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Montesi guida gli scissionisti del PD

Montesi guida gli scissionisti del PD

“Il PD è imploso”. – questo è l’impietoso incipit con cui in un comunicato stampa Massimo Montesi, ex capogruppo provinciale del Partito Democratico annuncia l’adesione e la costituzione in provincia dei “Democratici e Progressisti.”  “Bisogna purtroppo prendere atto delle difficoltà politiche di un progetto, che lo voglio ricordare, aveva l’ambizioso obiettivo di unire i riformismi italiani. Negli ultimi anni si è perso completamente di vista il compito, hanno prevalso logiche vecchie di potere e di cinismo peggiori della prima repubblica.”

“La scissione - prosegue la nota - non avviene adesso, ma è stata silenziosa e continua in questi anni. Si è manifestata nella perdita continua e rovinosa nel numero degli iscritti e degli elettori. Chi stava alla guida d’altronde, non ha mai avuto bisogno e non ha mai cercato di capire le motivazioni del fenomeno, perché in questa visione della politica un partito autonomo dalle istituzioni quale corpo intermedio di mediazione è solo un intralcio. Si è preferito il rapporto diretto tra il Capo e i cittadini. Una semplificazione che si è rivelata sbagliata e pericolosa. Accompagnata da comportamenti che invece che contrastare l’antipolitica la hanno alimentata; ricordiamo le parole d’ordine, diminuiamo le poltrone, meno politici, rottamazione, in un crescendo a fare il verso ai populismi. Anche qui sbagliando, l’antipolitica non si può fare, non si è credibili, quando si governa l’Italia, la gran parte delle regioni e dei Comuni.”

“Gli ultimi appuntamenti elettorali – prosegue Montesi -  lo hanno confermato. Il disastro delle ultime amministrative fino alla caporetto del referendum costituzionale. Siamo giunti, laddove una classe dirigente nazionale normale, (chi ha responsabilità di maggioranza -, in un partito normale, avrebbe aperta una discussione vera, profonda, sulle motivazioni e cercato di apporre rimedi). Invece la risposta è stata di chiusura arrogante, al di là dei gesti ad effetto, nessuna comprensione della gravità della situazione, nessun anteporre il bene comune rispetto al proprio destino personale. Anzi, la voglia di rivincita che vince su ogni altra considerazione. Spalancando le porte alla prossima vittoria dei populismi e all’avventura. Su questo la strada è segnata in assenza di azioni decise e cambiamenti di rotta.

La domanda principale a cui dare risposta rimane: perché i nostri elettori ci hanno abbandonato? In politica non sbagliano mai gli elettori, sbagliate sono le proposte politiche. Milioni di italiani non hanno votato PD nelle ultime tornate elettorali ed il referendum costituzionale, altro gravissimo errore, è stato trasformato nel giudizio universale sul PD, con la risposta che conosciamo.

In una società profondamente cambiata, il nostro mondo, i giovani, il mondo del lavoro, il mondo della scuola, il mondo di coloro che sono in fondo alla scala sociale e anche di quelli che una volta venivano definiti ceto medio, impoveriti da anni troppo lunghi di crisi, a fronte del bisogno di sicurezza e protezione non hanno avuto risposte da noi e anzi ci hanno visto come l’establishement , il “potere”,  una causa del loro disagio cresciuto.  Il nostro ruolo nel mondo e in un Europa che rischia di diventare un problema piuttosto che un’opportunità. In una globalizzazione che dopo l’innamoramento iniziale porta con sé insicurezza, accentramento delle risorse e marginalizzazione di interi paesi e parti. Per non parlare nelle nostre zone del dramma dei sismi e dell’assunzione del tema come centrale e regionale e nazionale. Queste sono le domande a cui dare risposta, altro che poltrone e demagogia comunicativa.Non si può fare in un congresso che è solo l’ennesima conta plebiscito del Capo. Fino in fondo abbiamo creduto nella possibilità di poter svolgere la nostra battaglia nel PD. Temo che non si possa fare più nel Pd.

Anche le cose chieste nell’ultima Assemblea erano più che ragionevoli: sostenere il governo fino alla fine della legislatura come segno di responsabilità verso il Paese e di avversione verso l’avventura in un momento così delicato; mettere in campo una conferenza programmatica che avvicinasse le posizioni di merito all’interno del PD e nel frattempo fare una legge elettorale seria; fare le primarie in autunno. Purtroppo non sono nemmeno venuti dei no, ma addirittura non è nemmeno stata data una risposta, a voler dire: il PD non solo non è contendibile, ma è proprietà personale del Capo. Il refrain che per anni abbiamo sentito: noi siamo la maggioranza e decidiamo e la minoranza si deve adeguare. Una idea pericolosa della democrazia interna di un partito. La fine di un ciclo e anche oggettivamente del PD per come l’abbiamo conosciuto. E la rottura irreparabile di una comunità.

Il nostro compito, credo debba essere quello di cercare di riconnetterci con quel popolo di sinistra che ha abbandonato politicamente e elettoralmente il PD con particolare attenzione ai giovani che per l’80% hanno votato NO al referendum e al mondo del lavoro che non guarda più al PD.

Mettere a disposizione lo spazio politico per ricostruire il centrosinistra, il campo largo che serve ad affrontare le sfide che il paese ha davanti, non una cosa piccola, o la cosa rossa come la definiscono i giornali, ma lo spirito di un nuovo ulivo, che sappia trovare le analisi, le parole e i valori per poter rimettere insieme il mondo della sinistra, con il centro, con l’associazionismo. Non l’ennesimo partitino della sinistra, ma la volontà e gli strumenti per ricostituire un nuovo centro sinistra o meglio dire “per il centro sinistra” perché quello che c’era l’ha ammazzato Renzi. Insomma un cantiere vero e proprio.

Una delicatezza particolare – conclude la nota -andrà rivolta nel trattare le cose istituzionali. Saremo in qualunque sede i difensori del centrosinistra, la nostra azione non sarà mai a danno di esso, ma a sostegno, laddove esso governa e laddove esso è chiamato ad appuntamenti elettorali.”

 

 

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