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Giornata della Memoria: la storia del campo di concentramento di Sforzacosta

Giornata della Memoria: la storia del campo di concentramento di Sforzacosta

Nella Giornata della Memoria, non va dimenticata la presenza di campi di concentramento anche nel territorio della provincia di Macerata. In particolare, il campo di prigionia PG53, posta militare 3300, erroneamente collocato dalla documentazione dell'epoca in località Urbisaglia, era situato al centro di Sforzacosta e gestito dal IX Corpo d'Armata del Regio Esercito.

Classificato come "Campo di prigionia per prigionieri di Guerra", venne istituito nel 1942, a seguito della trasformazione di un'azienda che si occupava di manifattura tabacchi. In un primo tempo fu destinato ad accogliere prigionieri militari anglo-americani (sottoufficiali e di truppa),  per poi contenere anche quanti furono vittime dei rastrellamenti effettuati prevalentemente dalle SS. Moltissimi giovani vennero spediti dal campo 53 di Sforzacosta in Germania, una deportazione che per moltissimi fu l'ultimo viaggio. Un viaggio da cui non fecero mai ritorno. 

  

I primi detenuti nel campo furono militari inglesi, fatti prigionieri nelle azioni di guerra. Il campo fu destinato ai soli prigionieri militari fino alla fine del 1943, per poi essere chiuso. Nel 1944 fu riaperto accogliendo come primi prigionieri dei tolentinati, i nati dal 1914 al 1925, che vennero rastrellati nella città in una notte dell'aprile del 1944 da parte del comando SS italiano alle dirette dipendenze del Ten. Malaga. Il commando, in un'azione dimostratva, si riversò sulla piazza di Tolentino e, con la scusa di catturare renitenti e disertori, catturarono moltissimi uomini in età da lavoro che vennero rinchiusi nel campo di prigionia dopo un interrogatorio piuttosto superficiale.

 

Dopo l'8 settembre, il campo iniziò a riorganizzarsi e gli occupanti furono divisi in tre categorie: abili al lavoro in Germania, abili al lavoro in Italia, non abili al lavoro. Nella terza categoria rientrarono in pochissimi e furono inviati alla prigionia libera nei campi di internamento presenti in provincia; gli abili al lavoro in Germania furono inviati ai campi di concentramento tristemente noti e pochissimi fecero ritorno.

Tale selezione colpì anche gli internati e le internate delle strutture maceratesi che vennero raccolte dai nazisti a Sforzacosta, 58 ebrei di Urbisaglia, 19 internate di Petriolo e 50 internate di Pollenza. 

Con l'avvicinarsi del fronte, il campo iniziò la dismissione. I materiali e i molti prigionieri presenti, iniziarono ad essere smistati al campo di Suzzara, centro di concentramento per l'invio in Germania. 

Il campo fu bombardato nel maggio del 1944, un'azione importante che causò numerosi morti tra i detenuti ma permise a molti di fuggire. Il comando delle SS italiane effettuò a seguito molti rastrellamenti per recuperare i fuggitivi e riuscirono a racimolarne un centinaio che furono nuovamente rinchiusi. Tuttavià il fronte in continuo avvicinamento fece sì che le forze tedesche abbandonassero il campo in direzione nord portando con sé molti prigionieri che, lungo il cammino, giudicati inutili fardelli, vennero sommariamente abbattuti.

I detenuti rimasti, controllati da fascisti subentrati alle forze nazi-italiane, iniziarono a tentare fughe con sempre maggior frequenza, fughe che molte volte erano fiancheggiate da guardie fasciste che agevolavano le evasioni. Una situazione di caos è raccontata anche dal tipografo Mario Marucci, uno degli ultimi a fuggire: "Le fughe si verificavano a ritmo sempre più intenso. Eravamo rimasti uno sparuto gruppo. Bastò un significativo sguardo del fascista di guardia, compiacente quanto timoroso di ciò che poteva accadergli dopo l’arrivo imminente degli alleati e anch’io mi ritrovai solo e libero sulla strada di casa, verso la libertà" (A.N.P.I. 2003, p.123).

Il tabacchificio di Sforzacosta, divenuto oramai campo di concentramento, rimarrà tale sino alla fine del conflitto mondiale quando, al pari del campo di concentramento di Monte Urano, fu acquistato da un privato.

Da prima trasformato in una fabbrica di calzature, terminerà la sua esistenza negli anni 2000 continuando poi - con rivisitazioni e modifiche - ad ospitare alcune attività commerciali, un ristorante ed una sala giochi. 

Il campo ebbe sempre un significativo numero di internati, passando dai 5500 detenuti censiti il 30 novembre del '42 ai 7250 nel marzo del 1943 e - nonostante le condizioni di reclusione fossero state decisamente migliori di altri campi - rappresenta un pezzo di quella orribile pagina di storia chiamata guerra. 

(immagini: Rete/eclettico.org)

 

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