Porto Recanati, Serena Dandini ospite di 'Non a voce sola' per parlare di femminicidio
La rassegna itinerante Non a Voce Sola approda nella località turistica per eccellenza, Porto Recanati. Giovedì 14 luglio alle ore 21,15 nella magnifica cornice dell’arena Beniamino Gigli, Serena Dandini torna protagonista con un nuovo intervento dal titolo Ferite a morte. Dieci anni dopo.
La nota autrice e conduttrice televisiva (La TV delle ragazze, Avanzi, Pippo Chennedy Show, L’Ottavo Nano, The Show Must Go Off e altri ancora) questa volta racconta “il salto” socio-politico delle donne italiane verso il riconoscimento del femminicidio come reato. Serena Dandini ha voluto rendere visibile tutte quelle storie di donne che hanno pagato con la vita il fatto stesso di essere donne. Un’ antologia di monologhi sulla falsariga della famosa Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master costruita con la collaborazione di Maura Misiti, ricercatrice del CNR. I testi attingono alla cronaca e alle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”.
“Dalla sua prima uscita – spiegano Dandini e Misiti - 'Ferite a morte' si è trasformato nel tempo in un potente strumento di denuncia e in un mezzo efficace per aprire un dialogo con le istituzioni. Purtroppo diventato un classico. Non lo avremmo mai voluto, speravamo sinceramente che le cose cambiassero con più rapidità, ma siamo ancora qui a contare (come dimostrano i dati aggiornati in questa nuova edizione) e - nonostante le buone leggi che sono state varate nel nostro Paese - i numeri sono sempre impressionanti.
La situazione è tuttora a rischio e la pandemia da Covid-19 non ha fatto altro che aumentare il pericolo per le donne rinchiuse in casa per il lockdown. ‘Io resto a casa’, lo slogan che ha scandito quelle giornate, non è stato uguale per tutti ma ha costretto molte vittime di violenza domestica aconvivere con i loro aguzzini. Era necessario aggiornare questa nuova edizione di Ferite a morte con un monologo, Casa dolce casa, che racconta proprio questa situazione paradossale e, tra le altre storie inedite che sono nate lavorando sul campo, abbiamo voluto anche aggiungere una voce maschile.
E l’ultimo monologo del libro - conclude l'autrice - vuol essere una speranza di cambiamento e un invito simbolico a tutti gli uomini a farsi carico insieme a noi di questo dramma che non è una cosa ‘da donne’, ma li riguarda in prima persona e soprattutto non è ineluttabile come un destino avverso bensì è solo un’eredità culturale che può e deve essere cambiata".
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