San Severino: il Comitato verso il referendum contro la chiusura del reparto di maternità
Firme come armi contro le decisioni della Giunta Ceriscioli, in particolare contro la chiusura del reparto maternità di San Severino. Ha deciso di utilizzarle il Comitato a difesa del punto-nascite settempedano facendo circolare in questi giorni, sia online che in versione cartacea una petizione contro la decisione della Regione.
Proprio ieri sul nostro giornale, il columnist Fabrizio Cambriani nella sua rubrica “La colonna infame” invitava cittadini e comitati a utilizzare lo strumento delle firme per far sentire la propria voce. In particolare, Cambriani suggeriva di utilizzare lo strumento del referendum abrogativo, utile anche per atti amministrativi di valenza regionale.
Se non dovessero bastare le firme, il Comitato ha deciso di fare ricorso al Tar in appoggio all’eventuale ricorso del Comune di San Severino. In più, dopo il ricorso alla magistratura, sarà redatta una lettera destinata alle prefetture di Ancona e Macerata per mettere in luce la situazione di disagio in cui rischiano di trovarsi le madri che devono mettere al mondo dei bambini. Questa via è stata già intrapresa dal sindaco di Fabriano.
Sono previste altre mosse di carattere mediatico e politico a livello locale e nazionale. L’intenzione è di convocare una riunione che coinvolga tutti i sindaci della comunità montana, tutti i comuni dell’entroterra. C’è la speranza di poter fare fronte comune con queste realtà territoriali, che sono certamente numerose. La Costituzione – lo si può leggere nell’articolo 44 – punta a tutelare le zone montane, notoriamente svantaggiate, per non creare disparità. “C’è una fortissima demolizione di tutti i servizi sanitari dell’entroterra maceratese” - ha commentato il vicepresidente del Comitato Marco Massei. - “Un entroterra che va dalla zona di Tolentino fino ai confini dell’Umbria. Alla luce dei recenti fatti di cronaca, poi, le argomentazioni della Regione sono ancor meno condivisibili: tutti i decessi per parto di questi ultimi giorni sono avvenuti all’interno di strutture grandi, ben al di sopra dei cinquecento parti l’anno. I numeri non possono essere l’unico criterio per la sicurezza”.
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