Band di alto livello hanno calcato il palcoscenico dell’Auditorium del Castello della Rancia nella prima serata del Tolentino Jazz Festival, che ha riscosso ampi consensi per la varietà e la qualità della musica proposta. L’avvio di questa seconda edizione della kermesse, organizzata dall’Associazione Culturale e Musicale Tolentino Jazz con il patrocinio del Comune di Tolentino e dell’Unione Montana Monti Azzurri, è stato decisamente positivo e ha portato alla ribalta giovani di vero talento. L’apertura è stata affidata al gruppo di Tolentino, Amy Winehouse Tribute, composto da Luca Matteucci alla chitarra, Valentina Bibini al basso, Maikol Pazzelli alla batteria, Giacomo Vicomandi sax e tastiere, Ludovico Cicchitelli sax e Catherine Brandi alla voce.
La band, i cui membri si sono formati musicalmente all’interno della scuola Nazareno Gabrielli di Tolentino, si è fatta apprezzare per la cura con cui ha eseguito il meglio del repertorio della Winehouse, proponendo brani come “Rehab”, “Love is a Losing Game” e “Back to Black”; nonostante la loro giovane età hanno affrontato con disinvoltura il palco e offerto un’esibizione di buon livello tanto nell’insieme quanto nei soli in cui si sono distinti sia Ludovico Cicchitelli al sax che Luca Matteucci alla chitarra; ha vinto sicuramente la sfida di rappresentare il mito della Winehouse, la cantante Catherine Brandi, sicura, spigliata e in possesso delle giuste doti vocali. L’energia del rock sposata alla creatività del jazz è stata la formula vincente dei Resiliency, ensemble composto tutto da allievi del Conservatorio Morlacchi di Perugia, che ha letteralmente entusiasmato il pubblico con il progetto The Jimi Hendrix’s Songbook, una rilettura in chiave jazz delle canzoni più note del chitarrista americano, progetto senza dubbio interessante ed originale.
La cantante Ilira Radhima si è messa in luce per la grinta e la grande sensibilità interpretativa, in possesso di una voce di ampia estensione e ricca di sfumature, ha sfoggiato inoltre la sua bravura anche negli scat che hanno arricchito la sua performance. La brillante performance dei Resiliency è stata contraddistinta da arrangiamenti creativi, affiatamento ed equilibrio nel gioco di insieme e una grande attenzione a timbri e dinamiche. Tutti di ottimo livello i membri del gruppo: vitali ed efficaci nel loro ruolo di sezione ritmica il batterista Dino Caravello e il bassista Emanuele Rappuoli, pregevoli ed avvincenti con loro soli il pianista Lorenzo Francioli ed il chitarrista Alessandro De Corrado. Altissima la qualità artistica del Modena Jazz Lab, quartetto di super professionisti promosso dall’Associazione “Amici della Musica” di Modena, istituzione che svolge un prezioso lavoro di formazione attraverso laboratori di vitale importanza per la crescita musicale di tanti strumentisti.
Degni del palcoscenico di Umbria Jazz, a cui si augura di approdare, Valerio Renzetti (tromba), Giulio Stermieri (organo Hammond), Luca Cerebelli (sax tenore) e Michele Carletti (batteria) hanno onorato il festival con la loro presenza regalando momenti trascinanti ed avvincenti con le loro improvvisazioni da consumati solisti. Decisamente ricco di interesse il programma presentato, ispirato al disco “Unity” di Larry Young del 1966 e al sound Blue Note in genere, comprendendo anche brani come “Black Nile” di Wayne Shorter e “Moon Alley” di Tom Harrel. Il tocco da maestro del Modena Jazz Lab si è espresso nei giochi ritmici articolati di Carletti, nell’approccio aggressivo e rauco del sax di Cerebelli, nella preziosità timbriche della tromba di Renzetti e nel grande estro di Cermieri nelle sue evoluzioni all’organo Hammond. Alla primissima qualità della loro esibizione non poteva che seguire un bis, la celebre Monk’s Dream. In chiusura di serata si è rivelata la promettente vena compositiva di Pierpaolo Carestia, chitarrista neolaureato al Triennio Jazz di Adria, che con il suo quintetto ha stupito il pubblico per l’originalità e la freschezza dei suoi brani.
Accompagnato da musicisti di pregevole livello come Federico Zoppi al saz tenore e soprano, Pierfrancesco Ceregioli al pianoforte, Simone Castracani al contrabbasso ed il talentuoso Zeno Le Moglie, batterista diciannovenne con un grande futuro davanti, Carestia ha proposto brani dallo spiccato carattere modale, con lunghi pedali ipnotici ed una ritmica varia e complessa. Benché al loro debutto come gruppo, il Pierpaolo Carestia Quintet ha dimostrato buon affiatamento ed equilibrio nella gestione degli spazi solistici, sempre fluidi e ben articolati, dove si sono messi in evidenza sia lo stesso Carestia che Federico Zoppi che ha sfoderato un sound affascinante, maturo e personale. Ceregioli ha fornito il suo prezioso contributo al pianoforte, fondamentale l’apporto del batterista Zeno Le Moglie che con la sua naturale sensibilità ha assecondato pienamente la multiforme visione ritmica che richiedevano i brani. Oltre alle proprie composizioni (fra cui For Children e To Play with Joy) arrangiate ed eseguite in esclusiva per Tolentino Jazz, Pierpaolo Carestia ha proposto con esiti altrettanto apprezzabili anche due brani di Kurt Rosenwinkel e gli standard “All or Nothing at All” ed “Everytime We Say Goodbye”, quest’ultimi all’insegna della lezione di John Coltrane.
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