Potenza Picena, la lettera di Maria Dina al papà di fine '800: "Felice quel paese che non avrà da premiare eroi di guerra"
Maria Dina Zanfardino, residente a Porto Potenza, oggi compie 87 anni e con l’occasione abbiamo voluto pubblicare una sua lettera dedicata al padre, di profondissima attualità. Prima di entrare nel vivo di quest’ultima vale la pena citare brevemente l'excursus biografico di Maria Dina: Assistente Sociale per il Ministero nelle periferie partenopee. Successivamente, con l’istituzione della Regione Campania, ha assunto la direzione dell’ufficio minori, dell’imprenditoria giovanile e dell’emergenza post-terremoto. In seguito, ha lavorato stabilmente nell’ufficio UE. Durante questo periodo, ha anche affrontato situazioni di emergenza legate ai terremoti, collaborato al Trattato di Istanbul sulla violenza domestica e contro le donne, partecipato al decennio della donna per l’ “Uguaglianza, Sviluppo e Pace” negli anni '90.
Dopo il pensionamento, ha continuato a lavorare come volontaria per l’UE, concentrandosi sugli approcci ai Paesi emergenti. Inoltre, da sempre, ha coltivato e insegnato filosofia e la pratica yoga, condotto ricerche sulla flora mediterranea e la lava vulcanica vesuviana per creazioni artistiche e artigianali. Durante la sua carriera, ha avuto l’opportunità di incontrare molte personalità di spicco professionale e spirituale tra cui: il premio Nobel Rita Levi-Montalcini, Indira Gandhi, Grace di Monaco, Diana d’Inghilterra, Lina Wertmuller, il guro Komeko e il guro Barski, il presidente Pertini e molti altri.
La lettera di Maria Dina Zanfardino, intitolata “Lettera ad un papà di fine ‘800”, è stata scritta qualche tempo fa dopo che, un giorno, avvolte in una carta velina ingiallita, ha ritrovato le medaglie del padre Luigi, un uomo del 1899 la cui anagrafica e il cui percorso di vita l’hanno costretto a vivere entrambe le guerre mondiali. E’ un frammento di vita che si snoda tra le pieghe della storia familiare e le trame più ampie e universali di un profondo senso dell’umanità.
Le guerre mondiali, quei conflitti che hanno segnato la storia- e la continuano drammaticamente a segnare- con ferite profonde, sono riflesse nelle medaglie. Quest’ultime sono simboli di onore e sacrificio, ma anche di dolore e perdita: la guerra non è mai da glorificare.
Lettera ad un papà di fine 800
«Caro papà,
avvolte in una velina ingiallita, di colore indefinito, con i nastri sbiaditi dal tempo ed il metallo opaco, ho trovato papà, le tue medaglie.
Le ho tenute tra le mani a lungo, accarezzandole con emozione e gratitudine, ricordando quel giorno importante: in casa c’era aria di gran festa, nella tua caserma un gran movimento, come nella piazzetta di Positano, dove qualcuno aveva tenuto un discorso accompagnato dalla banda musicale parata a festa, per l’occasione. Quel giorno indossavi, ricordo, una divisa diversa, certamente con bottoni dorati. Tutto questo perché, come aveva detto il nonno, ti avrebbero dato una medaglia.
Ero convalescente e molto debole, per cui provavo disagio per tanta straordinaria confusione; per questo quando mi prendesti per mano per avviarci verso casa mi sentii rinfrancata ed osservando la medaglia che portavi sul petto, ti feci quella domanda: “Perché te l’hanno data papà?” “Perché tuo padre è un uomo di valore!” ribatté deciso il nonno, volgendomi uno sguardo un po' di rimprovero.
Tu lo ringraziasti con il linguaggio d’altri tempi, con cui abitualmente ti rivolgevi a tuo suocero. A me sorridesti appena, stringendomi la mano, come per rassicurarmi. Fu allora che con quella sottile sensibilità di bambina percepii chiaramente la tua inespressa profonda tristezza; più tardi a casa, te ne chiesi la ragione, non so più con quali parole, ma ciò che mi dicesti tu, papà, mi è rimasto nel cuore per sempre!
“Non posso spiegarti, è troppo difficile, sei troppo piccola, non puoi capire, ma la guerra, Dina, è una cosa brutta per davvero brutta, ma troppo troppo troppo brutta” e poi prendendomi sulle ginocchia aggiungesti: “Felice quel Paese che non avrà mai da distribuire medaglie, da premiare o commemorare eroi di guerra!”.
Non ci fu altro, mi abbracciasti accarezzandomi i capelli ed io mi addormentai sulla tua spalla senza dirti niente, però compresi! Capii il tuo grande messaggio, papà! Non seppi dirtelo, né allora, né mai, ma sempre l’ho avuto in mente, è stata la guida più preziosa della mia vita, l’ho raccolta, l’ho coltivata, mi ha accompagnato in ogni momento! Ho cercato di trasmetterla ai tuoi nipoti, lo sto facendo oggi con i miei.
Grazie, grazie, ed ancora grazie, mio splendido meraviglioso carissimo papà.
E’ certamente fuori tempo questa lettera, mai giunta a mio papà; ma il messaggio di Lui è assolutamente vero e purtroppo terribilmente attuale! Ritengo tuttavia che vi si riconosceranno tanti, tanti tantissimi papà!
A ciascuno di essi, oggi, singolarmente la invio, ringraziandoli ad uno ad a uno e ….. con molto, moltissimo ritardo, anche al mio papà!
Luigi Zanfardino era un ragazzo del 1899, visse due terribili guerre, morì a Napoli nel 1993 a 94 anni; ed io,la figlia Dina, ne compio appena …. 87! »
Le parole di Luigi, ricordate da Maria Dina, arrivano così fino ai nostri giorni con un messaggio di stringente attualità che oltrepassa ogni epoca e sembra unirsi coralmente all’incipit di uno dei romanzi più importanti della letteratura italiana: “La Storia è uno scandalo che dura da diecimila anni” (Elsa Morante).
È uno “scandalo” di vite spezzate, di speranze infrante, di resilienza e amore. Le medaglie di Luigi sono testimoni di questo drammatico scenario e allo stesso tempo portatrici di una verità che continua a tramandarsi e a rinnovarsi attraverso lo "Strumento Umano" più potente che ha a disposizione l'essere umano: la parola. A noi abitanti del presente non rimane che il compito della redenzione attraverso il riscatto delle vite passate, di vita in vita.
Commenti