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Cronaca Gualdo

Il grido del ristoratore di Gualdo: "Non costringete i nostri figli a lasciare queste terre"

Il grido del ristoratore di Gualdo: "Non costringete i nostri figli a lasciare queste terre"

Domenico Marzoli Capocci è un ristoratore di Gualdo, una frazione di Castelsantangelo, che come molti suoi concittadini ha vissuto la terribile esperienza del terremoto. Il suo locale, infatti, ha subito numerose lesioni che ne hanno compromesso il funzionamento durante l'immediato post-sisma.

Nonostante le molte difficoltà e i tanti problemi causati dalle scosse, Domenico e la sua famiglia non si sono arresi, ricominciando pian piano dal lavoro e dalla loro attività. Con pazienza e dignità hanno iniziato a togliere calcinacci dal ristorante lesionato rimettendolo in sesto nel giro di alcuni mesi. Un esempio di speranza e forza d'animo per quanti, come loro, si trovano in condizioni di disagio:"Il terremoto ci ha messo in ginocchio minando alla nostra fonte di sostentamento, ma noi siamo stati più forti di lui, rimboccandoci le maniche e tornando, per quanto possibile, alla normalità. Il locale ora è gestito dalle mie due figlie, Ilaria e Francesca, che hanno voluto lanciare un messaggio positivo al di la dei problemi di tutti i giorni"

 La determinazione del ristoratore, però, lascia spazio alla rabbia quando passa ad analizzare lo stato degli interventi effettuati dalle autorità: "Chi abita in quei paesetti di montagna è attaccato alle origini e vuole riprendere a tutti i costi le sue attività ma fino ad ora chi di dovere ha fatto poco o nulla". Al centro delle sue perplessità ci sono le condizioni delle strade che dopo tanto tempo sono ancora inagibili: "Tra poco prenderà il via la stagione estiva e se non verrà ripristinata la viabilità, i turisti cambieranno destinazione affossando definitivamente tutti quei paesi che vivono di turismo". Domenico è fermo sulle sue posizioni e lancia un messaggio alle autorità locali e nazionali affinchè si intervenga presto per risolvere la situazione: "La nostra è un'economia di nicchia basata sulle eccellenze del territorio ma se nessuno ci aiuta a rimettere in sesto le aziende siamo destinati a morire. Vogliamo che le istituzioni non ci lascino soli".

Un'attenzione particolare è poi rivolta dal ristoratore alla situazione dei giovani che vivono in quelle zone: "Chiediamo un aiuto affinchè i nostri figli possano realizzarsi in questi luoghi e non siano costretti ad abbandonare la loro terra".

Chi veramente ce la sta mettendo tutta per cercare di ridare ossigeno a quelle terre disastrate dal sisma sono, secondo Domenico, i sindaci che seppur a fatica stanno affrontando i problemi quotidiani con forza ed efficacia. Ma tutto questo lavoro dei primi cittadini è una goccia in mezzo al mare senza l'assistenza delle istituzioni nazionali. Per provare ad alleviare le difficoltà Capocci propone infine una sua idea: "Chiederei allo stato di considerare le nostre terre come una zona franca... Solo così si può rimettere in moto la ruota e far ricominciare a vivere le zone terremotate".

Un auspicio che speriamo non cada nel vuoto ma venga accolto per dare nuove opportunità a un intero territorio che sta rischiando di morire.

 

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