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Emergenza Covid-19 : non finisce il mondo, ma “un” mondo (anche se non per tutti)

Emergenza Covid-19 : non finisce il mondo, ma “un” mondo (anche se non per tutti)

Di Maurizio Lombardi

Con la primavera abbiamo inaugurato le Olimpiadi del Lamento, una specialità di cui gli italiani sono autentici fuoriclasse, inventori della inimitabile tecnica contropiedistica di scaricare sempre la colpa sugli altri o, in mancanza di figure specifiche (come quelle indicate, ad esempio, dal dito del Premier Giuseppe Conte, Avvocato in Foggia, nel corso della sua ultima Conferenza Stampa a Reti Unificate), sulla “gente”, generica categoria sociale di cui ancora non si conoscono le generalità (e non chiedetelo ai “consulenti” scientifici di Palazzo Chigi, altrimenti ci istituiscono l’ennesima, costosa e inutile, task force).

C’è chi si lamenta di tutto quello che non va o di come sarebbe potuto andare se … ma oggi va di moda una lamentela specifica: quella che non sappiamo se, quando e come si potrà scendere in spiaggia questa estate: a giugno? Dentro un box di plastica? A 2 o 2,5 metri gli uni dagli altri? A quale distanza tra paletta e secchiello? Quanto costerà un ombrellone, due lettini e un box salvasputi?

Questa “gente” lamentosa, però, ha tutto il sacrosanto diritto di piangere, e nessuno può impedire a nessuno di versare lacrime di rimpianto per le “estati che furono”, specialmente se questo diritto è esercitato a titolo esemplificativo dalle alte sfere della nostra amata Repubblica.

In pochi forse ricorderanno la battuta del portavoce del Premier Giuseppe Conte, Avvocato in Foggia (sempre lui, anzi Egli), quel tal Rocco Casalino porriano “er mutanda” del GF, quando l’indomani del crollo del Ponte Morandi a Genova (43 morti), si lamentava con i giornalisti che non avrebbe potuto farsi il ferragosto al mare.

Se l’esempio viene dall’alto, dunque, non possiamo poi lamentarci che le lamentele arrivino giù in questa periferia d’Italia, che è sempre più periferia d’Europa, che è sempre più periferia del mondo, che - prossimo e imminente asteroide permettendo - può diventare anche periferia dell’Universo e così via.

E così, passino anche le lamentele per “Pasqua-Pasquetta-25 aprile-Primo maggio” a casa, e tutte le vacanze saltate e in sospeso, per il jogging vietato, per la dieta casalinga pane-pasta-dolci che ingrassa e ci fa saltare a piè pari la prova costume.

E tutto questo, nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria dove il dolore, quello vero, di malati, medici e operatori sanitari che vivono praticamente da più di un mese nelle corsie degli Ospedali, è paradossalmente più silenzioso delle migliaia lamentele “social” sull’estate che sta finendo prima di iniziare.

Un dolore silenzioso perché, quando si lavora a testa bassa contro un nemico invisibile, si ha pochissimo tempo per lamentarsi, ma ci si adopera per risolvere i problemi e offrire soluzioni, invece di dare la colpa sempre agli altri, tra mascherine inesistenti, apparecchiature scarse e così via.

Tra una lamentela e l’altra però, sarebbe bello iniziare a chiedersi “cosa possiamo fare noi” per contribuire ad uscire in fretta da questa emergenza ed aprirci a quel “mondo nuovo” che in tanti, troppi forse, stanno tentando di disegnare.

È il diktat “resta a casa” per dare questo contributo?

Direi proprio di no.

Ci vuole uno sforzo individuale che parta non più dai “decreti legge”, ma dal buonsenso di persone perbene quali tutti crediamo di essere, ma che spesso ci dimentichiamo di esserlo.

Partiamo da un gesto semplice: evitiamo di gettare mascherine e guanti per strada, come fossero sigarette o gomme da masticare, gesti già di per sé odiosi nonché vietati.

Che futuro ci possiamo attendere se il “vecchio” mondo, con tutte le sue storture e abitudini becere, ha ancora due piedi ben saldi dentro quello che vorremmo fosse il “nuovo” mondo.

Come possiamo fidarci di chi, fino a ieri, si lamentava con l’Amministrazione locale di turno per le siringhe trovate vicino alle scuole e poi abbandona sul marciapiede la propria mascherina?

Se davvero è finito “un” mondo, quello nuovo non dovrà essere per tutti, ma solo per coloro i quali dimostreranno fin da questa fase di questa emergenza di meritarselo, per se stessi e per i loro figli e nipoti.

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