Macerata, "Lo sport è più di un semplice divertimento": Federico Buffa incanta Overtime
Acrobazie narrative che toccano, letteralmente, ogni angolo del globo anzi, in alcuni frangenti si spingono anche oltre l’orizzonte conosciuto.
Questa forse è la miglior sintesi della performance di Federico Buffa, andata “in onda” ieri sera sul palco della Green Square di Macerata. Cronista, storyteller e soprattutto un “vecchio” amico del Festival Overtime; è difficile quanto inutile trovare una qualifica capace di inquadrare la figura di Buffa. Un personaggio non avvezzo al “posto fisso” ma più un cultore del “caos”, nella sua accezione positiva, che ha regalato all'Italia una pietra preziosa che culturalmente non aveva: l'epica sportiva.
Overtime nella sua quarta giornata ha registrato un “sold out” in tutti gli eventi proposti, un segnale forte soprattutto per gli organizzatori come ha fatto notare Michele Spagnuolo “quest’anno è stato molto duro per via della pandemia, è stato anche difficile mantenere gratuiti tutti gli eventi ma vedere piazze e sale piene ci dà un grande carica, non solo a me ma anche a tutti quelli che hanno lavorato dietro le quinte per far garantire il rispetto delle norme e il corretto svolgimento degli incontri”.
Il sabato della kermesse è proprio iniziato con “Colazione con l’autore” dove l’autore Luca Leone ha presentato il suo libro, insieme al fotografo Rossano Ronci, “Harlem – You Write The Rules” per passare poi a “MilanoTonaInCampo”, un progetto ideato da Filippo Solibello e illustrato insieme a Marco Ardemagni e Cesare Lapadula.
Dopo lo sport “raccontato” non è mancato quello praticato, ecco allora che i riflettori si sono accesi sul campo “Elia Longarini” di Villa Potenza per lo svolgimento del 4° Torneo Overtime Old Rugby – Memorial Elia Gaglione, La protagonista dell’ora di pranzo è stata proprio la palla ovale anche in Piazza della Libertà dove il rugbista Maxime Mbanda è stato insignito del premio etica sportiva dell’Ovetime Festival 2020.
E poi ancora libri, cultura e formazione con l’evento “Gli anni ’70 e ’80 del calcio italiano tra piazze e cortei”, caratterizzato dall’anteprima nazionale del libro “La gioia fa parecchio rumore” scritto da Sandro Bonvissuto, per passare all’opera “Le canaglie” di Angelo Carotenuto per finire con l’ultima fatica letteraria di Gigi Riva “Non dire addio ai sogni”.
In un periodo di stadi e palazzetti chiusi, un pezzetto della esilarante atmosfera che solo un impianto pieno potrebbe regalare, è stata portato sulla Green Square di Macerata da una vecchia conoscenza di Overtime. È tornato infatti “in campo” Cristiano Militello, con il suo “Cartelli d’Italia – il diario 2021/2021”, un libro che prende spunto dalla divertente rubrica “striscia lo striscione” una delle più simpatiche e attese all’inizio di ogni settimana dagli appassionati del tg satirico di Antonio Ricci.
“Anche a stadi chiusi ci sarà da divertirsi” assicura Militello, con al suo fianco il moderatore Nicola Calzaretta, che poi spiega la massima presente in copertina ‘anno nuovo stessa vita di merd*: “è quasi profetica – spiega - l’anno non è iniziato nel migliore dei modi a causa di questa emergenza sanitaria Da qui il senso del diario, il voler tornare alla normalità, sono oltre 400 foto, una per giorno, per i mesi che ci accompagneranno”.
Dopo tante risate e curiosità sparse in giro per lo stivale, il festival si è preso una breve pausa, giusto il tempo per far riempire nuovamente Piazza della Libertà e per creare il giusto clima di trepidante attesa per l’arrivo del “punteros” della serata.
Le luci si accendono sul palco posto nel cuore di Macerata e il sipario si alza su Federico Buffa che introdotto da Dario Ronzulli, si è preso subito la prima giusta dose di applausi dai presenti.
“Che tempi” è questo il tema della chiacchierata trai i due, a cominciare dai Mondiali di calcio capaci di scandire la vita di ogni persona: “Il calcio è l’unica lingua che tutto il mondo mastica con declinazioni diverse”.
Inizia con queste parole lo spettacolo di Buffa che poi prende per mano il pubblico portandolo a spasso per il mondo, lungo un percorso fatto di record, personaggi tanto indimenticabili quanto particolari e aneddoti sorprendenti.
Si parte da Pelè: “il più grande goleador della storia tanto che è difficile stabilire chi sia il secondo – sentenzia Buffa - Le cose che faceva lui con la palla le rifanno i grandi campione di adesso”. Una foto nitida che racconta una parte della storia campione brasiliano sulla quale proprio il narratore italiano sta scrivendo un libro.
“Secondo me una generazione corrisponde a 20 anni – spiega Federico Buffa – dal mio punto di vista i 4 evangelisti del calcio sono Di Stefano, Pelè, Cruijff e Maradona e lo spazio temporale che intercorre tra loro è proprio di 2 decenni quindi credo che sia un fatto fisiologico”
“I tempi della storia fanno un lavoro migliore di quello che potremmo fare noi – aggiunge – sono sicuro che ci sia una mistica del gioco che adesso sentiamo meno perché noi abbiamo già visto tutto ma quando si viveva in un tempo in cui non si poteva vedere niente la mistica dava un senso più forte a chi praticava sport”.
Il viaggio lo sport è continuato poi ha toccato altri mostri sacri del panorama sportivo mondiale come Mohamed Alì e Michel Jordan: “Uno sportivo non è solo quello che fa sul campo ma è soprattutto quello che fa fuori”. Un chiaro riferimento alla vita del pugile, di cui Buffa raccontato il suo incontro con uno dei suoi fratelli: “Dopo Alì lo sport è cambiato – sottolinea – gli atleti ora si tengono per sé le opinioni personali per ragioni di brand”.
Spazio poi ai personaggi che ha detta dello storyteller: “Sono stati mandati sulla terra per cambiare il gioco per sempre”. Il rifermento è allo statunitense Dick Fosbury, l’ingegnere che attraverso una personale valutazione aereodinamica è stato capace non solo di inventare il celebre salto ma anche di: “adattare sé stesso ad una visione che solo lui era in grado di comprendere”.
Lo sport diventa quindi una vera e propria “attività umana” oltre che un potente veicolo per trasmettere dei messaggi che cambiano o alla lunga o nell’immediato cambiano il mondo. Ecco allora che entra in scena un episodio di circa cinquant’anni fa, accaduto nello stadio Olimpico di Città del Messico dove i velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos arrivarono primo e terzo nella finale dei 200 metri piani ai giochi Olimpici del '68. Dopo essere saliti sul podio per la premiazione Smith e Carlos ricevettero le medaglie, si girarono verso l’enorme bandiera a stelle e strisce appesa e aspettarono l’inizio dell’inno. Quando le note di "The Star-Spangled Banner risuonarono" nell'arena, i due atleti abbassarono la testa e alzarono un pugno chiuso, indossando dei guanti neri. “Il podio è un luogo di una potenza ineguagliabile” – dichiara Buffa – tant’è che l'influenza del gesto di Smith e Carlos è percepibile ancora oggi: ne è un esempio il caso dei giocatori afroamericani di football inginocchiati durante l’inno americano”.
Le acrobazie di narrazione epica di Buffa non dimenticano Nelson Mandela, che dopo gli anni di prigionia suggella l’unità del Sudafrica seguendo in tribuna la vittoria della Coppa del Mondo di Rugby nella storica finale di Johannesburg: “lo sport porta speranza dove nessun altro arriva”.
Il cammino di Buffa è giunto poi ai giorni nostri caratterizzati da un’emergenza sanitaria senza precedenti che rende lo sport “completamente innaturale – e precisa Buffa – in questo periodo sta sfuggendo la potenza che genera un evento sportivo, se continua così ci vorranno almeno un paio di anni per ridare una stagionalità al gioco”.
Focus poi sull’etimologia della parola sport derivante dal latino ex-porta ovvero “fuori dalle porte della città” chiarisce Federico Buffa: “E’ una parola che va oltre il suo significato originario. Lo sport non è solo divertimento ma è intrinseco nella nostra quotidianità – e incalza – credo sia un peccato enorme in Italia non insegnarlo a scuola sin dalle scuole elementari”.
Un ora di storie e spunti di riflessione, questo è quanto Buffa ha regalato alla gremita piazza di Macerata che ha ascolta ad occhi ed orecchie aperte tutta la sua “chiacchierata” che è terminata con un omaggio a quello da lui ritenuto il più grande atleta italiano di tutti i tempi: Pietro Mennea.
“Rappresenta quella figura nevrotica con in sé una componente eversiva - lo descrive – un peccato che se ne sia andato via troppo presto ma credo anche che gli Dei dello sport se lo siano ripreso così come successo con altri geni tipo George Best”.
Il pubblico oramai caldo tributa la meritata ovazione a Federico Buffa che terminato il suo viaggio si ferma ancora un po' sul palco, insieme a tutti i presenti, per godersi lo spettacolo del videomapping che fa calare uno scintillante sipario sulla penultima tappa di Overtime, rendendo ancora una volta più "green" la facciata della chiesa San Paolo.
Si terrà invece oggi l’ultimo appuntamento della decima edizione del Festival, alle 16,30 da “Vere Italie”, nell’affascinante cortile del Palazzo Floriani-Carradori di via Crescimbeni, con l’evento “La musica sconfigge solitudine e paura”.
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