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Bolognola, torna in scena le Terre Tremano di Giorgio Felicetti: tra il pubblico il commissario Legnini

Bolognola, torna in scena le Terre Tremano di Giorgio Felicetti: tra il pubblico il commissario Legnini

Proprio alla vigilia dell’anniversario della grande scossa del 2016, le Marche tornano a tremare: 4.3 a Montefelcino (PU), e rialza la guardia (Leggi qui l'articolo). E la memoria non può non tornare a quei giorni terribili di cinque anni fa. La memoria collettiva ci torna con un rito laico, è il pluripremiato spettacolo di Giorgio Felicetti La Terra Tremano, che torna nel borgo antico di Bolognola, per commemorare i cinque anni dalla grande scossa del 30 ottobre del 2016. E tra il pubblico è atteso il Commissario Straordinario alla ricostruzione Legnini.

“Se c’è una vera storia comune del nostro Paese è storia di terremotati, l’Italia, lo sappiamo è terra “in moto” da sempre, da sud a nord: Belìce, Friuli, Irpinia, Marche e Umbria, Molise, L’Aquila, Emilia Romagna. Ma è sul più forte e intenso terremoto della storia recente, quello del 2016, che la narrazione di questo spettacolo prende la sua forza dirompente. Per qualcuno magari quanto accaduto nel 2016 si è trattato solo di cronaca, ormai sbiadita, dimenticata, cancellata dall’emergenza della pandemia da Covid. Ma chi ha vissuto quel terremoto devastante, sa che è un trauma gigantesco, ancora da risolvere.

Ancora di più oggi, a distanza di cinque anni, quando ormai l’attenzione mediatica si è spenta, ma rimane fortissimo il disagio di queste popolazioni all’interno del cratere sismico.

In realtà, questo di Bolognola, tra i Sibillini, era ed è tuttora un paesaggio bellissimo, con i borghi tra i più belli al mondo. Ora paesi devastati è vero, ma nella gente che qui rimane nonostante tutto, si sente la disperata voglia di ricostruire, di ricominciare. Anche in mezzo a questo fortissimo disagio.

Ed io, da un palcoscenico improvvisato, in mezzo al paese di Bolognola da ricostruire, cerco di dar voce a tutta questa gente rimasta ammutolita: sono personaggi a testa in giù: un pastore di Amatrice che vive sotto le stelle, un giovane padre di Arquata che vive sopra la faglia, un vecchio montanaro costretto a vedere il mare da una roulotte, uomini donne in fuga dai loro paesi, i bambini di Pescara del Tronto, tutte voci strappate da questi luoghi bellissimi.

Ne viene fuori una specie di urlo potente, un’invocazione, una preghiera, una lettera aperta, scritta proprio con le lacrime e la forza di chi, nonostante tutto, resta ancora aggrappato alla sua terra.

Il progetto per lo spettacolo è nato subito dopo il sisma del 2016, sono venuto qui, nei luoghi della devastazione. Il primo lavoro è stato quello dell’ascolto di tante persone che hanno vissuto il terremoto. Ho incontrato i protagonisti della tragedia. Ho raccolto testimonianze e racconti in diretta dai luoghi dove vivevano gli “sfollati”, gli “spaesati” trasferiti a forza in hotel, camping, container.        

È la storia di tante vite cambiate, per sempre. Così come il paesaggio, umano. Ho scritto un testo teatrale, quindi allestito lo spettacolo, che ha debuttato in anteprima a Milano, poi ha girato nei teatri, e poi nei luoghi del cratere sismico, compreso l’epicentro: Visso, Castelsantangelo, Ussita, Campi di Norcia, Montemonaco, Arquata, San Ginesio, Caldarola, e un ferragosto di due anni fa, un evento memorabile proprio quassù, a Pintura di Bolognola.

Abbiamo coinvolto le popolazioni residenti e resistenti, per cercare di elaborare insieme questo lutto enorme, collettivo, e per capire insieme com’è cambiato, e come cambierà ancora il paesaggio umano ed ambientale nel centro Italia, dopo il sisma. Per far questo, dovevamo entrare delle comunità rimaste.

E sabato, saremo a ravvivare la memoria proprio in uno dei borghi più colpiti: a Bolognola. Nello spettacolo io cerco di rappresentare tutti i sentimenti, le emozioni, gli stati d’animo di chi ha vissuto il terremoto: sconcerto, rabbia, disillusione, speranza, paura, gioia, spaesamento, smarrimento, realismo, voglia di andare comunque avanti.

Qui torniamo veramente al senso più antico del teatro, a quel rito primordiale, a quel senso vero di una comunità che si ritrova per ascoltare la propria storia, il proprio destino, per l’elaborazione del lutto e del proprio dolore; è una vera catarsi collettiva.

Alla fine, come ogni volta, si scioglierà tutto in un grande abbraccio liberatorio, sarà per tutti, come un viaggio alla casa bella della vita di prima.

C’è forte adesso, la voglia di andare avanti, oltre le macerie. Oltre la rabbia. In questi luoghi dell’Appennino, nel centro dell’Italia, in mezzo e sopra la natura, si può vivere, perché è bellissimo.Ma è urgente e necessario scegliere come farlo. Allora noi diciamo che è il tempo di raccontare questa storia. Perché riguarda tutti noi. Nessuno escluso. Questo bisognerebbe ricordarlo bene: i terremoti in Italia non riguardano solo chi li ha già vissuti.

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