I dpcm con cui Giuseppe Conte sta governando da quasi un anno l’Italia "sono viziati da violazioni per difetto di motivazione" e "da molteplici profili di illegittimità". In quanto tali, aggiunge il Giudice del Tribunale di Roma nell'ordinanza n. 45986/2020 , “sono caducabili”.
Stando alle parole del magistrato, usate nell’ordinanza con la quale non ha convalidato l’intimazione di sfratto di un esercizio commerciale che non aveva potuto pagare i canoni per la chiusura imposta dai divieti previsti per l’emergenza Coronavirus, ciò significherebbe che i dpcm non sarebbero produttivi di effetti concreti, e pertanto sarebbero da annullare.
PROFILI DI ILLEGITTIMITA' - Si legge nell’ordinanza che “punto indiscusso è che le libertà fondamentali degli individui siano state compresse attraverso un DPCM. Tale atto, come noto, non è di natura normativa, ma ha natura amministrativa. Tale natura resta anche laddove un provvedimento avente forza di legge, preventivamente lo legittimi. (omissis..) Come già evidenziato da altra giurisprudenza, non può ritenersi che un DPCM possa porre limitazioni a libertà costituzionalmente garantite, non avendo valore e forza di legge”.
“(omissis..) Appare evidente - si legge ancora nell'ordinanza - che la limitazione ai diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti che si è verificata nel periodo di emergenza sanitaria è dovuta, quindi, non all’intrinseca diffusione pandemica di un virus ex se, ma alla adozione “esterna” dei provvedimenti di varia natura (normativi ed amministrativi) i quali, sul presupposto della esistenza di una emergenza sanitaria, hanno compresso o addirittura eliminato alcune tra le libertà fondamentali dell’Uomo, cosi come riconosciute sia dalla Carta Costituzionale che dalle Convenzioni Internazionali... (omissis) Anche i DPCM che disciplinano la Fase 2 sono, ad avviso di questo giudicante, di dubbia costituzionalità poiché hanno imposto una rinnovazione delle limitazioni dei diritti di libertà che avrebbe invece richiesto un ulteriore passaggio in Parlamento diverso rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto “Io resto a casa” e del “Cura Italia”(cfr. Marini). Si tratta pertanto di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’art. 77 della Costituzione, come rilevato da autorevole dottrina costituzionale”.
LA MANCANZA DI MOTIVAZIONE - Si osserva in conclusione nell’ordinanza: “Come noto, tutti provvedimenti amministrativi devono essere motivati ai sensi dell’art. 3 legge 241/1990. A tale obbligo non sono sottratti neanche i DPCM. Orbene, nel corpo dei provvedimenti relativi alla emergenza epidemiologica, la motivazione è redatta in massima parte con la peculiarità tecnica della motivazione “per relationem, cioè con rinvio ad altri atti amministrativi e, in particolare (ma non solo) ai verbali del Comitato Tecnico Scientifico (CTS). Tale tecnica motivatoria è in astratto ammessa e riconosciuta dalla giurisprudenza, ma richiede (eccettuato il caso di attività strettamente vincolata) che gli atti cui si faccia riferimento siano resi disponibili o comunque siano conoscibili. È fatto notorio (essendo anche stato oggetto di dibattito politico messo in risalto dai mass media) che alcuni di tali atti vengano resi pubblici con difficoltà, talvolta solo in parte, e comunque con una tempistica molto lunga, in alcuni casi addirittura prossima alla scadenza di efficacia del DPCM stesso".
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