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Macerata - "Tu chiamali se vuoi episodi, ma si è rischiato il bis di Pamela"

Macerata - "Tu chiamali se vuoi episodi, ma si è rischiato il bis di Pamela"

No, madama la marchesa: non va tutto bene. La sinistra sempre così puntuale a segnalare episodi di rassismo e fassismo (scritto rigorosamente con la doppia esse perché la zeta dà un’ idea di correttezza formale che non coglie la vis sentimental-polemico-nostalgica di queste espressioni) non si è accorta che la città vive ormai dal 31 gennaio 2018 una sorta di narcosi dell’ordine pubblico.

È come colui il quale punta il dito, ma manca la luna. A Macerata c’è una sorta di conformismo – totalmente bipartisan – per cui deve necessariamente andare tutto bene: non ci sono grandi problemi, non c’è disagio, non c’è crimine, né tensione. È così? Ah saperlo! Di certo tutti provano a raccontarselo.  E chi osa sollevare un dubbio che non è di parte, ma è proposto a riflessione comune e dunque a patrimonio collettivo viene censurato.

Non rassissmo e fassismo, ma conformismo e censura. Dopo l’orribile fine di Pamela, la follia di Traini, il molto che ha fatto il questore Antonio Pignataro, che ha pagato di persona il suo impegno subendo la freddezza e la distanza della città da sé medesimo, c’è stato una sorta di tacito accordo al queta non movere. Ci si è auspicati e si è lavorato affinché l’onda lunga del conformismo tutto ricoprisse: le colpe pregresse, le incapacità attuali.

Il centrodestra oggi si mostra inconsapevole che gran parte delle ragioni della sua ascesa al potere stanno nella reazione che la città ebbe all’orrore di Innocent Oseghale; il centrosinistra probabilmente da quello shock non si è più compiutamente ripreso. Ma sia gli uni che gli altri hanno evitato, o forse sono stati incapaci di farla, una riflessione profonda sul come e perché si sia determinato quell’orrore.

Le cause epidermiche sono evidenti: eccesso d’immigrazione e scarso controllo, squilibrio tra la dimensione della città e la presenza dell’alterità, consumo abnorme di droga, mancanza di spazi e di proposta di aggregazione, inclinazione alla misera speculazione abitativa favorendo il proliferare della prostituzione o del caporalato o della clandestinità, necessità di manodopera a basso costo e a zero diritti, progressivo decadimento degli anticorpi sociali verso la delinquenza a torto ritenuta minore.

Ma le cause profonde? Si è in qualche modo lasciato che il tempo rimarginasse le ferite – ma il pus sotto è rimasto e c’è il rischio della cancrena sociale – che i ventiquattro pezzi del corpo di Pamela si ricomponessero in una sorta di liturgia dello sdegno, che le pallottole di Luca Traini piano piano perdessero forza. Tutti, nessuno escluso, hanno concorso a nascondere quella mefitica polvere sotto il tappeto.

C’è un capitolo dell’inchiesta sull’orribile sorte di Pamela Mastropietro che è rimasto (volutamente?) non indagato. C’erano dei complici? E se sì chi sono e dove sono? E ancora: chi è fino in fondo Innocent Oseghale? Dove e perché ha imparato a sezionare un corpo umano con maggior perizia di un chirurgo? Come e dove ha trovato i soldi per pagarsi le spese processuali? E Oseghale era un cane sciolto o, come è giusto domandarsi e forse ritenere, era una pedina centrale nell’organizzazione della mafia nigeriana? Non può essere che gli organi di Pamela stessero in una valigia per essere venduti sul mercato abominevole dei pezzi di ricambio umani? Non se ne è parlato più; meglio non sapere?

Pignataro è stato trasferito, anche in Procura c’è stato un avvicendamento, per non dire del via vai a palazzo del Governo. Ma è possibile che Macerata abbia vissuto una settimana di orrore e follia (Pamela e Traini) senza che null’altro vi fosse e senza che null’altro – a parte il cambio di giunta – accadesse? Questo interrogativo sorge oggi perché al ripetersi a cadenza mensile di risse tra immigrati, al dilagare di una microcriminalità (che tutto è tranne che micro) che inquieta soprattutto il centro storico, al verificarsi di episodi di violenza di genere di cui si cerca sempre di sfumare la portata e i contorni, all’evidentissimo spaccio di stupefacenti si risponde con il silenzio, con la minimizzazione, con una narrazione tranquillante – lontanissima peraltro dalla verità e dal peso dei fatti -  che è cambiata negli interpreti, ma non negli argomenti.

Il Centrodestra dice oggi cose e utilizza argomenti che sono esattamente gli stessi che prima usava il Centrosinistra. Rivendica al suo attivo: più telecamere, più controlli, sciorina dati, ma siamo al dito: la luna è molto più lontana. La polemica è riesplosa per la rissa dei peruviani. Non è la prima. Si può fare un lunghissimo elenco. Ce n’è stata una a marzo ai giardini Diaz (chiusi senza sapere quando riapriranno e lì si annida ancora lo spaccio, anzi più comodamente di prima perché senza frequentazione dello spazio da parte dei cittadini chi bivacca nascosto tra il sottopasso e quel capolavoro estetico dell’incementata della terrazza dei popoli ha campo libero!) e sono volati i coltelli, il 6 aprile altre due bande di peruviani si sono affrontate tra via Tibaldi e via Spalato, il 15 novembre scorso 12 extracomunitari si sono sprangati in pieno centro, un anno fa marocchini e albanesi si sono affrontati con scene da guerriglia urbana in via Pallotta.

Sono solo alcuni episodi che rivelano però che c’è una violenza nascosta tra bande rivali in città. Per controllare cosa: caporalato, spaccio, prostituzione, usura? È sciorinando le telecamere istallate che si affronta il problema? È dicendo, come si è sentito in questi giorni, che sono episodi marginali che si comprende il fenomeno? Perché non ci si pongono domande del tipo: ma la moria dei negozi non nasconde forse un giro di usura? Ma la mancanza di spazi e proposte di aggregazione giovanile non pone la popolazione studentesca alla mercè del consumo e dunque dello spaccio di droga? Ma il proliferare di attività edilizie non genera l’occasione di un caporalato e di uno sfruttamento di manodopera? Ma la caduta verticale di residenzialità in centro storico non agevola la penetrazione degli spazi identitari da parte della prostituzione? Ma l’abusivismo abitativo non chiama in involontaria complicità i cittadini che pur sapendo tacciono in una sorta di omertà dell’affitto in nero?

Forse è a queste e ad altre domande che si dovrebbe dare risposta invece che limitarsi a dire che ci sono episodi isolati. Forse gli episodi sono isolati, ma i motivi che li determinano sono, purtroppo, consolidati. La strategia scelta però – e non diversamente da quello che ha fatto per anni il centrosinistra andando poi incontro allo sciagurato e terribile redde rationem di quel 31 gennaio 2018 – è ancora quella mirabilmente sceneggiata da Alessandro Manzoni nel capitolo diciannovesimo dei Promessi sposi. C’è molto di maceratese in quell’episodio.

Il Conte Zio che si può immaginare in capigliatura canuta, incontra il padre provinciale dei Cappuccini che potrebbe ben esser stato un rappresentante del governo in città, per evitare che Fra Cristoforo, che è la maschera di chi indaga, vada troppo oltre nell’individuare responsabilità e carenze magari dei Bravi che potrebbero sedersi ovunque negli spazi e negli incarichi pubblici o affiliati al pubblico. E cosa consiglia il canuto conte zio? “Sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire.” E’ accaduto? Può darsi. Su un episodio definito da chi lo “vissuto” una riedizione – mancata nel senso che non c’è scappata la morta – del caso Mastropietro è sicuro che sia calata la censura.

Sta di fatto che al pronto soccorso dell’ospedale medici e infermieri sono continuamente minacciati nel silenzio più totale. Diversi sono stati gli episodi di violenza di genere in città di cui si è pochissimo parlato. Neppure il consiglio delle donne – dopo la cacciata di Sabrina De Padova che pure era consigliere di maggioranza – è stato chiamato ad occuparsene.  Eppure – limitandoci agli ultimi – il 2 aprile un giovane è stato arrestato per aver perseguitato la fidanzata minorenne, il 6 aprile una giovane è stata massacrata di botte in strada, il 12 maggio una ragazza è stata malmenata in casa dal fidanzato e allargando lo spettro alla provincia il 18 giugno a Civitanova 4 maghrebini sono finiti dentro per tentata violenza, il 14 giugno è stata ammazzata a coltellate a Tolentino dal marito Gentiana Hudhra.

Ma c’è un episodio di cui chi sa è costretto a non parlare. Nella notte tra il 27 e il 28 giugno scorso, dunque meno di un mese fa, una ragazza al di sotto dei 30 anni tra corso Cavour, corso Garibaldi e piazza Puccinotti sarebbe stata aggredita e stuprata da almeno tre uomini di colore. L'avrebbero anche presa a morsi. È arrivata al pronto soccorso praticamente in coma. Lei cercava droga e stava per trovare la morte. Lo shock subito è stato così forte che la ragazza è stata affidata ai servizi psichiatrici.

Si sa che si è cercato attraverso i morsi che la ragazza ha sul collo e sulle spalle di ricavare il profilo dell’arcata dentale di uno degli aggressori che –  a detta dei criminologi – è come fosse un’impronta digitale e si starebbe cercando di arrivare agli aggressori. Con questa ricerca si giustifica il segreto assoluto! Chi ha assistito la ragazza e conosce la dinamica dei fatti sostiene che si "è rischiata una seconda Pamela Mastropietro". Ma nessuno sa più nulla: né della ragazza, né delle indagini, né se si volesse fare di lei ciò che probabilmente Oseghale  voleva fare di Pamela Mastropietro.

È una sorta di codice d’onore della mafia nigeriana non avere rapporti con donne bianche se non a un solo scopo: renderle schiave perché sul mercato della prostituzione le bianche rendono di più. Per adescarle si usa sempre la droga: successe con Pamela, è successo ancora. I morsi potrebbero indicare parte del rito di affiliazione di alcuni “culti” (così si chiamano le cosche nigeriane) che impongono di “mangiare” la vittima.

Ora la domanda: perché di questo caso non si parla? Ha forse ragione Alessandra Mastropietro – la mamma della povera Pamela – a sostenere che i complici di Oseghale sono ancora a piede libero? E se è vero com’è vero che lo spaccio di droga a Macerata è in mano ai nigeriani, se è vero come parzialmente l’inchiesta sull’atroce fine di Pamela ha dimostrato che Macerata è un covo “silente” per la mafia nigeriana possiamo liquidare come episodici gli atti di violenza che quasi quotidianamente turbano la città? E’ giustificato o no che le madri delle ragazze che abitano in centro storico dopo l’aggressione a questa giovane di cui nulla si è voluto far sapere oggi vivano angosciate ogni volta che le figlie tardano?

S’impone un’altra domanda: perché “troncare e sopire” su questo caso? Si ha paura che emergano delle verità scomode e dell’altrettante scomodo omissioni a vari livelli della cosa pubblica e dello Stato? Sarebbe forse il caso che invece di azzuffarsi in baruffe chiozzote nel cortile del consiglio comunale le forze politiche sia quelle di opposizione, ma ancor di più quelle che governano si domandassero se, passato l’orrore di Pamela, è tutto tornato come prima e peggio di prima alla anormalità? Siamo sicuri che le competenze in materia di sicurezza in città siano adeguate alla dirompenza e complessità dei problemi?

È arrivato da pochi giorni il nuovo Prefetto. Si sa che la dottoressa Isabella Fioretto – fino a qualche giorno fa “inquilina” del palazzo del Governo – aveva o forse ha tuttora un rapporto di particolare amicizia con un’assessora della giunta municipale e per questa via una stretta confidenza con il Sindaco. Certamente la dottoressa Fioretto sarà stata avvertita del caso della ragazza stuprata e ne avrà riferito all’amministrazione cittadina, ma nel rispetto delle indagini nulla ha fatto trapelare. E forse per evitare di turbare l’armonia della città si è scelta la strada del silenzio.

Tuttavia per come viene sussurrato questo caso ha tratti di straordinaria gravità e meriterebbe maggiore approfondimento. È sperabile che il nuovo prefetto il dottor Giovanni Signer – al quale va tributato uno speranzoso benvenuto -  voglia convocare un vertice sull’ordine pubblico in città e si adoperi anche per capire se in passato ci sono state, e quali e fatte da chi, omissioni. Perché saranno anche tutti episodi isolati, ma qualcosa suggerisce che di episodi isolati è lastricata la strada per l’inferno. E purtroppo Macerata lo ha già conosciuto.

(Foto di repertorio) 

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