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Politica Macerata

Irene Manzi: sto con Matteo Renzi, in questo congresso ci giochiamo il futuro del PD

Irene Manzi: sto con Matteo Renzi, in questo congresso ci giochiamo il futuro del PD

Abbiamo preferito aspettare qualche giorno, così che, a freddo, si elaborasse meglio il trauma che la frattura all’interno del Partito Democratico ha portato alla separazione di autorevolissimi esponenti politici di livello nazionale, da quella che era la Casa Madre. Una scissione dolorosa che sta già lasciando significative cicatrici sui territori. Poi una chiacchierata con Irene Manzi, parlamentare maceratese del PD, era doveroso farla e condensarla in tre domande che proponiamo qui sotto. Con un’unica avvertenza: essendo domande particolarmente complesse, inevitabilmente pure le risposte non possono che essere articolate. D’altra parte la particolare circostanza non poteva liquidarsi con un semplice botta e risposta.

Onorevole Manzi, quelle appena trascorse sono state settimane complicate e piene di fibrillazioni per il Partito Democratico. Cosa sente di dire rispetto a quanto è avvenuto?

Sono state giornate decisamente complicate e, per certi versi, anche dolorose. In queste ore stanno nascendo nuovi gruppi parlamentari alla Camera e al Senato e la separazione da colleghi e amici con i quali si sono condivise battaglie e progetti politici non è certamente indolore. Politicamente non condivido la scelta di chi ha deciso di uscire dal PD e penso che legare alla presenza o all'assenza di Matteo Renzi la permanenza in questo partito abbia ben poco senso. Di ogni segretario si deve giudicare la politica e non può esserci un pregiudizio sulla persona. Il PD non è' di questo o di quel segretario, è una comunità, e deve continuare ad esistere indipendentemente da Matteo Renzi.

È' per questo che non comprendo il senso politico dell'uscire dal PD e di farlo per la data di un congresso, pur sapendo che la responsabilità di un "divorzio" non possono essere addebitate solo ad una delle parti. Penso che continuino ad essere molto più forti - per me che nel PD ho trovato la mia prima casa politica - motivi per restare e lavorare in questo partito, offrendo un contributo ideale plurale e riformista. Perché c'era e c'è ancora bisogno del PD in questo paese come partito riformista, sintesi e completamento del meglio delle tradizioni politiche della nostra storia. E mettere in crisi quel progetto nel momento più difficile e delicato della democrazia italiana e mondiale rischia di indebolirci e frammentarci e di consegnare la vittoria a movimenti politici di nazionalisti e populisti. Avrei preferito che si portasse la battaglia per le proprie idee dentro il congresso ( e, ricordo, siamo l'unica forza politica che fa un congresso) in nome di progetti concreti e alternativi, magari spingendo con maggior forza per portare a compimento il progetto fondativo del PD, quello di costruire un soggetto politico autenticamente popolare ed alternativo al populismo.


Veniamo dunque al tema del congresso del PD che si concluderà il 30 aprile con le primarie per la scelta del segretario. Come si prepara a vivere questo momento così importante per il suo partito? Non c'è il rischio che tutto si risolva in un referendum pro o contro Renzi?

Il congresso è fatto dagli uomini e penso che, come uomini e donne, di questo partito sta a noi la responsabilità ed il dovere di evitare che tutto si riduca ad un confronto pro o contro qualcuno. Ecco perché non condivido l'invito rivolto da chi invita tutti -  elettori e non del PD - a venire a votare per "togliersi dai piedi Renzi". Ecco io non sono nel PD perché c'è o no Renzi, sono nel PD perché mi riconosco nei suoi valori e nel lavoro di un partito che continua, anche con limiti ed errori, a confrontarsi, a discutere, a fare politica. Facciamo del prossimo congresso l'occasione per mettere al centro del nostro dibattito alcuni temi chiave - li ricordava pochi giorni fa il Ministro Maurizio Martina in una lettera aperta pubblicata da " La Repubblica", lanciando cinque sfide per Renzi ed il PD da portare dentro il prossimo congresso: il partito che vogliamo costruire, la società che vogliamo trasformare, l'uguaglianza che vogliamo declinare, le nuove generazioni a cui non siamo capaci di offrire prospettive, l'Europa che vogliamo costruire. Cinque temi politici e programmatici sfidanti per i candidati a segretario. Cinque temi da porre perché solo con la forza delle idee possiamo uscire dai personalismi e offrire lo spettacolo di un partito maturo e riformista che vuole parlare al Paese.



Non cadiamo nei personalismi, d'accordo. Ma tutti le chiederanno inevitabilmente quale tra i tre candidati appoggerà al prossimo congresso. Cosa risponde a questa domanda?

È' inevitabile - ha ragione- e non mi sottraggo alla risposta che è frutto di una scelta politica meditata che parte da una considerazione: da quello che come Partito Democratico siamo stati in grado di fare in questi anni di governo. Azioni riformiste e importanti. Penso all'istituzione del fondo contro la povertà, alle norme sui diritti civili, alla legge sul dopo di noi, al ripristino del fondo per le non autosufficienze- azzerato dai governi di destra. Penso ai 4 miliardi stanziati per la scuola e per l'edilizia scolastica e alle 100 Mila assunzioni effettuate, all' incremento dei fondi per la cultura. Penso alla legge sul caporalato. Alle posizioni assunte sull'Europa e sul ruolo che questa deve avere sullo scenario mondiale.  Sono scelte a cui si è giunti anche grazie al contributo di una classe dirigente plurale, da sostenitori e non di Matteo Renzi. 

E penso che di questo pluralismo riformista ci sia uno straordinario bisogno in questo momento. Non di un ritorno alle case madri o di un partito identitario di sinistra, ma di azioni riformiste che si preoccupino dell'impoverimento del ceto medio, delle nuove forme di precariato che non riguardano più solo la classe operaia, ma toccano da vicino i giovani professionisti, le nuove professioni, le partite IVA. Di una crescita che va declinata con la giustizia sociale. A questi temi dobbiamo offrire risposte anche come partito, senza cadere nel populismo o nelle facili scorciatoie. E dobbiamo farlo anche rispetto ad un altro tema, quello dell'organizzazione del nostro partito, trovando forme nuove di partecipazione, nuovi luoghi di elaborazione, concentrandoci su una nuova organizzazione da dare al PD a livello nazionale e locale, recuperando un rapporto vitale e proficuo con i corpi intermedi. L'incompiutezza del PD non nasce con Matteo Renzi ma per superarla in questo momento dobbiamo compiere uno scatto in avanti: passare finalmente dall'io di un leader alla pluralità del noi, e alla costruzione seria di una classe dirigente plurale per provenienza, capacità  ed esperienza.


Sono sfide che voglio porre a Matteo Renzi nella sua azione politica, portandole nel suo programma e nella sua azione come segretario del PD, perché il partito democratico sia sempre di più un partito plurale e da quella  pluralità possa nascere unità, mescolandoci ed arricchendoci reciprocamente.


Ci sono stati limiti ed errori in questi anni nella sua azione non lo nascondo: nell'organizzazione del Partito, nel conflitto con i corpi intermedi, nel non aver accompagnato alcune delle riforme attuate con un processo di coinvolgimento consapevole  dei suoi destinatari ( penso alla scuola o alle riforme istituzionali). Ma si è avviato un programma di riforme e di cambiamento di cui l'Italia ha fortemente bisogno. Ed è per questo che deciso di appoggiarlo al prossimo congresso. Non è un appoggio acritico il mio, è un appoggio consapevole fondato su una considerazione: che in questo momento è in gioco il futuro del PD, al bivio tra scomparire e ritornare alle famiglie politiche di origine, sconfessando quell'approccio riformista e pluralista che ne ha ispirato la fondazione. E Renzi, con un contributo programmatico offerto anche da chi, come me, è più a sinistra di lui su molti temi- come concretamente è accaduto in questi anni di governo - può rappresentare, meglio di altre proposte politicamente più identitarie, il compimento del Partito democratico, quel superamento delle reciproche appartenenze che era alla base della sua fondazione e da cui questo PD deve ripartire per compiere finalmente il suo cammino.




Fabrizio Cambriani
Opinionista e polemista, scrive solo per passione. In caso di guerre e/o calamità naturali diventa anche reporter e narratore. Politicamente ormai apolide, è sempre incuriosito e attratto dalle dinamiche relative alle continue trasformazioni sociali. Ama la buona tavola, l'ottima musica e le donne (anche contemporaneamente)...

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