"Aree interne, spopolamento irreversibile": un dossier di Palazzo Chigi 'inchioda' le false promesse elettorali
Nella corte dei commentatori e politici della provincia, e oltre, si respira un’aria densa, contaminata dal periglioso virus ‘Campagna Elettorale- 2025’, a causa del quale appena uno finisce di starnutire inevitabilmente un altro inizia. E così vassalli, valvassori, eleganti paggi, in preda agli effetti collaterali, scalpitano, battono compulsivamente sulle tastiere subendo quella tipica, incontenibile eccitazione mista a tremore influenzale.
A essere coinvolti dalla "Campagna Elettorale" pare siano anche la ‘favella’ e il lobo occipitale; il modo di interloquire o scrivere del ‘mal colpito’ fa supporre che sia realmente convinto di trovarsi sugli spalti di uno stadio o su un ring a dare pugni, o persino all’interno di un dibattito politico, in un perenne conflitto (lungi dall’essere d’interessi!).
Ma il più duraturo e il più insidioso sintomo di questo corporale flagello parrebbe un'incontrollata inclinazione a raccontare ardentemente, eventi e opere con dovizia di parzialità e approssimazione.
A tal riguardo, mentre infuria il roboante, rombante dibattito sulla Zes concessa alla Regione, sull’inizio dei lavori della Pedemontana Sud, c’è un documento nevralgico, perlopiù ignoto all’opinione pubblica (e talvolta anche a quella politica) che, potenzialmente, potrebbe riguardare una parte consistente dei Comuni colpiti dal sisma del 2016.
Una questione che getta una serie di interrogativi e perplessità rispetto alle dichiarazioni lanciate dai politici dei vari schieramenti e che si collega direttamente all'Obiettivo 4 del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (PSNAI) pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel Marzo 2025, dal titolo: "Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile" (p. 45 del documento, di pubblica fruizione). Si riporta di seguito il paragrafo:
"Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita".
Un piano strategico che, partendo dall’Obiettivo 1 in poi, dà quasi l’impressione di un accompagno graduale a fine vita. Soffermiamoci poi sull’Obiettivo 3, che è quello più auspicato per "tenere aperta la possibilità di miglioramenti futuri" nelle aree interne (p. 45). Per far sì che venga raggiunto, si implica una richiesta imperniata su un consistente e non trascurabile "Se".
Con il fine di un "rallentamento della diminuzione delle nascite", si "richiede comunque un aumento del numero medio di figli per donna (nello scenario mediano italiano passa dagli attuali 1,2 a quasi 1,4 nel 2050)".
Se questo obiettivo non dovesse essere raggiunto, la situazione demografica peggiorerebbe a tal punto da “compromettere del tutto una sostenibilità nel breve-medio periodo”. Dopodiché, ci sarebbe solo l’“Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”.
Oltre all’atto d’amore, fondamentale e auspicabile nella sua inconsumabile durevolezza, i dati Istat parlano di crisi della natalità che rende tutt’altro che scontato il raggiungimento del “Rallentamento della riduzione delle nascite” nel breve-medio periodo: la fecondità è scesa nel 2024 al minimo storico di 1,18 figli per donna.
Con i dati sott’occhio, si capisce ancor meglio la natura emergenziale della situazione e l’impossibilità di permettersi politiche di buon proposito ma non effettivamente strutturali, dettagliate e a lungo termine. Ancor meno ci si può permettere una propaganda incalzante con scommesse lanciate in prossimità delle Regionali a mo’ di carico sul tavolo della Briscola. Una puntualità che solleva dubbi sul ‘modus operandi’ tecnico e strategico.
Così, mentre si plaude fragorosamente nei cantieri stradali all’ottimismo come “profumo della vita", c’è il rischio che piombi sulla testa quello che gli ottimisti chiamano “porta fortuna”, anche se in questo caso il profumo lascia a desiderare.
Alla fine, permane un interrogativo: come evitare che il tanto auspicato ritorno nelle aree interne si riduca, nel migliore dei casi, a una villeggiatura in quelle che un tempo erano case di vita? O che eventi spot, per quanto con una loro dignità culturale, attirino folle di passaggio, destinate a svanire appena questi si concludono?
Commenti