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Tolentino, dopo 25 anni si chiude la vicenda dell'eredità Tassoni. Alla fondazione del Comune 8 milioni di immobili

Tolentino, dopo 25 anni si chiude la vicenda dell'eredità Tassoni. Alla fondazione del Comune 8 milioni di immobili

A distanza di 25 anni arriva la parola fine alla vicenda dell’eredità dell’avvocato Gianfranco Tassoni. Questo è quanto annunciato dal sindaco di Tolentino Mauro Sclavi in un lungo comunicato stampa condiviso lunedì. “Ora, la Fondazione [Tassoni-Porcelli], potrà iniziare ad operare mediante la realizzazione di opere ad uso della comunità e borse di studio degne della volontà del testatore”, scrive il sindaco. Un comunicato che segna la fine di un percorso estremamente tortuoso, perché la storia dell’eredità è una molto travagliata e che per un quarto di secolo ha visto più parti affrontarsi in un’estenuante e incerta battaglia legale.

Per iniziare, però, partiamo dall’unica certezza di tutta questa vicenda: il volere di Gianfranco Tassoni. L’avvocato tolentinate è stato sicuramente un personaggio unico: senza eredi diretti, solitario e con una grande passione per i cani. Un amore codificato nel suo testamento, scritto due anni prima della sua scomparsa, in cui lascia il suo ingente capitale in mano a delle fondazioni da costituirsi che si sarebbero occupate delle due cose più care all’avvocato. Da una parte l’assistenza agli animali abbandonati e in particolar modo ai cani, dall’altra l’assegnazione di borse di studio per studenti delle università marchigiane.

Poco dopo la sua scomparsa, tre fondazioni vengono costituite, ognuna prefissandosi l’obiettivo di perseguire l’opera filantropica dell’avvocato Tassoni. Una situazione scomoda che getta rapidamente l’eredità in balia di un complicato percorso legale. Un percorso reso ancora più difficile dall’entrata in scena di Ilde Manetta, cugina teramana di Tassoni, che richiede l’annullamento del testamento e il suo riconoscimento come unica erede legittime di Gianfranco Tassoni.

Da questo momento in poi la storia va avanti a colpi di martello del giudice. Prima in primo grado e poi in appello la signora Manetta la spunta sulle tre fondazioni che si ritrovano escluse, più per un vizio di forma e cavilli legali che altro. Almeno fino al ricorso a Roma alla Corte di Cassazione, voluto dalla Fondazione Tassoni-Porcelli, istituita dal Comune di Tolentino.

Nel luglio del 2017 la Cassazione, riesaminando il giudizio della Corte d’Appello di Ancona, ribalta parzialmente le sentenze precedenti. La Fondazione Tassoni-Porcelli viene riconosciuta come legittima interlocutrice, mentre viene esclusa la Fondazione Severino Servanzi Collio. Una terza fondazione di Macerata, la Fondazione per l’assistenza agli animali abbandonati, rinuncia all’appello in Cassazione e si ritira dal contenzioso.

A questo punto, fatta eccezione per un breve ricorso della Fondazione Severino Servanzi Collio, perso nel 2019, rimangono solo due parti a contendersi l’eredità Tassoni. La fondazione del Comune di Tolentino e Ilda Manetta e la previsione è quella di un ritorno alle aule di tribunale per l’assegnazione dell’eredità. O almeno quello che rimane dell’eredità, perché, tra una sentenza e l’altra, l’erede Manetta ha avuto per un breve periodo la possibilità di disporre liberamente dei beni immobili e mobili lasciati dal defunto Tassoni.

La battaglia legale, però, non c’è. Nel 2017 la Fondazione Tassoni-Porcelli, a quel punto sotto il controllo dell’amministrazione comunale di Giuseppe Pezzanesi, intavola una trattativa con la signora Manetta. Stando a Pezzanesi “Per evitare dieci o vent’anni anni di processi, i legali suggeriscono un accordo privato con gli eredi". E dunque si divide quasi a metà. Alla Fondazione va un patrimonio immobiliare stimato, all’epoca, attorno agli 8 milioni di euro.

Ilda Manetta ottiene poco meno, ma dall’accordo vengono esclusi i beni mobili che rimangono all’erede teramana: soldi, gioielli, opere d’arte. Secondo l’ex-sindaco "è un buon accordo, non solo per il capitale recuperato, ma anche per l’importanza strategica degli immobili ottenuti". Insomma, la situazione sembra essere risolta, almeno adesso la fondazione dispone di un capitale e può iniziare il proprio operato filantropico e sociale.

Al 2022 la Fondazione, però, non ha ancora cominciato e nel frattempo si vota a Tolentino. Silvia Luconi, vicesindaca di Pezzanesi, perde contro Mauro Sclavi e il nuovo primo cittadino inizia da subito ad esaminare le carte della vicenda Tassoni. “Ho rinvenuto un documento, voluto e concordato dalla vecchia amministrazione, sulla cui opportunità ho fin da subito avuto dubbi e che mi sono riservato di analizzare” scrive il sindaco in un comunicato stampa".

"Non scendendo nei dettagli dell’operazione il sindaco comunica che la Fondazione ha ottenuto dall’erede Manetta la cessione di un terreno e di alcuni immobili siti in Tolentino, rimasti fuori dall’accordo precedente. Secondo lo staff del sindaco, tornano alla fondazione proprietà immobili dal valore di svariate centinaia di migliaia euro e dall’ubicazione assolutamente strategica. Una piccola vittoria, stando all’ex sindaco Pezzanesi, che rivendica il suo accordo come il vero punto pivotale della faccenda, “Un risultato ignorato dall’attuale amministrazione". 

A conclusione della sua nota stampa il sindaco Sclavi aggiunge anche un dettaglio importante. Fa sapere di aver sostituito il direttore della Fondazione Tassoni-Porcelli perché contemporaneamente presidente della Fondazione Severino Servanzi Collio con la quale, almeno fino al 2019, era ancora in contenzioso per la gestione dell’eredità.

Parlando con Pezzanesi, ci siamo fatti spiegare meglio questa scelta di appuntare lo stesso uomo alla guida di due fondazioni che si incontravano sicuramente sulle finalità filantropiche del patrimonio Tassoni, ma si scontravano sul campo di battaglia legale.

“Essendo stata esclusa la Servanzi-Collio dalla Cassazione nel 2017 [e poi definitivamente nel 2019], l’ho ritenuto un atto opportuno”. Un modo, secondo Pezzanesi, per stemperare le ruggini che la Servanzi-Collio aveva in corpo per essere stata esclusa e per mostrare l’intento di dare continuità all’operato, per ora rimasto su carta, delle due fondazioni.

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