L'Unione Montana dei Monti Azzurri dice no al Ceta. Feliciotti: "E' un attentato alla produzione italiana"
Il 15 febbraio 2017 il Parlamento europeo ha dato il proprio consenso alla conclusione del Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), Accordo economico e commerciale globale tra Unione europea e Canada - firmato il 30 ottobre 2016 - che si pone come obiettivi fondamentali: procedere alla progressiva liberalizzazione degli scambi assicurando alle merci dell’altra Parte il trattamento disposto a livello nazionale; avviare un’attività di riduzione o soppressione reciproca dei dazi doganali sulle merci originarie dell’altra Parte; assicurare l’astensione dall’adozione o dal mantenimento in vigore di divieti o restrizioni all’importazione merci dell’altra Parte o all’esportazione alla vendita per l’esportazione di merci destinate al territorio dell’altra Parte.
A questo proposito, c'è stata una presa di posizione netta di Giampiero Feliciotti, presidente della Unione Montana dei Monti Azzurri da sempre a difesa del mondo agricolo e delle eccellenze e delle tipicità locali. Cosa ne pensa di questo accordo?
"Il CETA è un accordo a natura mista per la cui entrata in vigore è necessaria la ratifica da parte di ciascuno Stato membro secondo le rispettive disposizioni nazionali. In Italia è in corso di approvazione la legge di ratifica. In realtà a fronte dei presunti benefici attesi, il CETA introduce sostanzialmente un meccanismo di acritica deregolamentazione degli scambi e degli investimenti che non giova alla causa del libero commercio e pregiudica in modo significativo la qualità, la competitività e l’identità del sistema agricolo nazionale. Per tali ragioni tutti i Sindaci nei loro consigli comunale hanno deliberato la loro contrarietà in accordo con Coldiretti affinchè tutti i Parlamentari si ribellino a questa corbelleria che uccide la produzione italiana chiedendo loro di non votare a favore della ratifica dell’Accordo e di impedirne l’entrata in vigore in via provvisoria, nella direzione di ragioni di scambio improntate alla democrazia economica ed alla salvaguardia dei diritti dei consumatori e delle imprese".
Per rafforzare il diniego , lunedi 24 il Consiglio dell’Unione Montana ha unanimemente votato il documento a tutela di tutto il territorio.
Il Canada è il 12° partner commerciale più importante dell'Unione europea. L’Unione europea è, per il Canada, il secondo partner commerciale dopo gli Stati Uniti e rappresenta quasi il 10% del suo commercio estero. Il volume degli scambi di merci tra Unione europea e Canada raggiunge quasi 60 miliardi di euro l’anno;
l’Italia importa dal Canada 1,2 milioni di tonnellate di grano duro ed esporta in Canada circa 23.000 tonnellate di pasta soltanto, vale a dire circa l’1,4% delle esportazioni mondiali di pasta che ammontano ad oltre 1 milione e seicentomila tonnellate l’anno; - l’abbattimento istantaneo e quasi totale dei dazi attiva, inoltre, significativi flussi di importazione competitiva sotto il profilo dei prezzi, ma con scarsi standards qualitativi e di sicurezza, a fronte della mancanza di un sistema di regole che tuteli i consumatori e che assicuri evidenza e trasparenza sull’origine delle materie prime.
Le motivazioni alla base della proposta affondano le loro radici in due terreni:
1. uno di natura economica, legato alla difesa delle imprese agricole nazionali ed alla tutela ed allo sviluppo del made in Italy, modello di sviluppo, coesione territoriale e crescita, per il Paese e per la comunità;
2. il secondo, di natura valoriale, legato al bene comune. All’entrata in vigore dell’accordo, infatti, la cooperazione regolamentare determinerà la graduale eliminazione delle regole che, nei diversi settori della sanità pubblica, della sicurezza degli alimenti, della protezione dei consumatori e dell’ambiente possono essere ritenuti di ostacolo alla libertà del commercio. E per questo che Coldiretti Macerata chiede alla S.V. di voler inserire nell’ordine del giorno del primo Consiglio/Giunta Comunale utile un punto relativo alla discussione ed alla condivisione dell’azione di Coldiretti per un commercio libero e giusto e per un’Europa libera dal CETA.
- all’entrata in vigore dell’Accordo è previsto l’annullamento di circa il 98% di tutte le tariffe dell’Unione europea, ma, d’altra parte, la cooperazione regolamentare conduce alla graduale eliminazione delle regole che, nei diversi settori della sanità pubblica, della sicurezza degli alimenti, della protezione dei consumatori e dell’ambiente, possono essere ritenuti di ostacolo alla libertà del commercio;
- il CETA non soddisfa i fondamentali obiettivi ed esigenze di trasparenza; nell’Accordo e nello strumento interpretativo, non sono indicate le modalità pratiche con cui gli Stati potranno continuare a legiferare senza interferire con la materia Politica commerciale comune;
- il CETA conduce ad un sistema di competizione selvaggia e senza limiti; - con l’eliminazione dei dazi si crea un uniforme piano di scambio ed una comune piattaforma di competizione transatlantica, tra le imprese agricole europee e nordamericane, in cui queste ultime risultano avvantaggiate dalla enorme dimensione industriale e dalla completa asimmetria regolatoria che consente alle stesse di beneficiare di significative economie di scala e di ridotti costi di produzione conseguenti ai bassi standard produttivi e di sicurezza normativamente imposti;
- nel CETA non vi è nessuna clausola che comprenda il tema dei diritti dei lavoratori;
- il CETA semplifica e vanifica il complesso sistema di regole di produzione, di protezione della qualità e dell’ambiente vigente a livello comunitario e nazionale, rispondendo all’unico criterio cogente della facilitazione commerciale ed affidando valutazioni e giudizi di conformità e responsabilità, in modo permanente, a più di una decina di Commissioni apposite create dal Trattato e sottratte allo scrutinio giurisdizionale, tecnico e parlamentare, sia di livello comunitario, sia nazionale. - sul fronte dell’export agroalimentare, all’Italia sono riconosciute appena 41 indicazioni geografiche a fronte di 291 Dop e Igp registrate; con la conseguente rinuncia alla tutela delle restanti 250 ed impatti gravissimi sul piano della perdita della qualità del nostro made in Italy; - la tutela delle indicazioni geografiche riconosciute non impedisce l’uso on Canada di indicazioni analoghe, per coloro che abbiano già registrato o usato commercialmente tale indicazione (sono compresi nell’eccezione formaggi, carni fresche e congelate e carni stagionate). In sostanza, si potrà continuare a vendere “prosciutto di Parma” canadese, in coesistenza con quello DOP italiano. - contemporaneamente, il CETA consente le “volgarizzazioni” legate ai nomi dei prodotti tipici dell’italian sounding (ad esempio, il Parmesan) e la convivenza sul mercato con le denominazioni autentiche dei nostri prodotti. La combinazione del principio della «fabbricazione sufficiente» con il criterio del codice doganale, inoltre, rende, di fatto, impossibile l’evidenza dell’origine del prodotto; - per alcuni prodotti (asiago, fontina, gorgonzola) è consentito in Canada l’uso degli stessi termini, accompagnato con “genere”, “tipo”, “stile” e da una indicazione visibile e tangibile dell’origine del prodotto, fatto salvo il caso dei prodotti immessi sul mercato prima del 18 ottobre 2013, che possono essere commercializzati senza alcuna indicazione;
- il CETA introduce l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie che consente di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e che, quindi, permetterà ai prodotti canadesi di non sottostare a nuovi controlli nei Paesi in cui verranno venduti, dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte. Tale meccanismo risulta molto rischioso per la salute e per i consumatori, considerando che in Canada sono impiegate un numero rilevante di sostanze attive vietate in Unione europea, tra cui, a titolo di esempio, il glifosato in fase di pre-raccolta del grano, proibito in Italia. Inoltre, in Canada vi è un diffuso impiego di ormoni negli allevamenti, non consentito in Italia".
- il CETA introduce un sistema di cooperazione regolatoria che potrebbe portare Governi ed imprese a sindacare direttamente in ambito arbitrale qualsiasi misura che leda la “libera concorrenza”. Un sistema, tra l’altro, che investe anche il tema degli Ogm con ripercussioni inevitabili sul “principio di precauzione”; - l'Unione Europea e i suoi partner dovrebbero orientarsi verso politiche commerciali multilaterali e bilaterali al servizio dell'interesse generale, della qualità dello sviluppo, della cooperazione tra paesi e aree regionali.
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