Ieri sera all’Arena Sferisterio è andata in scena Norma di Vincenzo Bellini e si è respirato un bel clima.
Con quest’opera Bellini, vissuto appena trentaquattro anni, raggiunge l’apice del proprio lirismo vocale affermando una forza drammatica, attraverso chiarezza dei recitativi, e solennità, ora ieratica ora ritmicamente violenta, della massa corale che fa da sfondo alla tragedia come un grande affresco. Il modello di Norma eserciterà una grande influenza sull’opera lirica successiva a cominciare da quella di Verdi. Wagner, non certo tenero verso le forme dell’opera tradizionale ebbe una sconfinata ammirazione per questa composizione. Egli stesso la diresse a Riga nel 1837, riconoscendo più tardi che la prima idea per la struttura scenico musicale della morte di Isotta gli fu suggerita dall’invocazione di Norma “Deh , non volerli vittime” che precede il concertato finale, allorché Norma si avvia al rogo con Polline. L’opera venne rappresenta per la prima volta alla Scala nel 1831, Bellini aveva trentanni.
È sempre piacevole vedere l’Arena piena di gente. C’è un bel clima, il pubblico è attento e si percepiscono sensazioni positive, quelle caratteristiche di un teatro che ha lavorato bene, ha messo a punto un buono spettacolo ed ora non resta che rappresentarlo dando il meglio. Maria Josè Siri è Norma, Rubens Pellizzari Pollione, Sonia Ganassi Adalgisa, Nicola Ulivieri Oroveso, Rosanna Lo Greco Clotilde, Manuel Pierattelli Flavio. Li cito insieme perché veramente costituiscono un cast di tutto rispetto molto ben calibrato che non ha tradito le aspettative. Mettiamo il tutto in mano alla bacchetta di Michele Gamba, giovane direttore sì, ma molto dotato, che ha dato, a mio parere, una lettura “leggera” di Norma con un buon stacco dei tempi rendendo il tutto scorrevole ed estremamente piacevole.
Molte sono state le sfumature e i preziosismi delle voci in ogni aria dei personaggi principali. Impressionante il duetto tra Norma e Adalgisa nel secondo atto e anche il famoso Casta diva nel primo che, partito con leggera tensione da parte della protagonista (comprensibilissimo perché signori…non stiamo mica facendo una passeggiata in riva al mare al tramonto!), via via ha raggiunto un altissimo livello interpretativo. Penso che l’opera Norma sia più consona di quanto non lo sia quella di Otello alle nostre compagini corali e orchestrali. Il Coro Bellini è stato cornice dei cantanti con interventi caratterizzati da dinamiche varie e consone alla situazione, muovendosi bene in scena, grazie ad una regia raffinata, e cantando oscillando sulla dinamica, mentre sinuosamente effettua un movimento scenico. Evidentemente questo direttore è stato determinante nella scelta delle dinamiche e nella gestione dei volumi delle masse.
Anche l’orchestra è risultata migliore della sera precedente, con l'Otello di Verdi. Mi sorge un dubbio: “Si può mantenere più o meno lo stesso organico per entrambe le opere? Mah!".
La regia di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi, le scene di Federica Parolini, i costumi di Daniela Cernigliano e le luci di Luigi Biondi, sono stati in linea con il taglio dato alla lettura dell’opera. Quando tutti questi elementi parlano un unico idioma si vengono a determinare una coesione e coerenza interpretativa che sfociano in un eccellente risultato. E così è stato. Mi soffermo sulla leggerezza nel trattare un argomento estremamente drammatico (forse quella stessa del trentenne Bellini?) che è stata veramente contagiosa ed è arrivata al pubblico che non poteva rispondere se non con sentiti e vivi applausi. Un opera da godere e un modello operativo, mi rivolgo alle maestranze dell’Arena, da tenere sempre presente.
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