Giorni caldi nel settore del gioco d'azzardo. Un paio di settimane dopo l'incoronazione di Qui Nguyen a re del poker nel suggestivo scenario di Las Vegas, l'Italia si interroga sul futuro del settore gambling. Sul tavolo una nuova proposta per aiutare il controllo dei casi patologici, combattere il gioco illegale e non intaccare in maniera eccessiva gli introiti statali.
Sono questi i punti principali dell'idea presentata dal sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta alla Conferenza Unificata. Il riordino del gioco pubblico passa per un modernizzamento del settore azzardo, andando a colpire soprattutto le piccole case da gioco e le slot machine installate in alberghi e ristoranti. L'obiettivo, dichiarato dallo stesso sottosegretario, è risanare il gambling con una ridistribuzione più razionale sul territorio italiano. L'attuale frammentazione data dalla presenza di numerose aziende porta il settore ad avere una concorrenza feroce e a necessitare una quantità elevata di macchinette. Un problema che si vuole eliminare arrivando alla creazione di un'unica società di gestione, che possa garantire allo Stato il mantenimento dei quasi 9 miliardi di euro erariali ma limitare la proliferazione del fenomeno. Non sarà semplice riuscire a creare una legislazione ad hoc, anche per i problemi derivanti dalle sentenze giuridiche.
Ha fatto scalpore infatti la sentenza del Tar di Bolzano, intervenuta dopo la legge comunale del 2011 con cui si mettevano forti limitazioni al gioco d'azzardo. La decisione del tribunale ha di fatto riaperto a una maggiore libertà, ricordando che non si può impedire l'erogazione del gioco legale su territorio comunale. A questo punto è evidente che gli stessi comuni aspettano solo una presa di posizione più chiara da parte del governo, finora ancora in bilico tra i movimenti no slot e la certezza di guadagni importanti. Una legge specifica è richiesta dagli stessi gestori, i quali spesso devono attendere anni prima di capire l'esito dei vari ricorsi e quindi la possibilità o meno di applicare le leggi regionali. Lombardia e Emilia Romagna sembrano essere due regioni interessate a contrastare il fenomeno della ludopatia, con Roma pronta a seguire l'esempio. Da Roma deve però arrivare un segnale decisivo, che finora è atteso invano. Un tentennamento che ha portato a riaprire la questione in Lombardia, dove lo Stato rischia di perdere sui 2,5 miliardi di euro all'anno.
Ricapitolando la situazione attuale, la legge di stabilità 2016 ha fissato a 10.000 il tetto massimo delle sale che possono essere aperte in Italia. Uno sproposito, se si pensa che attualmente ne esistono solo la metà. D'altra parte però è stata disposta una riduzione del 30% delle AWP, che possono cambiare soltanto con upgrade tecnologico. Una scelta che ben si sposa con la decisione di concedere meno spazio alle pubblicità di aziende di gambling, così come la riduzione di apparecchi in alberghi, edicole e ristoranti. L'offerta del gioco pubblico verrà quindi diminuita in modo progressivo, senza intervenire con irruenza. La proposta del sottosegretario Baretta lavora in questa direzione, consapevole dei limiti che avrebbe un intervento a pugno duro.
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