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Pieve Torina, ad un anno dal sisma l'emozionante testimonianza di un corrispondente locale

Pieve Torina, ad un anno dal sisma l'emozionante testimonianza di un corrispondente locale

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un cittadino dell'entroterra maceratese, corrispondente locale per un organo di stampa, ad un anno dagli eventi sismici dell'ottobre 2016.

"Un anno è passato da quel 26 ottobre 2016, una data che è entrata dentro ognuno di noi come se fosse entrata in guerra la nostra Nazione. La nostra gente era abituata a parlare di terremoti dopo l’esperienza del sisma Marche – Umbria del 1997: oramai era un argomento che non destava più particolare preoccupazione, neanche con il terremoto del 24 agosto 2016. Ed invece quel 26 ottobre cambiò la vita di tutti noi facendo cadere molte delle nostre certezze: la scossa fu talmente forte da sembrare un bomba gettata dall’alto da un aereo.

Eravamo tutti nelle nostre case, chissà in quanti hanno avuto il timore di morire visto l’intensità del sisma. Quella notte sono scappato dalla casa e subito furono urla di disperazione e paura: di mia madre, dei miei vicini di casa. Vedere ed ascoltare tutto questo è stato straziante: non posso dimenticare neanche le urla di ragazzine adolescenti che per lo choc si sono buttate a terra battendo i pugni sul suolo.

A Pieve Torina, come negli altri paesi limitrofi del cratere, passammo tutti la notte fuori all’interno delle nostre auto connessi ai cellulari e alle autoradio per capire la dimensione di quanto accaduto, per conoscere le evoluzioni di una situazione spaventosa ma non chiara. Abbiamo provato sentimenti di angoscia, di rabbia, di spavento venendo a conoscenza dei gravi crolli, di ansia ipotizzando la presenza vittime. Per fortuna quest’ultime non ci sono state.

Passare la notte in auto non fu affatto comodo soprattutto in quella fredda notte di ottobre: in quanti siamo rientrati nelle case gravemente danneggiante per procurare cuscini, coperte, acqua! Io stesso, non sapendo cosa poteva aspettarmi, sono rientrato per procurare a mia madre i necessari medicinali. Non volevo rientrare ma non ho potuto cedere alla paura. Chissà quanti come me.

Era notte e osservando i volti tristi e spaventanti della nostra gente già capivo che questo terremoto non sarebbe stato affatto uguale a quello del 1997. La mattina dopo, quando ci svegliammo, fu un colpo al cuore perché con la luce del giorno avemmo la conferma di ciò che non avremmo voluto mai vedere: i crolli ed i gravi danni che avevano subito le nostre case. Eravamo tutti disorientati: non sapevamo quello che ci avrebbe aspettato e quale sarebbe stato il nostro futuro.

I sindaci del cratere comunicarono subito ai propri cittadini la possibilità di dormire nelle strutture di emergenza preparate dagli stessi Comuni nonché la possibilità di alloggiare negli hotel del basso maceratese e della costa adriatica. Io fui tra quelli che scelse la seconda opzione. Finalmente potevamo dormire al coperto dentro un letto e con i servizi necessari, una sola notte di paura e scomodità era bastata a sfinirci ma rimaneva sempre nei nostri pensieri il fatto di dover affrontare i giorni a seguire: cosa ne sarebbe stato del nostro futuro e di quello dei nostri piccoli paesi?

Eravamo tutti preoccupati ed ancora in preda allo shock ma tra terremotati abbiamo sempre cercato di farci coraggio per affrontare al meglio ogni problema, ogni paura senza essere soli. Ci siamo confidati per avere un po’ di speranza e tanto, spesso, è bastato a consolarci. Nei nostri paesi e nella costa adriatica furono preparate postazioni di emergenza da parte della Protezione Civile e delle associazioni di soccorso volontario: l’intento è stato quello di non farci mancare nulla, compresa una parola di conforto. Stessa cosa, per la mia esperienza, posso dire degli albergatori che si sono svegliati nel cuore della notte per preparare gli alloggi per migliaia di persone in arrivo. I terremotati dell’Alto Maceratese, in attesa di risposte da parte delle Istituzioni, non si sono mai dati per vinti anche dando vita ad associazioni, una delle più note è “Io non crollo” composta da molti giovani camerti.

“Io non crollo” ha provveduto a raccogliere beni di prima necessità, alle attività di recupero beni presso le abitazioni, al supporto logistico. Non dimentichiamo neanche ESN AURE Camerino, associazione che già esisteva da molto tempo prima del sisma di ottobre 2016 che tutt’ora si occupa dell’accoglienza e dell’integrazione degli studenti Erasmus nonché degli studenti internazionali. ESN AURE è composta da giovani non camerti che, durante l’emergenza terremoto, non hanno esitato a dare il loro supporto agli studenti e ad aiutarli ad ottenere le informazioni necessarie comunicate dalle Istituzioni e dalle Università.

E grande combattente è stata l’Università degli Studi di Camerino grazie al lavoro svolto dal Rettore Emerito Flavio Corradini e dal suo team: è stata garantita la continuità didattica e non è mai mancato  supporto agli studenti. L’hashtag #ilfuturononcrolla è la conferma social del loro impegno. A breve dovrebbe essere pronto il nuovo campus e questa è la dimostrazione che la voglia di reagire c’è e la possibilità di operare e fare pure. Presenti anche i nostri compaesani residenti in Italia e all’Estero che hanno fatto delle donazioni tramite bonifici ai conti correnti dei Comuni del cratere pur di veder risorgere i nostri paesi, parte di quell’Italia che continuano ad amare da lontano.

I Sindaci, poi, sono degli ufficiali in prima linea nella trincea del fronte terremoto: hanno lavorato e stanno lavorando giorno e notte per far rinascere i paesi e per far tornare i loro concittadini nelle proprie terre. Per i Sindaci non è mai stato facile affrontare i granitici ostacoli della burocrazia e non lo è tutt’ora ad esempio in materia di installazione di casette SAE e di ricostruzione delle case inagibili, oggi che le richieste dei cittadini si fanno sempre più pressanti, oggi che non vogliamo più saperne dei complicati meccanismi della burocrazia e vogliamo risposte certe ed immediate. Tra tutti i cittadini proprietari delle case inagibili livello B che non possono fare richiesta di casette SAE, che hanno presentato i progetti di restauro ma ancora non sanno quando partiranno i lavori.

Ai Sindaci del cratere va la nostra ammirazione perché nonostante la situazione difficile hanno seguito, e seguono, le procedure stabilite dai canali istituzionali pur non stancandosi mai di chiedere più poteri e più autonomia nella gestione nei propri territori. I nostri Sindaci, disponibili ad accettare anche la figura di un Commissario Straordinario che svolga funzioni di coordinamento ma che ribadiscono di aver bisogno di piena libertà di azione in materia di ricostruzione e nella gestione dei territori da loro amministrati.

Come già accennato molti cittadini, non avendo risposte certe, già a distanza di pochi mesi dal sisma, hanno dato vita a comitati spontanei in modo da dar voce più facilmente alle istanze ed alle esigenze dei terremotati non risparmiandosi nelle proposte ai Sindaci e alle Istituzioni su come affrontare, e risolvere, le problematiche del terremoto. I Sindaci hanno apprezzato, ed apprezzano, le iniziative dei comitati, necessarie per ampliare e consolidare la conoscenza delle esperienze e per capire meglio come affrontare i problemi ma da sempre, tutti, mantengono ferma un preciso dettame: a condizione che i comitati non scavalchino nell’eccesso e nella strumentalizzazione mirando a sostituirsi alle amministrazioni competenti.

Il rischio è noto: i comitati hanno fatto delle buone proposte coinvolgendo le Istituzioni sono portavoce del pensiero, delle paure, delle angosce e delle speranze ma alcuni di essi (per fortuna pochi) sembrano creati al solo scopo di realizzare interessi di singoli e non quelli di una collettività privata, in pochi secondi, di elementi essenziali di vita.

Ma tra i veri “eroi” del terremoto vanno giustamente considerati loro: i commercianti (basti pensare al Vecchio Mulino e al Forno Pascoli di Pieve Torina che non hanno chiuso un solo giorno), e gli allevatori che, nonostante i crolli, la solitudine, il freddo, la neve ed ogni condizione avversa immaginabile non hanno abbandonato le loro terre continuando a lavorare e a garantire non solo il servizio e l’offerta ma soprattutto la loro presenza continua nel territorio. Grazie a loro per non averci abbandonato e per non aver desistito, nonostante tutto.

E nella cronaca di quanto accaduto va certamente evidenziata la mancanza di risposte certe da parte delle Istituzioni e le gravi e non trascurabili conseguenze nelle comunità terremotate. Questa mancanza di chiarezza ed il loro temporeggiare va annoverata, senza dubbio, tra le maggiori cause di quella “guerra tra poveri” che ha più volte stremato i terremotati suddivisi in due distinte “fazioni”: quelli rimasti nei paesi distrutti e quelli alloggiati negli hotel. Una guerra continuata nel momento in cui la Protezione Civile ha effettuato i trasferimenti degli sfollati presso altre strutture recettive per fare spazio ai turisti. Nulla di peggio per le nostre comunità martoriate.

Una guerra che invece vogliamo tutti combattere è quella contro coloro che hanno mirato ad arricchirsi sulle spalle della disgrazia di noi terremotati, coloro che, ad esempio, hanno richiesto ed ottenuto il contributo di autonoma sistemazione senza averne alcun diritto. Grazie agli inquirenti ed alle loro indagini che continuano a smascherare sempre nuovi casi di “furbetti del sisma”.

E quanto sopra per condividere che qualsiasi disgrazia che colpisca il proprio paese, una calamità naturale, un’epidemia o una guerra, dovrebbe principalmente insegnare ad ognuno di noi che la forza vera è data dalla collettività: dalla capacità di darsi da fare e soprattutto di restare uniti per risollevare il proprio destino e quello delle proprie terre. Ma a volte, soprattutto quando raccolgo le riflessioni di coloro che con me condividono questo destino, penso che forse neanche questo forte terremoto è riuscito a scuoterci. In una situazione come quella che stiamo passando è giusto protestare evidenziando cosa non va ma nello stesso tempo occorre essere propositivi, attivi e fattivi: facendo proposte concrete, anche se piccole, proponendosi con fare pratico, condividendo e smussando ogni nostra spigolatura verso l’obiettivo comune; diversamente si rischia di fare del populismo che già ha portato dei precedenti pericolosi, già confermati dalla storia.

Quando si affronta un’esperienza come il terremoto, oltre ad avere un aiuto materiale e psicologico, è necessario avere anche un aiuto spirituale, ruolo che nelle nostre terre è svolto dalle parrocchie. Ma qualche parroco è stato assente ed i terremotati, che sicuramente non avrebbero chiesto ai loro parroci di risolvere questioni relative alla ricostruzione, nel loro essere sfollati, perduti e soli, avrebbero certamente giovato del conforto dei loro sacerdoti.

È passato un anno da quel maledetto 26 ottobre 2016, la nostra vita è cambiata, i nostri animi sono cambiati. Molti paesi non saranno più quelli di prima e con alta probabilità molte frazioni non ci saranno più. Molti abitanti dei nostri paesi hanno deciso di non tornare più per paura e per stanchezza, per mancanza di risposte e di certezze, ma tanti altri hanno deciso di tornare per provare a far rinascere le nostre terre nonostante le difficoltà ed grandi sacrifici che ci aspettano. Il primo gradino di questa rinascita è la consegna delle casette SAE già completata dal Comune di Fiastra e ancora in fase di esecuzione nel Comune di Pieve Torina. Mi viene in mente una frase del vescovo del terremoto del Friuli del 1976 S.E Alfredo Battisti, arcivescovo di Udine, il quale pronunciò la frase che divenne lo slogan della ricostruzione: “Prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese”.

Con il terremoto 2016, sullo stesso piano delle fabbriche, vorrei potessero esserci tutte le scuole: la prima vera pietra della ricostruzione, il primo investimento per il futuro. Come a Pieve Torina, dove i ragazzi delle scuole elementari e medie, che svolgono attualmente le attività didattiche all’interno di un container messo a disposizione dal Comune, entreranno presto nella nuova scuola, ora in costruzione e presto pronta, donata da un gruppo di imprenditori senigalliesi grazie al progetto “Succisa Virescit”. Scuola fortemente voluta dal Sindaco e da tutta la comunità.

Le nostre terre hanno affrontato così tante difficoltà, la storia lo racconta, e nonostante tutto hanno ricominciato a vivere: per quale motivo i nostri paesi non dovrebbero prendere spunto dagli errori del passato per rinascere e riprendersi anche questa volta?"

Picchio News
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