I mestieri di una volta. Marco Caraceni, pescatore di Civitanova: "Se continuo è per amore"
Marco Caraceni è un pescatore, al momento comandante di vascello impegnato in una cozzara. Ha cominciato il suo lavoro a 17 anni, quando andava a dare una mano a un amico di famiglia.
All'inizio scaricava solo le cassette di pesce al porto, poi i "veterani" lo hanno fatto salire a bordo e gli hanno insegnato tutto quello che c'era da sapere a livello marittimo, crescendolo in ogni aspetto.
A 24 anni è andato a fare la stagione della pesca in Albania, percorrendo il vicino arcipelago e scendendo verso il Montenegro e la Grecia. In barca ha imparato a fare tutto da solo, anche cucinare. Infatti è un grande cuoco, ama la cucina marinara tradizionale ma non disdegna un prelibato gourmet in occasioni particolari.
Una notte fu decisiva per la sua formazione. La sua barca fu colta da una tempesta, con onde alte fino a tre metri. L'equipaggio di cui faceva parte ha rischiato di morire, ma nonostante tutto il giorno dopo il Capitano accolse tutti dicendo "chi non se la sente ha il biglietto pagato per tornare a casa".
"Nessuno di noi si è mosso, compatti e uniti siamo tornati in mare" ricorda Marco.
A Civitanova Marche i pescatori che più hanno viaggiato sono quelli anziani, che sulle spalle hanno anche pesche transatlantiche. Li si vede sempre nei paraggi del porto a passare la vecchiaia. Come dicono sempre loro: "na orta che te boca lo maro nelle vene, non esce più (una volta che il mare ti entra nelle vene, non se ne esce più ndr)".
"Il lavoro è parecchio ma quando torni hai un senso di soddisfazione che altri lavori non danno - ci spiega Marco -. Non è un lavoro per tutti, è umile ma molto gratificante e comporta sacrifici. Un tempo con un mese di fatica come marinaio ci pagavi un appartamento, oggi gli stipendi si sono abbassati e quel che guadagno così so che posso farlo anche in ufficio o in un ristorante. Se continuo lo faccio per amore. Il mare ti dà un senso di appartenenza ma anche disadattamento, che non ti fa riuscire a stare troppo tempo a terra. Il mare è libertà e non vedi l'ora di raggiungerlo."
Il lavoro del pescatore si articola in maniere diverse: "Gli scafi partono alle 00.00 di domenica, dopo 24 ore tornano per scaricare il pescato, per tre/quattro giorni consecutivi; le vongolare escono alle 5 e tornano vero le 9; le cozzare escono alle 4-5 e si torna verso le 11 o le 12; i battelli sono barche attrezzate per la pesca costiera e non vanno a largo, massimo 6 miglia dalla costa. Per precisare: un miglio è metà di un km, dunque 6 miglia sono 12 km" ci spiega Marco.
"La costa è come un'autostrada, il mare è diviso in fasce d in ognuna di queste fasce si trovano determinati tipi di pesce - aggiunge -. Nella nostra zona si trova di tutto: gli scampi sono a 30 miglia; le seppie dipende dalla stagione, di solito verso le 10 miglia; le pannocchie dalle 4 alle 6 miglia; i merluzzi piccoli 6 miglia, verso i 20 trovi quelli più grossi e i polipi".
Ma il mare non è solo libertà, ci sono degli imprevisti. Uno abbastanza frequente è quello di passare sopra un corpo morto, cioè un relitto non segnato sul radar, sia con il mare mosso che con quello calmo: puoi strappare le reti, e rompere le porte di acciaio che sono i pesi per far star ferma la rete. I danni possono ammontare sino a 10 mila euro.
Ma i momenti più pericolosi sono quando il mare è mosso, arriva a due metri d'onda e devi uscire comunque, si prendono scossoni ovunque e se non stai attento puoi farti veramente male: "Io sono cascato in mare una volta ma mi hanno ripreso subito dal colletto di forza, fortunatamente" ricorda Marco.
"Quando gli scafi tornano scaricano il pesce in pescheria, qui si svolge la maggior parte della vendita. Lì arrivano privati (solo quelli con la partita iva), ristoratori, venditori ambulanti per l'asta ittica, dove il migliore acquirente offre un prezzo e si aggiudica il pezzo; per le vongolare invece c'è un prezzo fisso, circa 4-5 euro al kg; per la cozzara devi avere l'impianto cioè un allevamento, in base agli ordini ricevuti si tirano su tot quintali di ostriche o cozze e si vendono a tutti" ci spiega ancora Marco.
Ad ogni capitaneria piace vantarsi di essere la migliore, infatti i marinai hanno un ego smisurato. C'è competizione tra la capitaneria di Civitanova Marchre e quella di San Benedetto del Tronto e Ancona, anche se non dovrebbe dato che sono gemellate. Ma quando c'è da dare una mano ci sono sempre, tra pescherecci ci si aiuta quando c'è ne uno in difficoltà o con qualche malfunzionamento: "Qualche anno fa mi è capitato alle sette di sera, con la tempesta, di vedere un barchetto a cui si era rotta la frizione e non poteva andare né avanti né indietro, gli abbiamo lanciato le cime e lo abbiamo trainato al porto. Siamo talmente pochi che non c'è competizione fra di noi, ma soltanto rispetto. Si crea una strana sinergia."
Purtroppo è un mestiere che, come gli altri di questa rubrica, ha difficoltà a sopravvivere.
Prima di tutto, l'Unione Europea sta cercando di importare il pesce dall'estero anche nei paesi di pesca, senza specificare origine, qualità, nè tempo: "Ho letto che verso Settembre dovrebbe entrare in vigore questa legge dell'UE che ci dice quali cozze pescare, quali vongole, quale pesce: a Bruxelles che non hanno nè mare nè pesce! Hanno messo anche una legge che limita i giorni di pesca a seconda della metratura e del peso della barca: uno scafo di 28 metri spende 1200 euro di nafta, contando che resta in mare 3 giorni spende sui 3600 euro di nafta; se sta in mare un giorno e mezzo non solo non guadagna il peschereccio ma neanche chi vende la nafta; il ristorante che avrà la metà del pesce, lo metterà al doppio e se prima le persone si potevano permettere di andare 3 volte a cena fuori ce ne andranno una sola. E' una catena che si blocca".
Inoltre quello del pescatore è un mestiere che non viene tramandato. Al momento in tutti i circa 30 scafi che sono al porto di Civitanova Marche ci sono in totale 5 ragazzi italiani sotto i 30 anni che stanno continuando questo mestiere; 8 scafi cercano giovani collaboratori e non li trovano.
"E' un mestiere di cui si ricordano gli adulti e gli anziani, non viene tramandato ai giovani. Il mare porta una mole di lavoro che mette alla prova ma il mangiare a casa alla fine lo porti sempre. E' un mestiere di tutto rispetto ma loro non amano stare fuori, preferiscono altro - afferma Marco -. Andando avanti così nei prossimi 5 anni, quando chi lavora ora si sarà stufato, al ristorante si mangerà pesce importato non si sà da quale Paese. Non si pensa che se il pesce è buono è perchè è fresco e viene da qui vicino.".
"Tendiamo ad evitare tutto ciò che è più vecchio e faticoso, anche nella scelta dei lavori, ci sembra noioso.Ma le nostre radici sono importanti, i mestieri che facevano i nostri nonni portavano in tavola i cibi più succulenti e di prima necessità" conclude Marco.
Come al solito l'invito di riscoprire questo mondo a contatto con la natura, che è il più umile ma quello che regala i migliori frutti, va ai giovani!
(Foto di Lucia Montecchiari)
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