziaria e imperialistica; una plutocrazia neoliberale nei cui spazi alienati sono ammesse le democratiche elezioni, a patto che vincano sempre e solo forze che abbiano preventivamente giurato fedeltà a Bruxelles e a Washington.

L'uso dei tribunali per impedire a un candidato politico, quale che sia il suo orientamento, di partecipare alle elezioni è una misura chiaramente politica, che intacca il funzionamento delle procedure democratiche. Deve comunque essere chiaro che il partito della Le Pen non è affatto antisistemico, essendo strutturalmente un partito liberale e dunque organico all'ordine dominante, anche se in misura decisamente minore rispetto al partito di Macron, prodotto in vitro dei Rothschild.

Che vi possa essere un uso politico della giustizia è un dubbio legittimo, anche alla luce della vicenda della signora von der Leyen, vestale del neoliberismo finanziario made in UE. "Von der Leyen condannata per mancata trasparenza sui vaccini: la sentenza della Corte Ue (alla vigilia del voto)": così titolava "Il Messaggero" il 17 luglio del 2024. In quel caso però l'ineleggibilità non valeva? Bene ha detto Varoufakis: a prescindere da quel che pensiamo del singolo candidato in questione, risulta pericolosissimo il fatto che i tribunali decidano della vita politica dei popoli e impediscano ai candidati di gareggiare.

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