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In nove mesi cresce una vita, in provincia di Macerata non è cresciuto neanche un canterto

In nove mesi cresce una vita, in provincia di Macerata non è cresciuto neanche un canterto

Nove mesi. Il tempo in cui si completa il percorso per far nascere una vita. Ma anche il tempo in cui una intera provincia deve ancora vedere partire un abbozzo di ricostruzione.

Fin da subito ci siamo occupati in maniera critica della questione sisma e, con malcelata soddisfazione, vediamo che l'argomento oggi è cavalcato anche da chi fino a poco tempo fa se ne era altamente fregato. 

Il 24 agosto 2016 ci fu (e già cominciamo ad usare il passato remoto invece del passato prossimo) la prima forte scossa di magnitudo 6 con epicentro situato lungo la Valle del Tronto, tra i comuni di Accumoli e Arquata del Tronto. Colpiti duramente i Comuni di Castelsantangelo sul Nera e, anche se in misura inferiore rispetto a quanto accadrà il 26 e il 30 ottobre, Visso e Ussita.

Un interno inverno è trascorso senza che in provincia di Macerata sia arrivata una casetta o una stalla per riparare gli animali. Un inverno dove, incredibile ma vero, c'è stata anche la neve in montagna. Sì, la neve in montagna. Un fatto anomalo, vista la sorpresa con cui è stata accolta dalle autorità competenti, di cui però, magari, bisognava prendere atto fin da agosto: in montagna nevica. E parecchio pure. Magari cominciate a pensarci per i prossimi mesi: visto mai che il prossimo inverno nevichi di nuovo...

Il povero Mauro Falcucci, sindaco di Castelsantangelo sul Nera, aveva chiesto fin da subito le casette per i suoi concittadini. Sette casette. Ad oggi non ne ha vista arrivare neanche una. Eppure, a qualcosa come una quindicina di chilometri dal suo paese devastato, c'è stato un terremoto diverso. Un terremoto di cui ogni giorno si sente ancora parlare nei media. Un terremoto che ha inglobato la stragrande maggioranza delle donazioni. Un terremoto da cui le persone sono già fuori. da tempo. A quindici chilometri, forse meno, da Castelsantangelo c'è il confine con l'Umbria, una linea immaginaria che dallo scorso agosto, e in maniera anche più netta dopo, separa un territorio dove il terremoto sembra essere già un ricordo da una provincia, quella di Macerata, dove si sono registrati il 70 per cento dei danni del sisma e dove ancora non si è visto nulla. Assolutamente nulla, se non lo straordinario buon cuore, la generosità e la solidarietà di tantissimi italiani grazie ai quali esiste ancora un abbozzo di struttura sociale. 

Norcia, Cascia, Amatrice: questa la direttrice e la localizzazione che hanno gli italiani del terremoto di agosto - ottobre. La provincia di Macerata, distrutta nel suo entroterra più bello e caratteristico, non c'è mai. Non esiste. Intanto, visto che già da quelle parti si è visto poco, provano a portarci via anche gli uffici dell'ente Parco dei Sibillini. La soluzione a questo punto è semplice: dobbiamo trasferirci tutti in Umbria? I ritardi e l'abbandono dell'entroterra maceratese, si inseriscono in una strategia ben definita di spopolamento di zone con pochi voti, con gente anziana, che alla burocrazia costa più tenere in vita che spostare verso la costa? La risposta oggi è sic et sempliciter "sì", è una vera e propria strategia. Qualche sindaco prova a lottare, ad alzare la voce, a protestare. Ma non c'è unità di azione neanche fra i primi cittadini dei Comuni terremotati: vanno tutti random, ognuno per la sua strada, senza una strategia comune che possa portare risultati concreti. Ma poi quali risultati, se in realtà, la ricostruzione non inizierà neanche fra un anno? E parliamo di iniziare, non certo di concluderla.

In questo discorso si inserisce la questione della microzonazione sismica. La microzonazione, infatti, può mettere in discussione la costruzione in qualsiasi zona e persino la possibilità di riparare case con danni lievi. In sostanza, anche case con danni lievi o non danneggiate potrebbero dover essere rilocalizzate, ovvero demolite e ricostruite in zona diversa. L’ordinanza 24 del 12 maggio del commissario straordinario Vasco Errani regola tutte le procedure per la microzonazione. Vediamo i tempi: i Comuni devono affidare gli studi di microzonazione entro 30 giorni dall’entrata in vigore dell' ordinanza; tale termine è prorogato di altri 30 giorni per i Comuni che utilizzano la procedura dell’art 36 del decreto legislativo 50/2016 (affidamento diretto per importi inferiori a 40.000 euro). Se trascorso tale termine i Comuni sono inadempienti, interviene la Regione che affida i lavori nei successivi 15 giorni. E già così siamo a 75 giorni (ipotetici). 

Superata questa fase, i lavori sono stati assegnati: la norma prevede che entro 150 giorni (cioè 5 mesi) dall’incarico, i tecnici devono consegnare lo studio al gruppo di lavoro il quale, una volta acquisiti i risultati, li analizza e quindi consegna alla Regione lo studio della microzonazione ultimato. La Regione adotta gli studi e li utilizza per la pianificazione e progettazione. Quindi i Comuni recepiranno gli studi e finalmente potranno riprendere le attività della ricostruzione. Siamo arrivati a sette mesi, a cui poi vanno aggiunti gli inevitabili ritardi all'italiana. Se tutto dovesse filare liscio, saremmo arrivati a dicembre, pieno inverno, periodo nel quale risulterebbe impossibile poter dare il via a lavori di edilizia. 

Paradossalmente, secondo questa ordinanza, la Regione e i Comuni dovrebbero fermare tutto ciò che è in corso: tutto fermo fino alla fine della microzonazione. Esiste la soluzione del carotaggio per progetto e prima della costruzione, anche se costoso (30/40 euro al metro lineare con costi che possono raggiungere i 2000 euro). I tecnici, inoltre, sottolineano come la ricostruzione dovrà rispondere alle NTC 2008 che già prevedono la caratterizzazione e modellazione sismica e geotecnica di ogni sito di progetto, per ogni edificio. Non sarà la microzonazione di terzo livello, a scala comunale, per quanto dettagliata, ad accertare ogni aspetto geologico o a dare il dato tecnico tale da soddisfare il progetto esecutivo.

Quindi, se l'ordinanza non sarà modificata, i tempi sono ancora tutti da decifrare. Nell'ordine di anni. Molti anni. Ma questo a nove mesi dal sisma, oggi pare che riguardi solo quello spicchio d'Italia che si chiama provincia di Macerata. Anzi, l'entroterra della provincia di Macerata. 

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