FantaSanremo, oltre un milione e 550mila le squadre iscritte: "Sul palco niente più gesti eclatanti"
Da un gioco nato in un bar di Porto Sant’Elpidio, a uno dei fenomeni social più virali d’Italia. Il FantaSanremo arriva alla quarta edizione e quest’anno si è provvisto di un’organizzazione senza precedenti, con un sistema più esteso e adatto a ricevere l’enorme mole di utenti già iscritti al sito. Nel 2020 i 47 giocatori erano tutti fisicamente presenti al Bar Corva di Papalina, nel 2021 erano mille volte tanti, 47mila. Nel 2022 il numero è quasi decuplicato fino a quota 500mila partecipanti, ma il picco massimo è stato raggiunto quest’anno: al 30 gennaio 2023 si contano 1 milione 550mila squadre registrate, un numero destinato ancora a crescere man mano che ci si avvicina all’inizio del Festival fissato per martedì 7 febbraio.
Basato su un sistema di regole che di anno in anno è evoluto e si è adattato in relazione all’inaspettato boom di popolarità, il FantaSanremo è oramai una realtà affermata che punta ad approfondire l’esperienza del Festival coinvolgendo maggiormente gli spettatori da casa. Una “second screen experience”, come l’ha definita anche Marco Nazzareno Giovanna Filipponi, host e organizzatore del FantaSanremo nell’intervista che segue, che potrebbe fare da apripista verso una nuova fruizione del media televisivo.
Come nasce il FantaSanremo? «Tutto nasce da un gruppo di amici musicisti, insegnanti di musica e in generale addetti ai lavori nel mondo dello spettacolo, appassionati del Festival. Ci siamo ispirati ad altri Fanta-game come il “Fanta-Game of Thrones”, abbiamo scelto di chiamare “Baudo” la moneta di gioco e tutti e 47 i partecipanti si erano ritrovati al Bar Corva di Papalina per vedere insieme la kermesse. All’inizio si era formata una “Giuria Microscopica”, la controparte della “Giuria Demoscopica” per stilare pagelloni e previsioni».
Quando avete capito di essere diventati un fenomeno virale? «L’anno dopo, in vista del lockdown e mentre eravamo ancora in piena pandemia, abbiamo deciso di spostare tutto online con un sito inizialmente calibrato per un massimo di 100 squadre. Ovviamente non avevamo ancora idea di quanta gente avrebbe partecipato. La voce, però, si è diffusa sempre più ed è arrivata fino agli Slim Dogs (celebre gruppo di youtuber e videomaker romani ndr), per poi raggiungere altri influencer come Paolo Camilli, Dariohead o Estetista Cinica e, tramite loro, anche gli artisti sul palco dell’Ariston».
«Da lì in poi siamo esplosi e nell’ultima settimana il sito andava in crash di continuo: abbiamo raggiunto le 47mila squadre ed eravamo costretti a ricalibrare il sito più volte al giorno per reggere la mole di iscrizioni - continua Filipponi -. Nel 2021 già lo Stato Sociale, Random e Colapesce e DiMartino avevano partecipato, ma è nel 2022 che la cosa ha davvero preso piede. Eravamo partiti per tempo con un marketing più consapevole e pronto, come ad esempio l’idea di far dire “Papalina” sul palco, in omaggio al bar da cui tutto è iniziato. Ranieri che all’Ariston dice “Papalina” è ancora un ricordo indelebile nei nostri cuori»
Come ha fatto, secondo te, il FantaSanremo a passare da 47 squadre a più di un milione e mezzo in soli tre anni? «Credo che le motivazioni siano principalmente due: da un lato lo spirito goliardico, come dimostrato dal premio in palio della gloria eterna, dall’altro la serietà e l’affidabilità che il team ha saputo dimostrare negli anni. A noi piace definirci “cazzoni professionali” o “inaspettatamente affidabili”».
Credi che il FantaSanremo abbia contribuito a riavvicinare i giovani al Festival? «Personalmente credo di no. Dal canto nostro ci siamo evoluti nel tempo e abbiamo dovuto adattarci alle nuove esigenze, imparando concetti come la “gamification” o la “second screen experience” che stavamo già applicando senza saperlo. A livello numerico abbiamo contribuito in misura minima, anche se c'è stato qualcuno che ci ha raccontato di aver iniziato a seguire il Festival solo per poter giocare al Fanta».
Come è cambiata l’organizzazione del FantaSanremo in relazione alla crescita di popolarità del gioco? «Radicalmente. Fino all’edizione dell’anno scorso l’organizzazione, dalle regole con bonus e malus alla gestione del lavoro, era la stessa del bar. Dopo lo sdoganamento dell’anno scorso abbiamo capito che era meglio correre ai ripari e darsi una struttura più efficiente: ora siamo divisi in tanti microteam che si occupano dei singoli settori, dalla stesura del regolamento alla parte legale fino all’addetto stampa e così via».
Avete mai pensato di far diventare quest’attività un vero e proprio lavoro? «Sarebbe un sogno poter vivere con il FantaSanremo, il FantaEurovision e chissà cos’altro. Se riusciremo a mantenere intatti lo spirito e l’affidabilità che ci caratterizzano potremmo pensarci ma per ora rimane solo un sogno».
Come decidete quali regole applicare di anno in anno? «Il primissimo regolamento si basava sulla storia del Festival, quindi sui grandi classici come “scendere la scalinata”, “ringraziare l’orchestra”, “baci al pubblico” o “scendere in platea”. Una buona fetta di regole è stata poi ispirata dalle performance di Achille Lauro, quindi “la scapezzolata” o “l’essere scalzi”, per esempio. Qualcosa anche dal mondo della musica come l’autotune o il mettere gli occhiali da sole o il cappello sul palco. La restante fetta è frutto solo dell’estro, della follia e della goliardia di chi ha stilato il regolamento».
Come è cambiato il regolamento con il crescere della popolarità? «Edizione dopo edizione abbiamo dovuto aggiustare il tiro: con un numero sempre maggiore di giocatori e con la partecipazione attiva degli artisti c’è stato proprio bisogno di rivedere i valori e i punteggi tenendo conto delle azioni volontarie dell’artista. È anche diventato importante cercare di non essere invasivi durante il Festival, quindi in questa edizione dire “FantaSanremo” è diventato un malus, né ci sono più gesti eclatanti da fare o cose da dire sul palco, proprio perché il nostro è un omaggio al Festival e l’ultima cosa che vogliamo è essere fastidiosi. Quelle regole c’erano perché pensavamo fossero semplicemente impossibili. È stato un piacere venire smentiti da Amadeus e dagli artisti che hanno capito subito il nostro spirito e che hanno partecipato spontaneamente. Si è rapidamente compresa la genuinità del gioco e per questo non si è deciso di limitarlo: nella conferenza stampa del lunedì mattina dopo Sanremo ci siamo commossi e ancora conserviamo un bellissimo ricordo».
Tornerete a Sanremo quest’anno? «L’anno scorso è stata una visita rimediata al volo. Ad ora il solo il Comune di Sanremo ci ha invitati e alloggeremo al PalaFiori, a due passi dall’Ariston che però ancora non ci ha fatto sapere niente. Speriamo di riuscire a fare una capatina ma non c’è ancora niente di ufficiale in merito».
Credi che la “second screen experience”, una multimedialità che coinvolge lo spettatore da più punti di vista, possa essere una nuova direzione da percorrere per i media? «Perché non provare? A partire dal televoto, che era una forma embrionale di coinvolgimento del telespettatore da casa, non mi sembra ci sia stata una grossa evoluzione in Italia. Penso che percorrere questa direzione potrebbe portare a sviluppi interessanti e, comunque, non abbiamo nulla da perdere».
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