Recanati, "Fede, ultima speranza": Andrea Angeli racconta il cruciale ruolo dei religiosi nei teatri di guerra (FOTO)
Il tema era già intrigante di suo, il personaggio ha fatto sì che la sala Foschi del Centro nazionale di studi leopardiani di Recanati risultasse gremita ieri pomeriggio - martedì 18 - per la presentazione di “Fede, ultima speranza”, edizioni Rubbettino, ultima opera letteraria del peacekeeper maceratese Andrea Angeli.
Ha aperto l’incontro la partecipata testimonianza del presidente del Cnsl Fabio Corvatta: «Rivedere Andrea Angeli significa rileggere cinquanta anni della nostra storia, personale, locale e globale. Lo conobbi in una celebrazione leopardiana di tanti anni fa ed è rimasto sempre lo stesso anche nel cuore: Andrea ha fatto una vita straordinaria mantenendo la semplicità e i valori che lo hanno sempre distinto, ha mantenuto i rapporti. Questo suo appuntamento di oggi è occasione di tanti ricordi, di tante vicende che lo hanno visto presente nel mondo, di tanti amici comuni (Franco Foschi, padre Giuseppe Moretti, Giuseppe Balboni Acqua e Jimmy Fontana) proseguendo con il vescovo Giancarlo Vecerrica. Dobbiamo essere grati ad Andrea Angeli per la sua attività nei vari scenari del mondo e per la testimonianza di amicizia».
Andrea Angeli ha iniziato raccontando la nascita casuale del libro, dovuta a un cambio di argomento di una conferenza prevista a Porto San Giorgio, e ha poipresentato una lunga storia per immagini dei religiosi incontrati nei luoghi di conflitto, dai cappellani militari ai cardinali passando per pope ortodossi, imam, rabbini. Senza dimenticare vari papi. Suor Barbara Brunalli, direttrice del Villaggio delle Ginestre, ha aperto la serie delle domande. Suor Barbara ha prima ricordato l’impegno dell’opera di San Guanella anche a Kabul a difesa dei bambini in difficoltà ed ha poi chiesto ad Angeli se quella del peacekeeper sia una vocazione vista la difficoltà di intessere legami familiari: «Nella gran parte delle missioni di pace è vietato avere familiari al seguito» ha osservato Angeli che, quanto al rapporto tra religiosità e militari, ha aggiunto «All’indomani della strage di Nassiriya 50 giovani soldati chiesero di fare la cresima, come dire che qualcosa scatta».
Il giornalista Enzo Polverigiani chiede ad Andrea Angeli quale sia stato il luogo più problematico in cui ha prestato servizio: «Sicuramente Sarajevo, dove conobbi subito l’arcivescovo Pulijc poi diventato cardinale. Facevo arrivare copie dell’Osservatore romano e l’arcivescovo, che parlava poco l’italiano, capiva però le parole di Papa Giovanni Paolo II dedicate a Sarajevo: “Non abbiate paura”. Mi disse che gli bastavano queste parole per farsi e dare coraggio».
Altra serie di domande, stavolta a cura del giornalista Vincenzo Varagona che parte ricordando Franco Di Mare e Marco Beci e aggiunge «Incontravo Andrea ovunque andassi, in Italia o nei fronti di guerra. Andrea ha un modo straordinario di raccontare le cose. ha avuto una carriera straordinaria ma quando lo incontri sembra sempre l’amico di famiglia».
A una domanda sulla frequentazioni di luoghi e di religiosi Angeli si lascia andare a un aneddoto: «A New York ebbi un pedinamento dell’intelligence: venni mandato là come giovane funzionario Onu. Dopo due anni, prima di trasferirmi in Cambogia, mi dissero che era andato tutto bene ma mi chiesero perchè andassi spesso alla nunziatura apostolica ma non c’era un motivo particolare, il nunzio di New York era una persona di grande spessore e spaziava con la sua saggezza su tutti i campi. Capii così che mi avevano seguito per anni». Infine il motivo del libro e il senso di una presenza, quella dei religiosi nei luoghi di conflitto nelle parole finali del peacekeeper maceratese: «L’onorevole Massimo Teodori un giorno è venuto a trovarmi a casa, guarda le foto e mi chiede il motivo di tutte queste immagini con accanto religiosi. Non ci avevo mai fatto caso, ma risposi che nei luoghi di conflitto ho sempre trovato religiosi, loro c’erano sempre, prima e dopo i conflitti, a sostegno delle popolazioni e dei militari». Appunto, “Fede, ultima speranza” come dice il libro.
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