Il 2 luglio ricorre il 228° anniversario dell’erezione di Treia al rango di Città e la restituzione dell’antico nome romano di Treja. In questo giorno Papa Pio VI firmò la bolla con la quale concesse il privilegio più atteso dagli abitanti di Montecchio: un importante riconoscimento dei grandi meriti acquisiti dagli antenati. Infatti, il più atteso privilegio che il Papa potesse concedere ai Montecchiesi era il ripristino del grado di Città e la restituzione dell'antico nome di Treja. Ciò avvenne il 2 luglio 1790 con l'emanazione della bolla “Emixum animi nostri studium”, fondamentale documento in cui il Papa ricordava la gloriosa terra di Montecchio, in cui nel IX secolo si erano rifugiati i Trejesi sfuggiti al furore dei barbari, terra cresciuta nel corso dei secoli tanto da essere considerata una delle più importanti del Piceno. Il Comune aveva raggiunto un buon numero di abitanti, più di settemila unità, il centro abitato si era rinnovato e vantava splendidi edifici pubblici e privati. La fertilità dei suoli e l'operosità dei coloni, la vastità del territorio e la presenza di una illustre e ricca classe nobiliare, erano ulteriori motivi giustificanti la riqualificazione di Montecchio alla pari delle altre città picene. Nella bolla il Papa dava il giusto risalto anche alla religiosità della popolazione, espressa nella presenza di numerose ed insigni chiese, di sette parrocchie, delle quali tre urbane e quattro nelle campagne, di conventi e di monasteri, di opere pie e di istituzioni create per l'istruzione, il commercio e la cultura.
Alla pubblicazione del documento, oggi conservato presso l’Accademia Georgica, fu data grande rilevanza, perché ritenuto subito significativo segno di riconoscimento dei progressi realizzati fino a quel momento. E così, da allora in poi, coloro che si sono interessati di patrie memorie hanno individuato in quell'occasione una importante tappa, foriera di orizzonti nuovi per il futuro della comunità locale. L'evento fu festeggiato con solennità e per ricordare l'avvenimento le autorità locali decisero la coniazione di una medaglia, che raffigurava da un lato l’immagine del Papa in mozzetta e stola, mentre nel rovescio la figura di una donna col capo turrito e col corno dell’abbondanza, simboleggiante Treia genuflessa al cospetto del pontefice, il quale, in piviale e triregno, le porgeva la mano destra per aiutarla a risollevarsi; il tutto contornato dalla scritta “Trejenses Restitutori Municipii MDCCXC” (incisore Gioacchino Hamerani).
I treiesi ricorderanno anche le celebrazioni del secondo centenario avvenuto nel 1990. Per l’occasione l’Amministrazione Comunale ha fatto coniare delle medaglie commemorative in oro, argento e bronzo, oggi dei preziosi oggetti da collezione, il cui conio è stato realizzato dall’incisore Wulman Ricottini, riutilizzando l’antico conio settecentesco custodito dall’Accademia Georgica.
La Città di Treia è da sempre legata a questo Pontefice, tanto da dedicargli il più importante monumento che fa da contorno all’armonica piazza cittadina. La riconoscenza dei treiesi a Papa Braschi rimanda anche ad altri due fatti importantissimi che hanno segnato la storia locale.
L’appoggio e la condivisione della trasformazione dell’antica Accademia dei Sollevati di Montecchio in Accademia Georgica e l’istituzione delle Case di Correzione e Lavoro
Nonostante i travagli politici che occuparono fin dall'inizio il pontificato, non furono trascurati alcuni primi provvedimenti per l'incremento delle attività produttive, con particolari attenzioni all'agricoltura. In tal senso va visto l'appoggio dato dal Papa, nel 1778, alla trasformazione dell'antica Accademia dei Sollevati di Montecchio, in Accademia Georgica, con obiettivi miranti allo sviluppo degli studi economici per il rinnovamento del settore agricolo. Così Montecchio ebbe l'onore di ospitare tra le sue mura la prima istituzione di tal genere dello Stato Pontificio.
Nel contesto di una politica tesa al rilancio delle manifatture dello Stato della Chiesa va anche inquadrato uno dei primi tentativi di industrializzazione dello Stato stesso, con la realizzazione a Montecchio delle Case di Correzione e Lavoro. Gli accademici treiesi predisposero un programma per la formazione professionale dei giovani e, nel contempo, per lo sviluppo dell'industria e del commercio. Il 15 novembre del 1781 il Papa approvò il programma, in cui si prevedeva l'istituzione a Montecchio di un reclusorio dove i giovani detenuti sarebbero stati impiegati in attività di tipo industriale.
In segno di riconoscenza per l’apertura delle Pie Case di Correzione e Lavoro, le autorità di Montecchio deliberarono di erigere nella piazza principale un tempietto, sostenuto da colonne di travertino, destinato a contenere un busto di Pio VI, modellato dallo scultore romano Giacomo Zoffoli e fuso in bronzo dal montecchiese Antonio Calamante. Il monumento fu inaugurato la sera del 20 novembre del 1785 con manifestazioni solenni accompagnate da “fuochi artificiali e banda de’ sonatori”. La “Relazione delle pubbliche feste celebrate… in onore della Santità di Papa Pio Sesto”, conservata nell’archivio dell’Accademia, descrive i palazzi della piazza completamente illuminati a cera, la balaustra circondata da soldati e munita di un gran numero di fiaccole accese, e, mentre la folla inneggiava al grido di “viva il Santo Padre”, nell’aria risuonava il giubilo di tutte le campane e degli strumenti musicali, nonché di spari di mortari. I festeggiamenti durarono per ben tre giorni.
La beatificazione del Beato Pietro da Treia
Avendo nel tempo operato vari miracoli, il Beato Pietro da Treia, nato nell’allora Montecchio intorno all’anno 1230, fu sempre circondato di venerazione, onorato e amato per quell'alone di santità che da lui promanava, finché il 31 agosto 1793 Pio VI confermò il culto e il titolo di Beato, e concesse l'Ufficio e la Messa propri in suo onore. Tale ricorrenza coincide con il 19 febbraio, giorno in cui nel 1304 a Sirolo concluse la sua esperienza terrena. "Stella lucente e uomo celestiale", come lo chiamano i Fioretti, il Beato Pietro era ritenuto santo, già nella sua vita terrena.
Post collegati

Musicultura, Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello incantano il Persiani: i primi otto finalisti in concerto

Commenti