Da Civitanova a Firenze, Giampaolo Gobbi e la danza: "Il mio segreto? La fame di farcela"
"Ho lasciato Civitanova a 14 anni ma la mia famiglia è ancora lì e torno sempre con piacere perché la considero la mia vera casa; anche se è una realtà piccola io la cito sempre quando mi chiedono da dove vengo, altri preferiscono dire più genericamente «Dall’Italia»”.
Così il ballerino civitanovese Giampaolo Gobbi ci descrive il suo rapporto con le proprie radici alla vigilia dello spettacolo “La forza del destino” diretto da Carlus Padrissa, che andrà in scena dal 4 giugno al Teatro del Maggio Musicale di Firenze e lo vedrà tra i protagonisti.
“La preparazione sta andando molto bene, c’è molto entusiasmo durante le prove - ci dice -. Siamo una grande squadra. E’ uno spettacolo che richiede molta concentrazione, soprattutto per quanto riguarda noi danzatori. Tutte le cose se fatte bene e con professionalità, anche le più semplici, diventano impegnative".
E’ stata la danza a trovare Giampaolo. La sua passione è nata in maniera natutale all'età di 8 anni e, fortunatamente, da parte della famiglia non ci sono stati pregiudizi o ostacoli anzi, lo hanno sempre spronato ad inseguire il suo sogno.
Non si può dire lo stesso però degli altri: “Da piccolo ho sofferto tantissimo vivendo anche episodi di bullismo: i maschi mi guardavano male quando dicevo che volevo fare il ballerino, sembrava che volessi piazzare mine per strada; ma è stata la danza a premiarmi, quando a 18 anni sei autonomo vedi quelli che ti insultavano che non sanno cosa fare nella vita, io inseguivo il mio sogno. Loro non si sa”.
Inizia così ad allenarsi nelle scuole di Civitanova molto giovane, poi un’insegnate gli fa la fatidica domanda: “Nella vita vuoi diventare shampista o astronauta?”; ovviamente la risposta era astronauta dunque dopo qualche anno avrebbe dovuto andarsene per fare il salto di qualità: “Ero esaltato, mia madre invece piangeva, avrebbe voluto tenermi vicino. Sono partito con incoscienza, oggi avrei un’altra testa ma guardo al mio passato con orgoglio, anche nei momenti difficili mi sono impegnato. Mi sono ritrovato in spettacoli molto più grandi di quel che pensavo fosse il mio valore, è stata la curiosità a farmi vincere o forse il fatto che arrivavo già rassegnato al provino. Servono anche le delusioni, ho ricevuto tantissimi -no- ma quando ricominci quel che c’è di buono lo apprezzi di più”
A 14 anni va a Firenze con il “Balletto di Toscana”, poi si trasferisce a Roma frequentando i corsi professionali del “Balletto di Roma”.
Questi sono gli anni dello sviluppo che hanno segnato per lui il passaggio dall'essere ancora un bambino al diventare un ragazzo: “Porto nel cuore quel periodo in cui ho avuto i primi rapporti importanti, le prime esperienze vere, mi son preso le mie responsabilità e a 16 anni mi sentivo già un ometto!”.
Negli anni delle superiori mentre studiava e lavorava nella danza ha portato avanti anche il percorso scolastico, facendo ragioneria in una scuola privata: “Ho conquistato il diploma più per la mia famiglia che per me; nella danza ad un certo punto il fisico cede e c'è chi diventa insegnante, coreografo, direttore artistico o altro, io non so quello che farò ma sicuramente non il ragioniere”.
Nel 2011 viene ammesso al corso di alta formazione di danza contemporanea presso Arsenale della danza by la Biennale di Venezia, diretta da Ismael Ivo (che ci ha lasciato a causa del covid-19, ndr). Quest’ultimo lo sceglie per lo spettacolo “Biblioteca del Corpo” e va in tournèe mondiale.
Era il più piccolo tra 20 danzatori che provenivano da tutte le parti del mondo e solo 4 erano italiani: “Fu una grandissima soddisfazione, un anno intenso e molto duro, ora mi rendo conto che ero ancora acerbo, tante cose non le sapevo, oggi che ho 27 anni affronto le esperienze in maniera diversa; dopo il tour mi sentivo appagato, sazio ma quando sono tornato ho ricominciato subito ad allenarmi.”.
Tornato in Italia, dopo qualche mese, ebbe un’audizione a Milano e grazie a Marco Garofalo, coreografo dello show “Questi siamo noi” entra nel mondo della televisione con la regia di Roberto Cenci: “L’esperienza fu bellissima però il teatro regala una magia particolare che la tv non ha.”.
Poi le collaborazioni con tanti altri teatri. Nel 2014 fa il ballerino al Teatro Verdi di Trieste; il Coreografo Luciano Cannito e il regista Michele Guardì lo scelgono per lo spettacolo “I promessi sposi - Opera Moderna" in tournée nazionale; il regista Francesco Saponaro lo sceglie per l’Opera “Carmen” in scena al Teatro delle Muse.
Nel 2016 l’incontro con il regista Pier Luigi Pizzi con il quale è stato in scena nel “Nabucco”, “La pietra del paragone”, “Alceste”, “Barbiere di Siviglia”, “l’Orfeo”, “Turandot” e “Rinaldo”. Questa collaborazione in particolare segnò un traguardo importante per lui infatti la prima volta che andò allo Sferisterio di Macerata era in scena proprio “Turandot” diretta da Pizzi e pensò: “Io un giorno lavorerò con lui”, e così fu.
Nel 2019 era nel corpo di Ballo di “Carmen” allo Sferisterio coreografato da Johnny Austin, Direttore Artistico di Autin Dance Theatre. Anche ballare allo Sferisterio di Macerata è fra i sogni che è riuscito a realizzare.
Appena finita la quarantena, nel 2020, riprende subito con le audizioni: il primo appuntamento che lo rivedrà in scena sarà proprio quello nel corpo di ballo dell’opera “La forza del destino” mentre nel mese di luglio parteciperà nel ruolo di Bacco all’opera “Il ritorno di Ulisse in patria” diretta dal regista Robert Carsen.
“Sono stato contento di ripartire subito, mi sento fortunato ad aver trovato un contratto tanto importante subito dopo la quarantena” dice, “questo è un periodo delicato, l’Italia è un paese che ha una storia strettamente legata all’arte. Mi dispiace per quelle lezioni di danza che ho visto comparire online: tenersi in forma con lo stretching da casa va bene ma che tanti ragazzi e ragazze si allenino senza poter essere corretti dall’insegnate è molto dannoso, a questo punto sarebbe meglio non farlo per niente”.
Molti altri i progetti speciali in arrivo e le collaborazioni con grandi registi anche nelle Marche, ma i nomi non li annuncia ufficialmente: “Questo è un mestiere astratto, un giorno ti senti al top e tutti ti chiamano, poi passi 6 mesi a girarti i pollici nella depressione; sono molto fiducioso e propositivo per come stanno andando le cose ma per scaramanzia preferisco non parlare specificatamente dei miei progetti futuri.”
Esibirsi in un palcoscenico è una grande emozione: “Vivo gli spettacoli come momenti di grande scambio con il pubblico, di narrazione e grande responsabilità. Qualche minuto prima di iniziare uno spettacolo non parlo mai con nessuno, anzi mi infastidisco se qualcuno ci prova. Solitamente parlo con il cielo, che ascolta sempre. Credo molto nelle energie positive che ricevo dall’alto, per me è diventato come un rito spirituale. Dopo lo spettacolo solitamente si festeggia, vado a dormire tardi per l’adrenalina.”
Essere un ballerino è una scelta che comporta un certo stile di vita: quando si lavora è obbligatoria una classe di 1 ora e 30 la mattina, poi 2 ore di prova, la pausa pranzo e altre 4 ore di prova; quando non si lavora bisogna tenersi costantemente allenati ma il fisico è una macchina e si deve riposare, è necessario prendersi una settimana di pausa ogni tanto.
Nonostante questo, lo stretching va fatto tutti i giorni, con costanza, bisogna mantenere un’alimentazione bilanciata e sana (carne bianca, semi, minestrone, parmigiano...), evitare ciò che fa male ma che comunque tutti mangiano una volta a settimana: “Un mito da sfatare è quello sul fumo: molti ballerini fumano, basta non esagerare. La vita è una sola, non sappiamo quanto lunga o corta sia e vivo i miei piaceri senza sensi di colpa.”
Per fare questo lavoro in maniera professionale c’è bisogno di una predisposizione fisica. Ci sono delle necessità sopratutto nella danza classica, mentre in quella moderna e contemporanea la preparazione richiesta è più atletica.
All'accademia della Scala se non hai determinate caratteristiche non vieni preso: più alto sei più possibilità hai, avere un seno abbondante è bello per una donna ma per la danza classica non va bene, se hai una leggera scoliosi, non un gran collo del piede o rotazione delle anche non ti danno la possibilità di studiare con loro.
“Quando ero più piccolo odiavo la danza classica ma nelle accademie professionali mi sono reso conto che è fondamentale anche se il tuo percorso è tutt'altro, è necessaria perché è la base di ogni altra cosa” spiega Giampaolo.
Molti si danno sempre più limiti e si sottopongono ad enormi sforzi per raggiungere l'eccellenza: “A 16 anni avevo un problema ad un legamento e l’ho scoperto solo quando si è rotto; ho partecipato ad uno spettacolo nell'accademia di Roma con il crociato rotto, ogni volta che saltavo sentivo il ginocchio fare rumori assurdi, poi mi sono operato; ho fatto spettacoli anche con la febbre, facevo la mia danza e poi andavo a casa. E’ una cosa che dipende dal carattere, come tutto nella vita.”
Il mondo della danza è visto generalmente in maniera crudele ma è solo una piccola fetta di quello che è veramente. Sopratutto sono i più piccoli che vengono emarginati: “Una delle prime volte che facevo un’audizione ero dietro l’assistente del coreografo senza che lei lo sapesse e le sentii dire, riferito a me -questo è tutto fumo niente arrosto-, passai 12 ore di audizione con questa frase in mente ma alla fine mi presero; è capitato anche che, grazie a colleghi che mi spronavano, io abbia affrontato audizioni che credevo più grandi di me; capita ai frustrati di far del male a prescindere ma l’esperienza insegna e quando sai quanto vali passi sopra a queste cose con una risata!”.
Ha imparato a dividere la vita privata (sciagure e benedizioni) da ciò che è lavoro: “Il compagno è meglio non trovarlo nel proprio ambito perché si possono scatenare invidie e competizioni; il ragazzo con cui sto l’ho conosciuto dopo uno spettacolo a Firenze, stare con uno che non sa niente della danza significa staccare dal mio mondo quando smetto di lavorare e questo mi fa bene. Sono 3 anni che stiamo insieme e la nostra relazione va a gonfie vele”.
“I miei insegnanti mi hanno sempre preparato, non è una strada facile, è un lavoro molto veloce in cui a 18 anni devi essere già un professionista e a 45 hai quasi finito.Quel che consiglio a chi si accinge a questa disciplina (occhio a chiamarlo sport) è di dedicare molto tempo alla formazione ed allo studio ma da soli non bastano: è una questione primariamente di testa, voglia, determinazione. Con il tempo lo stress e la fatica fisica passano, quel che deve rimanere è la motivazione. Avere carattere è fondamentale, puntare un obiettivo e applicarsi al massimo per raggiungerlo.
È una cosa che va voluta e deve venire da dentro di te, non deve essere un insegnante o la famiglia a spingere, poi se quella porta non si apre è perché non si doveva aprire. Il segreto per emergere tra gli altri è avere la faccia tosta, la fame di farcela.”
Il sogno nel cassetto di Giampaolo, originario di Civitanova e giramondo per lavoro, quello che non ha ancora realizzato pienamente ma spera di farlo presto è di concretizzare qualcosa nell’ambito artistico nella sua regione natale, le Marche: “la mia vena patriottica mi spinge a voler lasciare un segno nella mia regione, che diede origini anche al grande Enrico Cecchetti!”
Commenti