Macerata, recessione economica. Confindustria: “Nel 2010 potevamo evitare la crisi, ora corsa ai ripari” (FOTO)
Taglio obbligatorio fino al 10% sul consumo di elettricità per ridurre la domanda, tassazione sugli extra-profitti per le multinazionali, contributi di solidarietà da parte delle società che lavorano i combustibili fossili: sono le direttive principali dettate dal pacchetto energetico tuttora in fase di elaborazione presso i piani alti di Palazzo Berlaymont a Bruxelles.
Misure tappabuchi, le ennesime, attraverso le quali l’Ue - e quindi l’Italia - sperano di poter fronteggiare la stagione fredda dei rincari energetici esplosi con la pandemia e ancora influenzati dalla guerra russo-ucraina. Ma per il nostro paese, la ‘logica delle pezze’ è prassi tradizionale da almeno 20 anni, complici l’instabilità politica e un iter amministrativo-procedurale troppo complesso per riuscire a mettere sul campo interventi decisivi in tempo utile. Si pensi all’attuale caro vita, al rincaro di energia e materie prime, ma anche a tutte quelle circostanze più pratiche in cui determinati ritardi hanno comportato una serie conseguenze sul piano sociale e civile: fra i più rilevanti, il sisma 2016 per il centro Italia e, non ultimo, i dissesti idrogeologici emersi nell’Anconetano con l’ultima alluvione del 15-16 settembre.
“La situazione si prospetta drammatica sotto vari aspetti: quello delle bollette è un tema gravoso e sicuramente lo Stato dovrà mettere a disposizione tutti i sussidi e gli indennizzi possibili per alleviarne l’impatto”, esordisce nell’intervista che segue il direttore di Confindustria Macerata, Gianni Niccolò.
Sale l’inflazione, e i consumatori consumano sempre meno. Quali soluzioni occorre mettere subito in campo? Le aziende sono molto preoccupate. Bisogna puntare sul tetto al prezzo del gas e al disaccoppiamento energetico: sarebbe un segnale di coesione e coerenza anche da parte dellla Comunità europea. La riflessione, però, è anche di carattere strategico. Nelle Marche, per esempio, dovremmo spostare l’attenzione sul concetto di autosufficienza, di indipendenza, essenziali anche in termini di competitività. I mancati interventi nel corso degli ultimi 10 anni hanno avuto conseguenze non solo sul piano energetico, ma anche sulle questioni piu pratiche, come la ricostruzione post sisma.
Il PAI del 2016 è stato un esempio di programmaticità, ma per lo più rimasto sulla carta. Abbiamo l’abitudine in Italia di guardare al fatto patologico del momento e trarre subito delle conclusioni. Penso invece che si debba migliorare sul piano amministrativo, essere più flessibili in termini legislativi in modo da intervenire più rapidamente e con strumenti adeguati.
Serve anche una stabilità politica, o no? E’ un problema di invarianti: la sicurezza del cittadino è un tema fondamentale sul quale non si può non convergere politicamente. Accorciare l’iter burocratico - che passa già per bandi, gare di appalto, distribuzione degli incarichi, individuazione delle aziende ecc. - è utile per riconferire valore anche al meccanismo della deroga e dell’urgenza in virtù di interventi immediati laddove occorrono. Dovremmo, inotre, essere più vigili nell’affidarci a figure professionali competenti: nelle Marche paghiamo lo scotto di una struttura amministrativa insufficiente.
A tal proposito, per lei quanto è significativo che quattro assessori su sei alla Regione stiano cercando di accaparrarsi una poltrona in Parlamento piuttosto che rimanere qui a fare il loro dovere? Come cittadino ho fatto le mie valutazioni e ho le mie idee, ma in quanto rappresentante di Confindustria mi interessa solamente il metodo con cui andiamo a selezionare la classe dirigente adeguata. Quest'ultima, poi, dovrebbe restituire valore e tutelare tutte quelle che sono le tipicità e le vocazioni del nostro territorio, come il settore manifatturiero. Così si garantiscono occupazione e produttività, oltre alla possibilità di puntare su una maggiore indipendenza economica.
Non aver saputo valorizzare le proprie eccellenze è stata una mancanza del tutto marchigiana o anche di livello nazionale? Temo che questo paese non abbia avuto finora una vera politica industriale e strategica, colpa del retaggio culturale che ci portiamo appresso (contrapposizioni varie, instabilità politica). In Regione si guarda molto ai fondi comunitari e ad altri canali di finanziamento, ma occorre fare di più: le aziende, alla fine, chiedono un minimo di sostegno, non contributi a pioggia in maniera indiscriminata.
La progressione del caro vita porterà alla perdita di quasi 600 mila posti di lavoro. Cosa si sente dire alle famiglie degli operai in vista dell’inverno nero? Questo territorio ha sempre dato segnali di coesione e compattezza nei momenti di crisi: l’imprenditore non ha mai lasciato soli i propri collaboratori. Confindustria ha un rapporto strutturale con tutte le realtà aziendali e sociali: sicuramente si dovranno fare delle scelte sofferte, ricorrere nuovamente alla cassa integrazione come fu durante il covid. Ma il problema rimane di natura strategica. Gli imprenditori stanno gia cercando soluzioni alternative, anche se i primi bandi del PNRR riguardano il settore pubblico. Il tempo, purtroppo, non è una variabile gestibile: la rapidità e l’impegno lungimirante saranno decisivi nei prossimi mesi, anche per quanto riguarda il sostegno alle fasce sociali più deboli. E dire che già ad ottobre 2021 avevamo avvisato chi di dovere sulle varie criticità e sulla necessità di intervenire.
Perché secondo lei non siete stati ascolati? Le priorità di governo spesso non tengono conto degli asset principali, e le dinamiche inseguono logiche di consenso a breve termine piuttosto che di programmazione a lunga scadenza. Una caratteristica ormai tipica della nostra politica.
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