E' stato trovato in possesso di 4 grammi di cocaina e 6mila euro in contanti un 45enne di Civitanova, figlio di un noto imprenditore, denunciato ora a piede libero per detenzione a fini di spaccio.
L'uomo è stato individuato dai carabinieri impegnati in un'attività di indagine concentrata sul contrasto allo spaccio di droga. Droga e soldi sono stati rinvenuti in seguito alla perquisizione da parte dei militari dei sei appartamenti nella disponibilità del 45enne. Al vaglio anche altro materiale sequestrato durante l'operazione.
Un frontale tra un'autoarticolato ed una macchina, tra i feriti anche una bambina. E' quanto accaduto poco prima delle 16 lungo l'asse viario che collega San Severino Marche e Castelraimondo. Stando alle pochissime notizie trapelate, l'auto condotta da una donna si é schiantata frontalmente con il camion che procedeva in senso opposto.
Sul posto sono al lavoro i Vigili del Fuoco, che hanno da poco liberato la conducente dell'auto dalle lamiere. L'autotrasportatore e la bambina che viaggiava con la donna, invece, non sarebbero gravi contrariamente a quanto si era creduto in un primo momento. La minore é comunque stata trasferita al Torrette, isieme alla madre, per accertamenti. Inizialmente entrambi i velivoli del 118 erano stati allertati.
Il mobilificio era inagibile, ma continuava ad essere frequentato e l’attività andava avanti nonostante l’ordinanza di inutilizzabilità dell’immobile, con puntellamenti “di fortuna”. Così la Guardia di Finanza di Camerino, a seguito di un controllo, ha fatto scattare il sequestro per un capannone di oltre 2500 metri quadrati, a Muccia. Amministratore e titolare della ditta sono stati denunciati.
Nell’ambito dell’attività di controllo finalizzata alla verifica del regolare assolvimento degli obblighi imposti dalla normativa sul lavoro e sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, i finanzieri delle Tenenza di Camerino hanno constatato, infatti, che il mobilificio, benché gravato da un’Ordinanza del Sindaco che ne dichiarava l’inagibilità totale con categoria “E” (la più grave), determinata dagli eventi sismici dello scorso anno 2016, era in realtà rimasto operativo con dipendenti al lavoro.
L’Ordinanza, emanata già dal novembre 2016, disponeva l’assoluto divieto di utilizzo per i proprietari, per gli occupanti a qualunque titolo, nonché per chiunque vi potesse accedere, sino al perdurare delle condizioni rilevate e comunque fino alla sua messa in sicurezza mediante l’esecuzione di tutte le opere necessarie.
Tuttavia, una volta giunti presso la sede del mobilificio, i finanzieri hanno constatato non solo che il fabbricato fosse aperto, con la presenza di dipendenti intenti alla lavorazione del legno, ma anche che la struttura era sorretta, nei suoi punti nevralgici, ovvero sulle intersezioni delle travi portanti e al centro dell’edificio, da pericolosissimi puntellamenti “fai da te”: sostegni in legno apposti in maniera approssimativa all’immobile. In un punto, in particolare, è stata sistemata una pila di tavole in legno poste una sopra l’altra fino al soffitto, per sostenere la travatura del capannone.
Al fine di garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica, oltre che degli operai al lavoro, si è proceduto immediatamente all’evacuazione dell’intero immobile, il quale è stato sottoposto a sequestro penale, mentre l’amministratore dell’impresa ed il proprietario dello stabile sono stati denunciati alla competente Autorità Giudiziaria per l’inosservanza del provvedimento dell’Autorità.
L’operazione, che segue l’analogo sequestro di un centro commerciale operato dagli stessi militari nel settembre scorso, evidenzia ancora una volta il costante presidio della Guardia di Finanza attuato su tutto il territorio, a tutela dei cittadini, della sicurezza e dell’incolumità pubblica.
I familiari lo avevano sempre sostenuto: Mithun non si è suicidato. E le indagini sembrerebbero indirizzarsi proprio verso l’ipotesi di un vero e proprio giallo.
La storia del ragazzo del 27enne di Treia trovato morto a Porto Sant’Elpidio (qui il nostro articolo) aveva assunto torbidi contorni sin dal tragico rinvenimento del corpo del ragazzo. In un primo momento si era pensato al suicidio, ma adesso dal telefono del giovane emergono elementi che lasciano ipotizzare tutt’altro scenario. Un omicidio, forse, maturato nell’ambiente delle chat per incontri occasionali. L’ipotesi non sembra affatto campata per aria, visto che il luogo in cui era stato trovato impiccato il ragazzo è notoriamente teatro di incontri a luci rosse, nell’ambiente omosessuale ma non solo.
Sul cellulare del giovane, trovato diversi giorni dopo la sua scomparsa, ci sono foto e chat cancellate proprio alla vigilia di quel sedici agosto che è stato, di fatto, l’ultimo giorno di vita di Mithun. Altro materiale, tra cui alcune foto, sarebbe invece stato cancellato addirittura giorni dopo la morte del ventisettenne. E c’è un contatto, in particolare, che non è stato ancora identificato. Un nickname utilizzato da un utente di un social per incontri tra omosessuali su cui ora si sta concentrando tutta l’attenzione degli inquirenti.
A questo si aggiungono altre testimonianze, già raccolte, di persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con Mithun nei giorni della scomparsa. Uno si è recato spontaneamente a rilasciare dichiarazioni, riferendo di aver avuto contatti, sempre via chat, con il giovane, proprio in uno dei tanti siti dedicati agli incontri occasionali. C’è poi, il racconto dell’ultima persona che aveva visto Mithun in vita, ossia l’uomo a cui il giovane aveva chiesto aiuto, suonando il campanello della sua abitazione nudo e in stato confusionale. Aveva raccontato di essere stato derubato e quell’uomo gli aveva dato un paio di pantaloni e una maglietta.
Troppe ombre ancora e troppi elementi da chiarire, quindi, con la convinzione della famiglia del giovane, ossia che Mithun non si é affatto suicidato ma é stato ucciso (qui il nostro articolo), che sembra prendere sempre più piede nelle stanze della procura della Repubblica di Fermo, che sta indagando sul caso per competenza territoriale.
Si è aperto a Macerata il processo a Luca Traini, il 28enne di Tolentino accusato di strage, tentato omicidio plurimo, porto illegale di pistola e munizioni e danneggiamento, tutti reati aggravati dall'aver commesso il fatto per ragioni di odio razziale.
In aula erano presenti le parti civili, comprese le persone che il 3 febbraio furono ferite nel corso del raid di Traini a Macerata: oltre al Comune di Macerata, che ha annunciato l'intenzione di costituirsi parte civile, infatti, dovrebbero farlo anche i feriti e un paio di organizzazioni che li assistono, oltre al Partito Democratico nazionale e locale.
Imponenti le misure di sicurezza. Alcuni dei migranti feriti da Traini si sono fermati a parlare con i giornalisti. Uno di loro ha sollevato la camicia per fare vedere le cicatrici delle ferite nella zona del fegato.
Il legale di Luca Traini, l'avvocato Giancarlo Giulianelli, dopo le costituzioni di parte civile, chiederà il rito abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica.
Un uomo di 73 anni è rimasto gravemente ferito questa mattina in un incidente stradale che si è verificato intorno alle 5.15 al bivio tra la strada provinciale 127 e la 158, in località Parolito, a San Severino.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, l'auto è finita sull'aiuola spartitraffico dell'incrocio e, ormai fuori controllo, è finita fuori strada, risalendo un pezzo di scarpata fino ad andare a sbattere contro un albero.
Sul posto i vigili del fuoco che hanno provveduto a estrarre il ferito dall'abitacolo per affidarlo poi al personale del 118. Il 73enne è ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Macerata.
“E’ tranquillo, per quella che può essere la tranquillità di una persona che si appresta ad affrontare un processo con imputazioni pesanti”. L’avvocato Giancarlo Giulianelli sintetizza così lo stato d’animo di Luca Traini alla vigilia della prima udienza del processo per strage, tentato omicidio plurimo, porto illegale di pistola e munizioni e danneggiamento, tutti reati aggravati dall'aver commesso il fatto per ragioni di odio razziale.
“Ci siamo sentiti la scorsa settimana – ha affermato l’avvocato Giancarlo Giulianelli – quindi non so come sta affrontando queste ore, ma il suo stato d’animo e le sue posizioni non sono mai cambiati in questi mesi. E’ tranquillo, per quella che può essere, chiaramente, la tranquillità di una persona nelle sue condizioni. In carcere riferisce di stare abbastanza bene e si dice pentito solo di aver colpito la donna”. E, a proposito della venticinquenne nigeriana ferita ad una spalla nel giorno del raid, Luca Traini sapeva del risarcimento (750000 Euro) che la ragazza chiederà in sede processuale (qui il nostro articolo). “Sapeva tutto perché già ne aveva avuto notizia in carcere – ha affermato Giulianelli – E’ al corrente anche dell’entità della cifra di cui si parla, ma è una notizia che non ha commentato”.
Processo al via, quindi, senza particolari colpi di scena, con l’avvocato Giulianelli che conferma che una delle questioni da affrontare dovrà essere, sicuramente, quella della capacità di intendere e di volere di Luca Traini nel giorno del raid razzista in cui ha ferito sei persone, tutte di colore, prima di consegnarsi nelle mani dei Carabinieri.
Come già anticipato, l’imputato chiederà di potersi sottoporre a giudizio con il rito abbreviato, anche se resta da stabilire se tale richiesta sarà condizionata o meno dall’ipotesi di una perizia psichiatrica. La difesa potrebbe far riferimento anche all'infanzia del ragazzo di Tolentino, fortemente condizionata da episodi di bullismo di cui sarebbe stato vittima. "Avevo questo odio represso dentro - ha detto Traini - non dico per la società, ma per chi non mi accettava".
Intanto, in alcuni video pubblicati dal quotidiano "ilTempo", Traini conferma che ha maturato l'idea di compiere un vero e proprio raid all'indomani dell'omicidio di Pamela Mastropietro. Significativo, e anche emblematico di una logica controversa, il passaggio in cui afferma "Non volevo colpire i neri. Volevo colpire gli spacciatori e a Macerata gli spacciatori sono di colore. Non tutti i neri sono spacciatori, ma gli spacciatori a Macerata sono tutti neri".
Spaccio a Macerata, chi è al vertice della città non poteva non sapere. Con questa motivazione, in estrema sintesi, un cittadino ha denunciato il sindaco Romano Carancini e il Prefetto Roberta Preziotti. Una denuncia giunta a palazzo municipale nei mesi scorsi e protocollata a febbraio. Quella che da giorni circolava in rete come una provocazione, dunque, è un documento ufficiale. Una denuncia realmente presentata e che chiama in causa, oltre al primo cittadino, anche la Prefettura. A firmarla il signor Antonio Pastori, pesarese di origini ma residente a Milano, e fondatore del movimento Liberi e Armati.
“Denuncio – si legge nel documento protocollato in comune - il sindaco di Macerata Romano Carancini e il prefetto Roberta Preziotti per aver consentito lo spaccio di sostanze stupefacenti permettendo che pericolosi clandestini con ordine di espatrio, in complicità con richiedenti asilo, già respinti in prima istanza dal suolo italiano, si dedicassero abitualmente allo spaccio di droga nel polmone verde della città. Questa attività criminale era di dominio pubblico, nota sia al Sindaco che al Prefetto di Macerata, e rappresentava una minaccia alla pubblica sicurezza, destinata a deflagrare in tutta la sua devastante potenzialità.
Chiedo all’Autorità Giudiziaria di imputare a Romano Carancini, sindaco di macerata, e a Roberta Preziotti, prefetto di Macerata, quei reati di corruzione ed imperizia che li hanno resi corresponsabili nella violenza carnale e atroce omicidio di pamela Mastropietro, delitti messi in atto con le aggravanti di crudeltà, atti di cannibalismo e vilipendio di cadavere.
Denuncio, altresì, il Sindaco Carancini ed il Prefetto Preziotti per aver concesso alla Mafia Nigeriana di radicarsi in quel territorio a loro affidato e che avrebbero dovuto tutelare”.
Per giorni e giorni ha continuato a vivere insieme alla madre, una 78enne morta nel sonno per cause naturali, e a dormire vicino al cadavere, finché l'odore della decomposizione ha allertato i vicini che hanno chiamato la polizia. Gli agenti del commissariato di Osimo e i vigili del fuoco che hanno aperto la porta di casa, un condominio in periferia, hanno trovato la figlia, 51 anni, disabile e non autosufficiente stesa sul letto vicino alla madre.
La 51enne non si nutriva regolarmente da giorni e era rimasta accanto alla mamma, forse sperando che si svegliasse e l'accarezzasse. Gli accertamenti della polizia scientifica, l'esame cadaverico di un medico legale e le informazioni fornite di familiari hanno confermato che si tratta di un decesso per cause naturali dato che l'anziana soffriva di varie patologie: su disposizione del pm di turno, la salma è stata restituita alla famiglia per le esequie. La figlia è stata affidata ai parenti. (Ansa)
Era passata da poco la mezzanotte quanto una volante della Questura é intervenuta in via della Conchiglia, a Civitanova Marche, a seguito di una segnalazione avanzata al 113. Una persona si era introdotta all’interno di una bottega. Immediatamente giunti sul posto, gli agenti hanno notato un uomo che in modo furtivo usciva dall'esercizio commerciale, dirigendosi verso piazza XX Settembre. Subito bloccato, il presunto ladro é stato identificato. Si tratta di un noto pregiudicato di 43 anni residente in città. Sottoposto a perquisizione, non é stato trovato trovato in possesso di merce che con molta probabilità aveva mollato alla vista dell’auto della Polizia. Accompagnato in Commissariato, lo stesso è stato denunciato per il reato di tentato furto aggravato, poiché che la porta d’ingresso in legno della bottega risultava essere stata forzata
Anche nella giornata di lunedì sono proseguiti i servizi anti droga nella città di Macerata anche con l’ausilio delle unità cinofile provenienti dalla Questura di Ancona, con particolare riguardo ai parchi pubblici come Giardini Diaz e Fontescodella.
Nel corso delle operazioni svolte ai Giardini Diaz l’unità cinofila ha fiutato un involucro ben nascosto tra il terreno e un muretto di contenimento: all'interno c'erano circa 16 grammi di marijuana. Nel corso dei servizi sono state identificvate 120 persone e sottoposte a controllo 54 autovetture
Nel corso di un controllo effettuato al parco di Fontescodella di Macerata, dove ieri pomeriggio erano presenti numerose mamme e bambini, gli operatori della Questura unitamente ai colleghi del Reparto Prevenzione Crimine di Perugia, hanno proceduto al controllo di tre pericolosi individui esperti in furti in appartamento, prevenendo con molta probabilità furti o rapine che gli stessi si stavano apprestando a compiere nella nostra zona.
I tre infatti, tutti di nazionalità moldava, si trovavano a bordo di un’autovettura con targa straniera in sosta all’interno del parco. Gli occupanti, tre moldavi di cui uno residente in provincia, rispettivamente di 29, 34 e 24 anni, fornivano giustificazioni poco credibili circa la loro presenza nel luogo. La perquisizione effettuata sull’auto consentiva di rinvenire, oltre ad oggetti atti allo scasso e all’offesa della persona, anche una pistola giocattolo priva di tappo rosso e una maschera di carnevale in gomma. Tutto il materiale rinvenuto è stato sequestrato.
Denunciata, nella serata di ieri a Civitanova Marche, una coppia, lui del '68, lei del '72, per aver aggredito un parente a causa di vecchie acredini, mentre quest'ultimo, un uomo del '78, si trovava a transitare in via Matteotti.
Sono intervenuti, per separarli, un civitanovese e un carabiniere in borghese che si trovavano a passare di lì: il carabiniere, non riuscendo nel suo intento ha spruzzato verso l'aggressore uno spray al peperoncino, facendo così in modo che questo si calmasse. L'aggressore possedeva inoltre un cacciavite di circa 30 centimetri.
Chiamati carabinieri di rinforzo, questi hanno accompagnato la coppia in caserma, dove sono stati denunciati per lesioni personali in concorso e l'uomo, anche per possesso di oggetti contundenti.
La vittima ha riportato ferite al volto e gli sono stati dati 25 giorni di prognosi.
Sono salite sull'autobus a Macerata per raggiungere Ancona poi, all'altezza di Osimo, si sono accese due spinelli come se niente fosse. Due donne, entrambe oltre i trent'anni, sono state protagoniste di una giornata di autentica follia a cavallo tra le due province.
Senza curarsi del fatto che quel bus a quell'ora fosse pieno di ragazzi, anche minorenni. E sono stati gli stessi ragazzi ad avvisare l'autista. Anche perché le due erano visibilmente ubriache, con tanto di bottiglie di birra in mano e comportamento molesto. Il conducente del mezzo, appena ha potuto, ha accostato a bordo strada e non senza dover alzare la voce ha invitato le due a scendere. Contestualmente sono stati chiamati anche i carabinieri.
Aveva passato la notte a una festa in spiaggia col fidanzato e per giustificarsi con i genitori ha raccontato di essere stata violentata da quattro persone. La presunta vittima è finita invece denunciata per simulazione di reato da parte dei carabinieri di Cattolica. Lei, una 31enne nata a Pesaro e residente a Vallefoglia (Pesaro Urbino) rischia un processo per aver raccontato una "bugia" di tale portata da generare allarme.
La donna il 25 aprile scorso si era presentata alla Tenenza di Cattolica raccontando di essere stata vittima di violenza sessuale da parte di un gruppo di giovani non meglio indicati.
Gli accertamenti condotti dai militari però hanno permesso di scoprire che era stata un'invenzione della 31enne allo scopo di giustificare una prolungata assenza da casa, in compagnia del fidanzato. (Ansa)
Si apre mercoledì 9 maggio davanti ai giudici della Corte d'Assise il processo a Luca Traini, il 28enne che molto probabilmente chiederà di essere sottoposto a giudizio con rito abbreviato. A difendere il giovane, l'avvocato Giancarlo Giulianelli. Tra chi si costituirà parte civile ci sarà la 25enne Jennifer, ragazza nigeriana rimasta colpita ad una spalla durante il raid razzista: secondo fonti vicine ai suoi legali la ragazza chiederà un risarcimento di 750mila. Una richiesta che andrà a sommarsi a quella delle altre parti civili, tra cui il comune di Macerata e il Partito Democratico di Macerata.Traini è accusato di strage aggravata dall'odio razziale, sei tentati omicidi e porto abusivo d'arma. Aveva ferito, lo ricordiamo, sei persone prima di consegnarsi nelle mani delle forze dell'ordine. In carcere non si è mai dichiarato pentito del suo gesto, dicendosi però sempre amareggiato e dispiaciuto di aver colpito proprio la donna.
Grande l'affetto dei tolentinati dimostrato dopo aver appreso la notizia della tragica scomparsa di Don Francesco Cocilova.
Don Francesco, 79enne, deceduto dopo essere stato investito stamattina a Montelupone, ha guidato per anni la comunità religiosa dello Spirito Santo di Tolentino che lo ricorda come un pezzo di storia della città, visionario e coraggioso, pieno d'umanità e vicino ai fedeli.
Una chiesa costruita dal nulla, un teatro oggi sfogo fondamentale per tante attività e incontri dopo l'incendio del Vaccaj, il modo sui generis di impartire la benedizione pasquale o di celebrare la messa. Ma soprattutto, l'ombra che don Francesco nel 2010 sia stato allontanato quasi "forzosamente" da quella che era la sua casa. Un allontanamento che aveva ferito profondamente quel parroco umile e stravagante, sempre in giro a bordo della sua Vespetta verde, con i sandali anche d'inverno.
C'è tanto affetto nel ricordo dei tolentinati, che chiedono a gran voce che i funerali vengano celebrati proprio a Tolentino nella "sua" chiesa, Ma c'è anche malcelata amarezza.
"Strano, sui generis, sognatore, prete, imprenditore, precursore, buono, disponibile, a volte intrattabile". Così lo ricorda dalla sua bacheca Facebook Marco Salvatori. "Tutti i ricordi che ho della mia infanzia legati alla Chiesa, passano dalla sua figura. Dal suo pulmino blu, dalla sua vespetta verde mare, dai suoi sandali anche in inverno, dalle sue lecca lecca che ti faceva sudare, dalla sua Chiesa avveniristica, tanto contestata ma oggi solida e attiva dopo il terremoto, dai suoi “mesi di Maggio”, dai suoi ritiri spirituali a Caccamo, dalla sua sala giochi poi diventata ritrovo per anziani, dalle sue benedizioni fatte sui pianerottolo di ogni palazzo, appuntamento primaverile che assumeva aspetti folkloristici. Ci sono delle figure che ti entrano dentro da bambino e non ti lasciano mai, neanche quando se vanno lontano. Ciao Don Francì, sei stato immenso!"
Tanti i messaggi che si sono susseguiti da stamattina e che raccontano di come don Francesco, a Tolentino fino al 2010 quando è stato spostato al Sacro Cuore di Macerata diventanto Parroco Emerito e sostituito da don Sergio Fraticelli, non abbia mai superato il dolore di essere stato allontanato da Tolentino.
"Hanno fatto del tutto per cacciarlo dalla nostra comunità - si legge ancora su Facebook - e dalla sua chiesa tanto amata e creata con tanta difficoltà e sacrifici. Per lui fu un colpo enorme e quando siamo andati a trovarlo a Macerata ci ha accolto con la sua risata ma con le lacrime agli occhi. Certo era una persona con i suoi pregi e tanti difetti, ma è stato l'unico sacerdote di cui mi sono fidata". E ancora: "Mi dispiace... un caro amico.Voleva vivere a Tolentino, nella sua parrocchia, ma purtroppo qualcuno in alto non ha voluto".
C'è proprio don Francesco, infatti, dietro la costruzione del Tempio dello Spirito Santo che ha ospitato numerosissimi sfollati che si sono trovati impauriti e senza un tetto all'indomani del sisma che ha sconvolto la comunità tolentinate. Un struttura che, insieme all'attigua sala multimediale, resterà segno indelebile del passaggio del religioso in città.
"Quanti ricordi - si legge ancora su Facebook - i lecca lecca alla fine della messa (quello alla Cola il più ambito e non si riusciva mai a prenderlo), "piripicchio, piripacchio", i tornei di biliardino dopo il catechismo, le sgridate a chi non si presentava con uno dei genitori al catechismo, i sandali anche con -5, la vespetta col paravento davanti, le prediche "io non sono questo corpo". A scuola ci insegnava anche culti diversi dal cristianesimo, era molto preparato. La chiesa "Spirito Santo" progettata interamente da lui, all'avanguardia, con i televisori per proiettare le immagini relative al Vangelo del giorno, l'altare con un significato preciso. Quando l'hanno mandato via dalla "sua" chiesa ci rimase molto male. Era un grande prete. Riposa in pace".
Un prete pieno di pregi, ma anche di difetti, umano, vicino alla gente "strano - come scrive l'avvocato Marco Romagnoli - perchè lo era, ma coraggioso, perchè lo era... Se ne va un pezzo di storia della nostra Città... la struttura sacra e parrocchiale che ci ha lasciato è un patrimonio prezioso (voglio ricordare come ora sia tornato ad essere frequentato da tanti ragazzini, sia un punto di riferimento per associazioni che si occupano degli "ultimi" e come sia stato indispensabile nei giorni del sisma)... Ciao Don Francesco".
E a Romagnoli fa eco l'assessore Alessandro Massi Gentiloni Silveri che lo ricorda come "Un parroco vicino a tante famiglie, un parroco attento allo sviluppo ed alla crescita della comunità e dei giovani, fautore della realizzazione della Chiesa, dell'oratorio e del Teatro nel quartiere Repubblica".
Se c'è chi lo ricorda per l'umanità non manca chi ricorda i suoi sandali, indossati anche d'inverno, la sua vespa verde e la sua bicicletta, la stessa che stamattina portava sottobraccio nel momento dell'investimento. "Te ne sei andato - scrive un'altra tolentinate - con la tua bici. Che pedalavi in tutte le stagioni con ogni temperatura e ogni tipo di clima e quei sandali che indossavi anche con il freddo e il gelo. Ho sempre stimato e apprezzato la tua coerenza. Eri un burbero dal cuore grande e generoso. Testardo ma giusto umile e modesto. La parte più bella e vera della chiesa".
Una "chiesa" che per molti tolentinati dovrebbe ospitare l'ultimo saluto a Don Francesco come ricordato nel post di un'altra cittadina che scrive: "Povero Don Francesco, se abbiamo la Chiesa dello Spirito Santo con tutti gli annessi e solo opera sua; i miei figli battezzati, comunicati e cresimati li. La sua idea di responsabilizzare i genitori nel catechismo, la benedizione nelle case con i condomini riuniti nei pianerottoli per tirarci fuori dall'indifferenza, le battute sagaci, le sue risatine, i giochini coi bambini con i lecca lecca, la lambretta azzurra, quel pulmino scassato, i sandali e la sua barba da espiazione, un originale certamente, ma quanto mi dispiace. Riposa in pace Don Francesco. Chissà se potessero fare il funerale nella Chiesa da lui costruita".
(Foto Carlo Torresi)
“Alla fine rimane lei, la madre, senza risposte e senza nemmeno una pacca sulla spalla da parte di chi avrebbe potuto evitare la disgrazia e da parte di chi si professa (a corrente alternata) contro femminicidi e violenze” – Il commento è di Nicola Porro e nelle parole del noto giornalista c’è, forse, tutta l’amarezza che rimane dopo le lacrime di quell’ultimo saluto. Il 5 maggio, infatti, si sono celebrati i funerali di Pamela Mastropietro. Ed è rimasto il silenzio. Quel silenzio che, adesso, dovrà essere interrotto solo dalla verità.
C’è chi ha scritto che “Pamela era una prostituta tossica che viene compianta solo perché uccisa da un nero”. Non commentiamo, perché è palese, a questo punto, che il silenzio è una necessità assoluta. Pamela era una ragazzina, prima di tutto una ragazzina, con tutta la vita davanti, compreso il tempo di rimediare a qualche eventuale errore. Per fortuna, in molti sembrano averlo capito. Come dimostra la tomba della ragazza, nel freddo monumentale del Verano di Roma, tra i colori di uno spazio che ormai fatica, dopo appena 48 ore, a contenere fiori, palloncini, messaggi. Il blocco 115 del Verano non è facile da trovare, eppure l’hanno trovato, e davanti a quella tomba ognuno c’ha lasciato del suo.
Omaggi ad una vita spezzata e a un tempo che poteva essere e non è stato. Banale? Semplicistico? Forse! Ma semplicità e banalità sono da preferirsi, sempre, all’architettura ideologica di dibattiti sulla “quantità di trucco e il taglio di capelli della madre di quella ragazza” nel giorno del funerale.
Di silenzio, ora, c’è bisogno. Perché questa storiaccia è sfuggita di mano, sia a chi non ha voluto afferrarla, sia a chi ha stretto troppo la presa. Con un solo risultato: la strumentalizzazione. Che non serve a nessuno e che, probabilmente, non serve nemmeno alla verità.
La verità: colei a cui spetta, adesso, l’unico diritto di interrompere il silenzio.
Spari nella notte in campagna, tra San Ginesio e Camporotondo. Le grida e il rumore degli spari hanno allarmato i vicini che subito hanno avvertito i Carabinieri.
Secondo le testimonianze raccolte, gli spari, indirizzati verso l'alto, sono stati esplosi per allontanare dei malintenzionati che si erano introdotti in una proprietà privata.
Spari nella notte anche la sera prima, sempre nelle campagne fra San Ginesio e Camporotondo, attribuibili in questo caso, molto probabilmente a cacciatori di frodo.
Sull'accaduto stanno indagando i carabinieri.
Il ciclista investito questa mattina a Montelupone è un sacerdote. Si tratta di don Francesco Cocilova, 79 anni, originario di Cingoli. Stava percorrendo l’asse viario che costeggia contrada Santa Caterina, quando una Fiat Panda, condotta da un uomo del posto, lo ha travolto. Il sacerdote è stato sbalzato in aria, cadendo prima sul veicolo, poi a terra. I soccorsi si sono rivelati inutili (qui il nostro articolo).
Appresa la notizia, sul posto è giunto anche il vescovo di Macerata, mons. Nazareno Marconi.