Report Legambiente, Macerata terza in Italia fra i capoluoghi di provincia per l'aria più pulita
PM10 e inquinamento dell’aria: qual è la situazione nella provincia di Macerata?
È da qualche settimana che il tema dell’inquinamento da polveri sottili è tornato tristemente agli onori della cronaca: Torino, Milano e le altre grandi città del nord Italia in emergenza con l’aria irrespirabile per le alte concentrazioni di poveri sottili. Nel 2016, a Torino 89 sforamenti, Frosinone scalo 85, a Milano e a Venezia 73 (fonte http://www.repubblica.it/ambiente/2017/02/02/news/lo_smog_in_italia_i_dati-157450731/). Considerando che la norma prevede un massimo di 35 sforamenti in un anno possiamo comprendere perché l’Italia sia in procedura di infrazione da parte dell’Europa.
Il tema delle polveri sottili non è un tema banale o radical chic, tutt’altro. Ci riguarda tutti. Da vicino. La fondazione Think Tank, presieduta dall’ex ministro Edo Ronchi, in collaborazione con ENEA ha redatto di recente uno studio sull’impatto delle polveri sottili rilevando che, in Italia, ci sono 91.000 morti in più ogni anno per patologie legate all’inquinamento dell’aria che respiriamo (fonte http://www.repubblica.it/ambiente/2017/09/29/news/smog_l_italia_maglia_nera_in_europa_90mila_morti_l_anno-176866776/). Mille e cinquecento decessi per milione di abitanti contro una media europea di 1000. La Germania è a 1100, Francia e Inghilterra a 800, la Spagna a 600: anche in questo caso, purtroppo, l’Italia detiene la maglia nera in Europa.
E da noi, nelle Marche, qual è la situazione?
Il recente report di Legambiente, Ecosistema urbano 2017, mostra una situazione in chiaro scuro (più chiaro che scuro): andiamo subito nello specifico e osserviamo che, nella categoria PM10, Macerata è terza tra i 110 capoluoghi di provincia italiani, Pesaro è alla posizione 55, Ascoli Piceno alla 60, Ancona alla 62. In pratica, i capoluoghi marchigiani sono tutti a metà classifica a meno di Macerata, sul podio delle città con l’aria più pulita (per qualche motivo che non conosciamo, non viene censita Fermo).
La situazione temiamo sia ben più complessa di quanto non emerga da questo report, almeno nelle Marche, e in provincia di Macerata in particolare.
Se andiamo ad analizzare i rilevamenti delle centraline dell’ARPAM svolti negli scorsi giorni possiamo rilevare che la situazione si è decisamente aggravata non solo nel nord di Italia ma anche nei nostri territori con diversi sforamenti, segnalati nei giorni intorno al 15 ottobre.
Però, se non ci limitiamo a considerare questi due mesi, o poco più, e analizziamo le letture raccolte dal primo gennaio dell’anno in corso vedremmo una situazione apparentemente meno preoccupante: gli sforamenti, nelle varie centraline dislocate nella regione non sono quasi mai più di 20 e, oramai al termine del 2017, il limite da non superare dei 35 sforamenti appare in molti casi abbastanza lontano.
Quindi i dati 2017 dell’ARPAM sembrerebbero confermare i buoni risultati in termini ambientali riportati dai capoluoghi marchigiani nel report di Legambiente.
Il condizionale è però d’obbligo, e cerchiamo ora di spiegarne il perché continuando ad analizzare i dati messi a disposizione dall’ARPAM.
Partiamo da un altro grafico, allegato ad una delibera della regione Marche (DGR 1282 del 10/09/2012): quello del numero degli sforamenti rilevati dalle centraline marchigiane nel 2011 (meno di sei anni fa, non un secolo). Ancona, Via Bocconi: 88 sforamenti!
Oggetto della delibera in questione era: provvedimenti contingenti 2012/2013 per la riduzione della concentrazione degli inquinanti nell’aria ambiente nel territorio dei Comuni di zona A (praticamente tutti i comuni regionali tranne quelli delle zone montane). Il provvedimento principale previsto fu il “democratico” blocco alla circolazione dei mezzi più vecchi (provvedimento che andava a colpire coloro che, con molte probabilità, non cambiavano l’auto non per mancanza di sensibilità ambientale ma per problemi di altro genere: ipotizzare una scarsezza di fondi sarebbe demagogico?). A sostegno della misura si osservava che (testuale dalla delibera):le centraline urbane da traffico, site nel territorio regionale, hanno sistematicamente registrato dati preoccupanti, per le polveri sottili, con l’eccezione di quella di Ascoli Piceno. In conclusione, per le polveri sottili, è pessima la qualità dell’aria nei dintorni delle centraline da traffico e pertanto nelle zone urbane attraversate da traffico intenso. Già nel primo semestre 2012 diverse centraline da traffico hanno registrato un numero di superamenti della concentrazione media giornaliera di polveri sottili superiore al consentito.
Nel 2013 la regione pianifica una razionalizzazione del sistema delle centraline, riducendone sostanzialmente il numero. La ratio del provvedimento era: si individuano le centraline che meglio descrivono le situazioni delle varie zone (sempre suddivise per tipologia: traffico urbano, fondo urbano e fondo rurale) e sui dati raccolti per loro tramite si caratterizzano tutti gli ambiti comunali presenti in regione. Sulla base di quella logica si spengono, tra le altre, le centraline di Ancona Torrette, Ancona via Bocconi e Montemarciano (che avevano rilevato più di 80 sforamenti), e quelle più vicine a noi, di Macerata Piazza della Vittoria, Civitanova via Pola e Porto Sant’Elpidio (tutte con valori ben maggiori ai 50 sforamenti, 57 a Civitanova). Il territorio della provincia di Macerata viene censito con dati reali (e non desunti) solamente tramite centraline poste in zona di “fondo urbano”: a Macerata quella di Collevario, che nel 2011 aveva segnalato 4 sforamenti, e a Civitanova, quella posta all’ippodromo con 0 sforamenti nel 2011 (ndr: visto che oggi sono queste le centraline funzionanti in provincia, da qui, probabilmente, deriva il terzo posto a livello nazionale di Macerata per i contenuti di PM10 nel rapporto 2017 di Legambiente).
Come detto prima, la norma regionale prevede che, per una valutazione sulla presenza di PM10 nell’aria delle zone urbane di Macerata, Civitanova, ma anche di Ancona o Falconara, bisogna riferirsi ai rilevamenti delle centraline superstiti poste nelle altre aree urbane della regione. E cosa emerge dalla lettura di quei rilevamenti? La risposta non è purtroppo univoca: se confrontiamo i dati del 2011 con quelli odierni o quelli degli scorsi anni vediamo evoluzioni differenti. Pesaro, nonostante le acclamate realizzazioni in ambito di mobilità ciclabile, non mostra miglioramenti sostanziali (38 sforamenti nel 2011, 27 in 10 mesi del 2017), mentre a Jesi è da evidenziare un netto calo degli sforamenti per il 2017 (65 nel 2011, 13 nel 2017) quando, invece, negli anni precedenti mostrava anch’essa una situazione sostanzialmente statica (sempre superiore ai 50 sforamenti). Quindi, quale è la qualità dell’aria di Macerata, o di Ancona, o di un’altra area urbana in cui non è installata una centralina? La stessa del 2011 come sembrerebbe certificare l’evoluzione dei dati rilevati a Pesaro? Oppure un’aria più pulita come mostrerebbe, e solo per questa parte di anno, l’andamento dei rilevamenti effettuati a Jesi?
Appare evidente che, ad oggi, nella regione Marche non ci sia una conoscenza della situazione delle concentrazioni di PM10 adeguata. Tutt’altro. Ci sono ampie aree scoperte da caratterizzare in maniera da poter mettere in campo, localmente, strategie di intervento capaci di incidere realmente sulla qualità dell’aria che respiriamo. La regione Marche ha già, almeno in parte, ammesso questa carenza, e ha deciso di installare una nuova centralina nell’area urbana di Ancona (anche se l’attesa della sua installazione sta perdurando da un po’ troppo tempo). Ma per la provincia di Macerata tutto tace. O, peggio, si minimizza, riducendo il tutto ad una becera contrapposizione tra tifoserie.
Come detto, il tema è importante: la cura della salute dei cittadini. Proprio per questo sarebbe bello poter raccontare di una politica che se ne fa carico mettendo in campo proposte e azioni coraggiose e innovative, azioni che molto spesso potrebbero consistere solamente in un utilizzo maggiormente appropriato delle stesse risorse attualmente utilizzate, senza insostenibili aumenti di spese nei bilanci comunali e regionali. Le Marche ed i suoi territori, vista la conformazione particolare costruita su città quasi mai troppo grandi, potrebbero diventare facilmente un laboratorio in cui sperimentare interventi importanti anche perché costruiti in rete, trasformandosi, una volta tanto, in un’avanguardia nazionale nel campo della lotta alle PM10.
Ma oggi così non è. E mettersi a fare la danza della pioggia nei periodi di siccità, o prendersela con la natura matrigna dopo qualche provvedimento imposto da lontano non è più accettabile. Muoviamoci, ma in maniera sostenibile.
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