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Sciopero degli ombrelloni, a Civitanova anche il sindaco sta con la protesta: "Vicino ai balneari"

Sciopero degli ombrelloni, a Civitanova anche il sindaco sta con la protesta: "Vicino ai balneari"

Ombrelloni chiusi per un'ora, sino alle 9:30 del mattino, come segno di protesta per lo stallo sulla direttiva Bolkestein. Questo lo scenario che i turisti hanno vissuto a Civitanova Marche, visto che sono stati ben 26 i balneari del litorale ad aver aderito alla manifestazione indetta dalle associazioni di categoria e organizzata dalle sigle sindacali nazionali. 

Gli chalet civitanovesi hanno "scioperato" per porre nuovamente l'accento sulla scadenza delle concessioni balneari, che avverrà tra quattro mesi e sull'incertezza legata al futuro. Capofila della protesta il Raphael Beach, che ha ospitato il sindaco di Civitanova Fabrizio Ciarapica e il vicepresidente della provincia di Macerata Luca Buldorini per una conferenza stampa. Presenti anche il vicesindaco Claudio Morresi e i consiglieri comunali Elisabetta Giorgini, Letizia Murri, Francesco Micucci, Nicolò Renzi e Giorgio Pollastrelli.

A parlare per primo è il presidente della locale associazione balneari Giacomo Mantovani: "Sappiamo che con questo sciopero, seppur limitato ad una sola ora di chiusura degli ombrelloni, abbiamo chiesto un grosso sacrificio ai nostri clienti e ai colleghi che si ritrovano nel pieno della settimana che precede Ferragosto all'apice del lavoro stagionale. Ma non manifestare ora avrebbe significato avallare lo stallo del governo sulla Bolkestein col rischio che questa sia l’ultima. Vogliamo far comprendere anche ai nostri clienti, alcuni fedelissimi e ormai parte di una famiglia allargata, che la liberalizzazione del settore non porterà alcun vantaggio concreto all’utenza finale".

"L’ingresso di multinazionali e operatori esterni rispetto a chi da generazioni offre un servizio a chilometro zero anzi produrrà una standardizzazione dei servizi, perdendo quelle peculiarità che rendono varia e ricca l’Italia differenziandola da regione a regione - aggiunge Mantovani -. Un patrimonio turistico che non deve essere disperso".

"Ringrazio i colleghi che si sono alzati alle 6 del mattino per non aprire gli ombrelloni ed i clienti che hanno sopportato questa protesta - spiega il vicepresidente dell'associazione balneari di Civitanova, Marco Scarpetta -. Una partecipazione che ci ridà un po' di morale. Stiamo arrivando a scadenza concessioni e ancora non abbiamo una normativa di riferimento. Protestiamo per questo. Sono contento che nessun turista si sia lamentato perché ha capito il significato della protesta".

Ha preso la parola poi il sindaco Ciarapica: "Una protesta che vuole accendere un riflettore su un tema che ha bisogno di una sua definizione. C'è necessità di avere certezza. Sono aziende e hanno bisogno di capire come muoversi in prospettiva. Sono qui per dimostrare vicinanza. E perchè anche noi amministratori abbiamo bisogno di certezze per capire la procedura. Non è possibile che si vada in ordine sparso. Sono convinto che il governo sia impegnato in questo campo".

"Non è solo difendere e tutelare un settore sotto l'aspetto economico ma anche identitario. Questo settore è ed è stato sempre un'eccellenza. Sono negativo sulla possibilità di evitare le aste. Credo che dobbiamo lavorare in maniera univoca per preservare l'identità del nostro territorio" ha evidenziato il vicepresidente della provincia di Macerata Luca Buldorini.

Sono stati revocati, al momento, i due scioperi analoghi che erano previsti per il 19 e il 29 agosto. Il sindacato nazionale infatti ha revocato i successivi momenti di agitazione in quanto il Governo ha comunicato l’impegno a prendere in mano il dossier dei balneari già da settembre.

Dietro gli ombrelloni ci sono anche le storie di chi ha investito, famiglie con concessioni arrivate alla terza generazione e altri che invece hanno fatto investimenti recenti e spese di ristrutturazione che non potranno essere ammortizzate.

Fra loro Marisa Siberini dello chalet Rolando che proprio quest’anno festeggia i 60 anni di apertura, ma è un compleanno amarissimo e senza molta voglia di festeggiare: "Non c’è niente di concreto e di sicuro e viviamo male questa situazione, non possiamo investire né lavorare in maniera serena. La nostra attività sostenta 4 famiglie e questo sciopero serve per far ricordare al governo che ci siamo ancora, stiamo svendendo l’Italia".

Dovrebbe invece festeggiare 6 decenni di gestione il prossimo anno Gerri Lattanzi dello chalet Santina, estremità nord, al confine con Porto Potenza: "Siamo qui da prima che venisse costruito il porto - ricorda - iniziò l’attività mio padre aiutato da mia madre. Era solo un piccolo chiosco con due ombrelloni, andavamo a comprare il ghiaccio vicino a Cristo Re e poi lo portavamo su per tenere in fresco qualche bibita. Ma da piccolo chalet siamo cresciuti, Santina è una piccola oasi per chi preferisce stare lontano dal traffico e vivere una dimensione della spiaggia più intima. Ora a gestire l’attività con me c’è anche mio figlio Danny, il prossimo anno però rischiamo di vanificare una storia cittadina e familiare".

Ha invece una storia completamente diversa Mauro Alberti di Madeira. Nel 2019 acquista la storica concessione "Marebello", certo di una scadenza al 2033. E forte di quella fa investimenti e ristrutturazioni trasformando il locale in un avamposto brasiliano a Civitanova grazie anche alla collaborazione nella gestione del giocatore Lube, Robertlandy Simon.

"Con la mia famiglia abbiamo investito molto per l’acquisto e per la ristrutturazione e le attrezzature - spiega - c’erano state date garanzie di una scadenza al 2033, poi però è quella proroga è stata messa in discussione e le lancette si sono spostate al 2024. Ma noi per quegli investimenti abbiamo fatto piani di ammortamento a dieci anni e tuttora anche quest’anno abbiamo investito ulteriori risorse per un ampliamento della licenza, ma non sappiamo cosa succederà fra due mesi. Per non parlare del fatto che subito dopo l’acquisto è arrivato il Covid e per i successivi due anni siamo stati praticamente vincolati al rispetto delle norme sul distanziamento senza poter far esprimere le potenzialità del locale. Il rischio è di aver buttato a mare un capitale. Ad oggi le speranze non ci bastano più, vogliamo garanzie e come noi le chiedono soprattutto 80 dipendenti che non sanno se il prossimo anno potranno contare su questo lavoro".

"Le nostre attività svolgono una funzione sociale - conclude Giuseppe Calza di G7 - qui ci sono giovani e meno giovani che giocano a carte da 40 anni, ospitiamo le colonie per gli anziani. I nostri chalet a conduzione familiare hanno un ruolo aggregativo. Tutto questo rischia di perdersi con una gestione industriale della concessione balneare. Qui noi che siamo i titolari siamo sempre presenti, sarà così con l’arrivo di capitalisti interessati al guadagno più che al rapporto umano? Veniamo sfrattati per far subentrare imprenditori per i quali i nostri chioschi saranno solo l’ennesimo investimento senza anima. E non saremo solo noi a perderci, ma tutta la clientela”.

 

E il problema degli indennizzi è centrale specie per chi ha investito molto nelle strutture. A Civitanova è il caso dello Shada che oltre alla spiaggia è anche ristorante e discoteca: "Lo Shada è un beach club con una vera discoteca all’interno - spiega Aldo Ascani - e questo significa un doppio impegno di forze umane. Al momento abbiamo 130 dipendenti e vivere in una situazione di stallo come questa attuale dove non si ha idea del futuro non stimola alcun tipo di strategia o programmazione. Non sappiamo come andremo all’asta, a quali condizioni, e gli eventuali indennizzi".

"Al momento è un grande boh, non si sa neanche che fine faranno i beni che sono sopra al demanio e che sono frutto di investimenti privati, anche ingenti. Che si fa, si regala tutto a chi subentra e vince la gara? È un modo di fare che neanche nel comunismo di Stalin. Mi auguro che una strategia dal governo venga fatta. C’è chi ha creduto in questo settore, ha investito, fatto crescere le proprie famiglie. Molti di noi sono subentrati a cavallo del 2013 o negli anni successivi quando il governo aveva concesso una proroga al 2033 salvo poi revocarla. Siamo stati ingannati dallo Stato e su questo il Governo deve dare delle risposte", conclude Ascani.

 

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