"Non possiamo più permettere che gli uomini decidano per noi": la voce di Martina contro la violenza di genere
Questa mattina, la Piazza della Libertà di Macerata ha ospitato la manifestazione "Indossava i jeans", promossa dal Forum Donne Cgil con la partecipazione di Officina Universitaria. L'evento ha scelto di porre l'accento su un aspetto meno evidente ma profondamente radicato della violenza di genere: la vittimizzazione secondaria , ovvero ciò che accade quando una vittima, dopo aver denunciato un abuso, è sottoposta a interrogatori e giudizi che mettono in dubbio la sua esperienza.
Abbiamo incontrato Martina Gagliardi, rappresentante degli studenti e coordinatrice di Officina Universitaria, poco dopo la manifestazione. Martina Gagliardi, ha sottolineato l'importanza di affrontare insieme la violenza di genere: “La lotta contro la violenza di genere e il patriarcato è una lotta intergenerazionale. Colpisce tutte le persone socializzate come donne, a qualsiasi età e in ogni momento della loro vita. È una realtà quotidiana che limita le nostre libertà ei nostri diritti. Per questo è fondamentale scendere in piazza e continuare a farlo”.
Tra i messaggi più forti della mattinata, uno in particolare, pronunciato da Martina Gagliardi, ha attirato la nostra attenzione: “Vogliamo essere liberi da uomini che vogliono decidere per noi” . La coordinatrice di Officina Universitaria ha spiegato il significato profondo di queste parole: “Da bambina, gli uomini hanno sempre preso decisioni al posto mio. Dal modo di vestirmi fino a temi più gravi, come la violenza psicologica, economica e riproduttiva. Questo potere esercitato sul nostro corpo non può più essere accettato. La battaglia per l'autodeterminazione, per il diritto all'aborto, è una battaglia di tutti noi, e non ci fermeremo finché non saremo davvero libere di vivere e non più costrette a sopravvivere".
Interpellata sulle recenti dichiarazioni di esponenti politici come Salvini e Valditara, che hanno collegato la violenza di genere al tema dell'immigrazione, Martina non ha nascosto la sua indignazione: “Non ci sorprende, ma ci fa arrabbiare. A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, lo Stato non ha ancora messo in campo azioni strutturali contro la violenza patriarcale. Il ministro Valditara sostiene che il patriarcato non esista più, ma se io non mi sento libera di camminare per strada o di uscire la sera, allora il patriarcato è ancora vivo. Questa è una responsabilità collettiva, che riguarda tutti, anche lo Stato.”
Negli ultimi giorni, la frase "Sorella, io ti credo" è apparsa in bacheche, corridoi e bagni delle sedi Unimc, così come su muri e strade di Macerata. È un messaggio di cura e solidarietà che si oppone al continuo “ma” che spesso accompagna i racconti delle vittime. “La nostra risposta sta nell'ascolto, nella cura e nella creazione di spazi sicuri. Un forte 'noi ti crediamo' contro ogni tentativo di colpevolizzazione,”ha aggiunto
Dopo il corteo arrabbiato di sabato scorso, la manifestazione odierna sarà seguita domani sera da un'assemblea di autocoscienza presso l'auletta autogestita di via Santa Maria della Porta alle 21:00. “Sarà un momento per condividere emozioni, idee e pratiche di sostegno. Un'occasione per riflettere insieme e rafforzare il nostro messaggio: 'Sorella, io ti credo'.”
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