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Un Brexit che lascia il segno

Un Brexit che lascia il segno

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea apre una crisi globale gravissima. E questo era messo in preventivo, così che le principali istituzioni provvedessero alle necessarie contromisure. Quello che non era prevedibile, erano invece le reazioni nostrane a questo evento. Esse sì, lo confesso, mi hanno molto turbato. Mi aspettavo la solita impostazione manichea, ma le dimensioni e soprattutto il merito delle motivazioni ha travalicato ogni livello di guardia. Non pochi hanno messo in discussione pure il concetto di democrazia, imprecando contro chi ha votato diversamente dal loro pensiero. Eppure il referendum non è capitato tra capo e collo all’improvviso. I sudditi di Sua Maestà, la Regina, hanno avuto tutto il tempo per metabolizzarlo. Per valutare, ascoltandole da più parti, le ragioni delle due diverse opzioni. La sintesi estrema è questa ed è racchiusa in poco meno del 2 % dei voti. Se avesse vinto l’opzione di restare sarebbe stata la vittoria della democrazia quale espressione della volontà popolare diretta ed immediata. Con l’opzione dell’uscita, si tratta invece, di una vittoria del populismo più becero che ha fatto leva sulla profonda ignoranza di molti cittadini. Plastico esempio è stata la serata dedicata allo speciale che tutte le TV hanno dedicato all’evento. Tutti i commentatori davano per scontato l’esito favorevole in base ai sondaggi effettuati. Dal trionfo alla festa della democrazia della sera, si è passati alla tragedia e alle male parole del giorno dopo, verso chi ha consentito al popolo di esprimersi. A me questa cosa che se vinco io è la democrazia e se invece perdo è solo populismo perché la gente è ignorante, non è che convince poi tanto. Soprattutto se chi la afferma, nemmeno un mese fa, postava sul suo profilo di Facebook tutto il pistolotto di Pericle e degli ateniesi.

Detto questo basta un rapido sguardo alla mappa del risultato per capire che il referendum ha diviso le fasce sociali per reddito. Analisi sul flusso di voti affermano che abbiano diviso pure giovani ed anziani. Hanno fatto cioè, pendere la bilancia in maniera decisiva verso il Brexit, i poveri e gli anziani. I soggetti, cioè più deboli e più esposti alla paura. Il risultato di questo referendum, aldilà dei crolli in borsa e dei crack di qualche banca, politicamente ci dice che i deboli non hanno più nessuna protezione. E che essi vedono nell’Europa la causa di tutti i loro timori. L’Europa fa loro paura. Che l’Europa da madre accogliente e sicura che doveva essere, in realtà viene percepita come matrigna crudele, che assiste impotente al suicidio dei propri figli, piegati sotto i duri colpi della crisi. Qui da noi, in Italia, undici milioni di persone – più di un sesto del totale – rinuncia alle cure mediche perché non ha più soldi. In Grecia la stragrande maggioranza dei neonati sono malnutriti. Nell’anno 2016. In pieno terzo millennio.

Ma il referendum nel Regno Unito squarcia definitivamente pure il velo dell’ipocrisia che vedeva l’assenza di titolarità, da parte del popolo sovrano, di prendere decisioni relative ai cosiddetti accordi internazionali. Da oggi pure qui in Italia, forti di questo precedente, chiunque potrà in qualsiasi dibattito Tv o sui giornali chiedere di indire una consultazione popolare, per esempio, sull’euro. Difficile, per qualsiasi interlocutore, rispondere dal teleschermo che non si può fare proprio perché lo spettatore che lo sta guardando è un semianalfabeta facile preda del primo populista che passa.

Lo dico molto sinceramente: non credo che limitare il diritto di voto secondo il censo e la cultura sia una buona idea. Passato lo shock emotivo, i padroni del vapore e dei grandi media, invece che puntare su questo obiettivo, tentando di influenzare la gente in questo senso, dovrebbero cambiare radicalmente registro. La paura del voto e del suo esercizio è proprio dei tiranni e dei loro prezzolati corifei.

Piuttosto bisognerebbe occuparsi seriamente dei deboli. Trovare le risorse per un welfare sostenibile, invece di limitarsi a dire che lo stato sociale è solo un retaggio culturale dello scorso secolo.

Perché, in definitiva, come dimostra la Gran Bretagna sono i deboli a fare la differenza. Non so quanti saranno i miliardi bruciati nei diversi mercati mondiali con questa “loro” decisione.  So solo che i soldi che sarebbero serviti per metterli al riparo dalle loro insicurezze e dalle loro paure sarebbero stati di gran lunga inferiori.  E questo chiude ogni ulteriore discussione e la dice lunga sull’incapacità dei tanti capi di Stato ad intuire e governare eventi prevedibilissimi. Questo, in particolare, era annunciato...

Fabrizio Cambriani
Opinionista e polemista, scrive solo per passione. In caso di guerre e/o calamità naturali diventa anche reporter e narratore. Politicamente ormai apolide, è sempre incuriosito e attratto dalle dinamiche relative alle continue trasformazioni sociali. Ama la buona tavola, l'ottima musica e le donne (anche contemporaneamente)...

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