"Così come strutturate le 'zone franche' non funzioneranno": il prof. Rivetti (Unimc) spiega il suo "Modello Ussita"
Il “Modello Ussita” nasce dalla collaborazione del Comune colpito dal sisma di ottobre e dall’Università di Macerata con l’appoggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che proprio in occasione della visita al paese ha sottolineato l’importanza di questa proposta per un futuro possibile per le aree terremotate.
Per comprendere meglio cosa questa proposta, finalizzata alla creazione di un territorio a fiscalità privilegiata nei Comuni colpiti dagli eventi sismici, è necessario fare un passo indietro nel tempo fino al terremoto de L’Aquila. Anche in quel caso ci fu un “Modello L’Aquila” con l’istituzione di zone franche, però non funzionò, “Poiché, come spiega il professor Giuseppe Rivetti, docente di diritto tributario presso l’Università di Macerata, che ha lavorato alle linee guida del Modello Ussita “le zone franche non sono la risposta adeguata alle esigenze di sviluppo della popolazione; esse si fondano sull’esistenza originaria dei soli soggetti residenti o meglio delle sole aziende del luogo”. Ciò significa che il precedente modello ha posto dei limiti invalicabili e quello che doveva essere un privilegio per chi ha subito danni è divenuto un miraggio nel deserto.
In questo momento “Manca la visione di un futuro, cioè la capacità di immaginare il futuro dopo il terremoto” continua con la sua analisi il professor Rivetti “in questo momento è una ricorsa continua ai provvedimenti, come se fossero la soluzione”; in realtà se non fosse per il caos legislativo creato, i provvedimenti giuridici dovrebbero risolvere le problematiche, ma, purtroppo, in questo momento, essi sono il labirinto nel quale cittadini e tecnici si perdono nella speranza di capire come e cosa fare e con quali tempistiche.
La novità del modello creato da Unimc è quello di creare agevolazioni fiscali non solo per i residenti, come a L’Aquila, ma anche a tutti quei soggetti economici interessati a investire sul territorio del cosiddetto cratere; in questo modo si andrebbe a sopperire alla carenza dei fondi pubblici, la proposta non prevede spesa per lo Stato ma un risparmio “la riduzione di imposta” spiega Rinaldi “ è inferiore alla spesa pubblica che dovrebbe essere impiegata per la ricostruzione”. Per comprendere meglio di cosa si sta parlando il docente di diritto tributario fa un esempio molto esplicativo “Un allevatore di Ussita piuttosto che di Castelsantangelo sul Nera deve ricostruire le sue stalle costa tot allo Stato, se, come prevede il Modello, ad investire sulla ricostruzione è un allevatore della Maremma che in cambio viene detassato dallo Stato tutti ci guadagnano. Anche se l’Agenzia delle Entrate non prende soldi dall’allevatore toscano le imposte sono minori della spesa”.
Questo è un modello che non riguarda solo le imprese ma anche le famiglie, infatti è prevista una restituzione del cento per cento delle spese per la messa in sicurezza degli immobili, con la restituzione di quanto speso in breve tempo. Si vuol agire, quindi, non solo sulla ricostruzione ma anche sulla prevenzione e per fare ciò basterebbe modificare una legge già esistente che però riconosce solo una restituzione parziale della spesa e in un tempo non ragionevolmente lungo. Una modifica ad una norma senza entrare in contrasto con l’Unione Europea .
Proprio riguardo all’UE Rinaldi fa un’altra interessante riflessione: “La nostra proposta è in armonia con la tradizione giuridica del nostro Paese e non è in contrasto con quella europea. Comunque, in questo momento storico, è necessario applicare le misure giuste, bisogna far valere le necessità piuttosto che il diritto europeo. È una questione di priorità”
In questo momento il Modello Ussita è all’attenzione del Consiglio dei Ministri, sarebbe dunque auspicabile che i parlamentari e i politici tutti del nostro territorio spingano e facciano pressione perché esso non rimanga fermo sul tavolo. La crisi politica dei primi di dicembre non ha sicuramente aiutato l’iter della proposta, ma si spera che l’intelligenza politica dia le giuste priorità. Tutto il territorio colpito dal sisma, non solo quello maceratese, necessita di risposte: è troppo tempo che sta aspettando. Sta crescendo il malcontento e sembra come se la ricostruzione possa cadere in prescrizione, ed è per questo che è ancora più importante l’azione della politica locale per fare pressione sulla questione.
“Personalmente” conclude il professore “ritengo che l’Università di Macerata, sulla base di quella che è la sua terza missione (dopo ricerca e didattica) debba interessarsi al destino del proprio territorio. Potrà, ad esmpio, essere artefice di incontri tematici finalizzati alla soluzione di queste problematiche, per questo appare utile programmare conferenze che coinvolgono tutti i protagonisti istituzionali per una riflessione costruttiva sulle molte criticità ancora da risolvere”.
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