Le Marche 'malate' di omotransfobia. Agedo: “Serio problema sociale e culturale”
“Ogni tempo ha la sua sfida. In una una società ostile la battaglia da condurre è a livello culturale e istituzionale, servendosi di tutti gli strumenti che il presente offre”. Sono idee lucide e concrete quelle di Luca Perilli, frutto di un ininterrotto percorso di consapevolezza iniziato nel 1994. Proprio in quell’anno, Luca decide di fare coming out e comunicare a genitori e amici di essere omosessuale.
Nella “Giornata Internazionale contro l’omotransfobia” – istituita ufficialmente il 17 maggio del 2004 – associazioni come l’Agedo tornano protagoniste per testimoniare la volontà (e la necessità) di offrire sostegno a genitori, parenti e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Questo a fronte di una società come quella italiana ancora troppo refrattaria al tema dei diritti umani e vittima di una cultura inquinata da svariate strumentalizzazioni politiche e ideologiche.
Dislocata oggi sul territorio nazionale con più di 30 sedi, l’Agedo nasce ufficalmente il 18 marzo 1993, ad opera di Paola Dall’Orto, madre di Giovanni - storico e giornalista - che nel 1976 divenne tra i primi gay italiani a uscire allo scoperto e a storicizzare il movimento italiano e internazionale di liberazione della comunità LGBTQIA+. Nella Marche, la prima e – attualmente - unica sede è stata invece costituita a Pesaro il 12 novembre del 2015, da parte della seigalliese Maria Rosario Pace, mamma di Duccio – uno dei primissimi gay dichiarati della regione.
“Nel 2022 c’è ancora chi da noi considera l‘omosessualità una deviazione, una malattia da curare” – ci dice Luca con un sorriso dolce amaro. Oggi ha 55 anni, è vicepresidente di Agedo Marche e gestisce una sua azienda di comunicazione. Attraverso anche la sua storia abbiamo provato a fotografare la realtà culturale della regione e dell’Italia tutta, segnata ancora da forti discriminazioni.
Quando hai deciso di fare coming out che reazioni ci sono state nella tua famiglia? Avevo 27 anni, piuttosto tardi rispetto ai ragazzi di oggi. A me è andata bene: mia madre non ebbe grossi problemi ad accettare la cosa, mio padre invece ci mise un po’ di più. Ma da quel momento non ero più un semplice figlio, piuttosto un adulto con il quale confrontarsi da pari a pari. A molti miei conoscenti è andata peggio.
Quali sono i problemi della società che hai compreso quel giorno? Se ci pensi bene, le Marche sono geograficamente la sintesi dell’Italia, con tutte le differenze culturali del caso tra Nord, Centro e Sud. Condividere le proprie idee nei grossi centri abitati è più semplice rispetto ai piccoli, dove la mentalità è generalmente molto chiusa. Trovo molto calzante quel vecchio slogan “Le Marche: l’Italia in una regione”.
Con Agedo quindi cercate di aiutare chi ha paura ad uscire allo scoperto? Invitiamo il più possibile le persone a farlo, anche se molti preferiscono tacere. Il coming out – a differenza dell’outing – è frutto di un percorso di consapevolezza che può richiedere anni. Per un genitore, poi, un simile evento può essere difficile da elaborare: serve tempo. Qualcuno però mi ha confessato, commosso, che è stato “come mettere al mondo una seconda volta il proprio figlio”.
Nell’ultimo anno, in quanti della provincia maceratese si sono rivolti a voi? Forse una o due persone. In generale ci sono molti adolescenti che ci contattano, perché in famiglia non trovano sostegno. Ricordo una mamma di Civitanova fermamente convinta che il figlio “doveva essere curato perché – secondo lei – era malato”.
Qual è il caso più “delicato” che vi è capitato di affrontare? Erano i primi anni 2000: si trattava di una 16enne lesbica di Fermo, sottoposta dai genitori a continui esorcismi. Abbiamo dovuto rivolgerci all’ufficio Nuovi Diritti della Cgil e all’Arcigay di Pesaro per entrare in contatto con il sacerdote coinvolto e fargli capire che dovevano smettere con simili pratiche.
Com’è possibile che ancora oggi l’omosessualità venga considerata una sorta di malattia? La colpa è delle strumentalizzazioni politiche, del conservatorismo di certi leader e dei gruppi pro-life che insistono nel loro concetto di “famiglia normale”. Persino una legge bipartisan come il Ddl Zan viene ostacolata. Nel frattempo, però, aumentano i casi di violenza fisica e verbale, e non essendoci un'aggravante penale per l'omofobia, i carnefici se la cavano con una querela di poco conto. Il che spinge sempre più le vittime a non denunciare, per paura di ritorsioni.
Cosa ti fa arrabbiare oggi? La mancanza di sensibilità da parte delle istituzioni, la tendenza a considerare “normali” certi atteggiamenti di intolleranza nei confronti di tutte le minoranze, il fatto che nelle scuole non venga affrontata un’adeguata educazione sessuale. Con Agedo Marche stiamo cercando di entrare in contatto con associazioni locali che condividano le nostre idee, in modo da poter offrire maggiore sostegno culturale e psicologico a genitori e figli del territorio. Ma nuotiamo ancora in un mare magnum.
E ti spaventa tutto questo? Pardossalmente no: oggi sono più comprensivo e ottimista di un tempo, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni che utilizzano i social per aiutarsi a vicenda e far sentire la loro voce.
Tu sei sposato? Vorresti avere figli? Sono fidanzato da 8 anni con Andrea. Un tempo mettere su famiglia per me era un sogno, ma con il clima che c’è intorno oggi mi chiedo che futuro lascerei a un figlio, in uno Stato che non ti tuela e che è sempre in ritardo sulle questioni sociali. Non saprei nemmeno giustificargli una cosa assurda come la “stepchild adoption” o il fatto che una donna guadagni il 20% in meno rispetto a un uomo.
Sei un tipo religioso? Mi professo agnostico, continuo a condurre la mia ricerca spirtuale e progressista grazie anche a persone a me vicine. Fra queste c’è anche il teologo Alberto Maggi, che mi ha aiutato a maturare una visione delle cose più ampia e onesta. Oltretutto, abbiamo la fortuna di possedere a Montefano il Centro di Studi Biblici più scientifico e rigoroso al mondo, secondo solo all’ l’École biblique et archéologique di Gerusalemme.
Qual è stato il momento più difficile che hai dovuto affrontare? Prima di fare coming out ero il peggior nemico di me stesso: ero convinto di essere sbagliato e che dovessi cambiare oppure togliermi di mezzo. Quando appartieni a una qualsiasi minoranza, devi essere forte e pretendere di essere riconosciuto per ciò che sei veramente. Io su me stesso sono riuscito ad impormi con grande fatica, ma alla fine ce l’ho fatta e ho trovato la mia serenità.
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