Sgarbi cita Facebook per danni: il social network comparirà davanti al mediatore al tribunale di Macerata
Non solo Facebook Italia ma anche Facebook Irlanda compariranno davanti al mediatore Francesco Governatori al tribunale di Macerata per la vicenda che vede coinvolto il noto social network citato da Vittorio Sgarbi per danni. A comunicarlo è il legale del critico d'arte Giampaolo Cicconi.
"Non credo che in Italia siano mai state fatte delle cause con Facebook Irlanda, probabilmente ci troviamo davanti a un caso unico - spiega l'avvocato Cicconi -. L'incontro davanti all'avvocato Governatori del tribunale di Macerata si sarebbe dovuto tenere il 7 ottobre ma Facebook ha chiesto il rinvio, aderendo di fatto alla procedura. Il mediatore lo ha concesso ed ora aspettiamo di sapere quando avverrà; credo che entro il mese o al massimo i primi di novembre potremmo risolvere la questione. Il mio assistito Vittorio Sgarbi sarà a Macerata in quell'occasione mentre i legali del social network parteciparanno tramite collegamento elettronico."
Il critico d’arte aveva chiesto al social network un milione di euro di risarcimento per aver oscurato quattro post in cui veniva mostrate delle celebri opere.
Quattro gli episodi contestati. Il primo fatto risale al giugno del 2015 quando il noto social network oscurò la pagina social del critico d’arte per 24 ore dopo che Sgarbi pubblicò una sua foto al Musée d’Orsay a Parigi davanti al dipinto di Gustave Coubert “L’origine du monde” che ritrae una donna nuda. Due anni dopo, Facebook oscurò il profilo social della Antonio Canova onlus, presieduta da Sgarbi, eliminando due post che mostravano la scultura di “Amore e Psiche”, relativi a due mostre a Gualdo Tadino. L’ultimo episodio riguarda invece la censura di una immagine contenente nudi maschili, quelli di Wilhelm Von Gloeden.”
“Invece che affidarsi agli algoritmi, assumano storici dell’arte” aveva commentato Sgarbi lo scorso 31 agosto sulla sua pagina social. “Inaccettabile che social network popolari, danarosi e tecnologicamente avanzati come Facebook ed Instagram non siano riusciti ancora ad oggi a trovare una soluzione per distinguere una immagine porno da un’opera d’arte: per questa ragione, considerato che le censure si ripetono di continuo, ho deciso di promuovere un’azione legale per il danno che questa lacuna arreca al mondo dell’arte e a tutti gli operatori (artisti compresi) che vi lavorano. Sarà quella che in inglese definiscono una class action”.
“Il punto - aveva aggiunto Sgarbi - è proprio l’algoritmo: società stracolme di soldi, come Facebook, non possono affidare il controllo delle inserzioni sull’arte a un algoritmo. L’algoritmo non pensa, esegue. L’algoritmo non possiede conoscenza, ma applica dei blocchi che prescindono da valutazioni di merito. Ecco perché una scultura del Canova viene paragonata al culo di una Valentina Nappi qualsiasi: un orrore estetico. È un oltraggio al nostro patrimonio artistico. Basterebbe assumere giovani storici dell’arte. Facebook farebbe un’opera meritoria, e potrebbe vantarsi di promuovere l’arte invece delle stronzate (per non dire delle bufale) pubblicate ogni giorno da milioni di utenti nulla facenti. Il paradosso dei social network è che bloccano le opere d’arte ma non le notizie false”.
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