Pamela, la battaglia delle perizie. I consulenti della Procura: uccisa dalle coltellate, un'agonia di oltre un'ora
Pamela è morta per le coltellate al fegato? No, secondo i consulenti della difesa di Innocent Oseghale, uno degli arrestati per l’omicidio della 18enne romana. Ferite troppo superficiali, sostengono gli esperti di parte, per averne provocato la morte. Quelle due ferite, invece, secondo il professor Mariano Cingolani, il tossicologo Rino Froldi e i medici legali Dora Mirtella e Roberto Scendono, incaricati dalla Procura della Repubblica di Macerata di fare chiarezza su tempi e cause della morte della ragazza, quei due fendenti hanno causato una emorragia interna che verosimilmente si è rivelata fatale, accentuata ulteriormente dall’assunzione di morfina. La ragazza ha perso un litro e duecento millilitri di sangue in un’ora, un quarto dei quattro litri complessivi, deflusso che ha causato uno choc e di conseguenza, secondo gli accertamenti degli esperti, la morte nell’arco di un quarto d’ora. L’ipotesi di overdose, che sembrava tornare alla ribalta con la ricostruzione della difesa, ora sembra tramontare del tutto.La perizia, depositata venerdì, inoltre, ipotizza la possibilità che ad agire sia stata una persona sola. L’operazione di smembramento, secondo i consulenti della Procura, è avvenuta in maniera estremamente accurata, precisa. Compiuta da qualcuno che sapeva chiaramente cosa voleva fare. E in virtù di questa perizia, avrebbe potuto compiere l’operazione in un pomeriggio. Il carnefice di Pamela, insomma, potrebbe essere stato uno solo. Oseghale, intercettato, avrebbe ammesso di aver ucciso Pamela da solo, poi di averla lasciata in casa con uno degli altri due indagati, Desmond Lucky, quando era ancora viva e dopo aver accusato un malore a causa della droga e di averla trovata già dentro le valigie al suo ritorno. In attesa degli ultimi risultati degli accertamenti del Ris, si annuncia una vera e propria battaglia di perizie.
Commenti