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Donne, oltre la divisa c'è di più: il volto femminile dello Stato si racconta per l'8 marzo (FOTO)

Donne, oltre la divisa c'è di più: il volto femminile dello Stato si racconta per l'8 marzo (FOTO)

L’8 marzo non è solo una ricorrenza, ma un’occasione per riflettere sulle conquiste delle donne e sulle sfide ancora da affrontare. Nella Giornata internazionale della donna, abbiamo raccolto le testimonianze di sei donne che ogni giorno indossano la divisa, servendo con passione e dedizione nelle forze dell’ordine. Storie diverse, ma accomunate dalla determinazione e dal desiderio di contribuire alla sicurezza e alla giustizia della nostra società.

Patrizia Peroni, primo dirigente dell'Anticrimine di Macerata 

Dopo una lunga carriera nella Polizia di Stato, Patrizia Peroni è oggi a capo dell’anticrimine di Macerata. Laureata in Giurisprudenza all’Università di Macerata, ha conseguito un master in Criminologia con una tesi sulla sicurezza delle donne nelle grandi città.

Cosa l'ha spinta a specializzarsi in Criminologia e a dedicarsi al contrasto della criminalità?

"Il nostro percorso da poliziotti ci porta naturalmente verso la criminologia. Inizialmente volevo diventare magistrato, ma una volta vinto il concorso da commissario, ho capito che la Polizia di Stato era la mia strada. Ho sempre avuto una forte passione per la cronaca nera e giudiziaria. Nel mio lavoro mi sono occupata di indagini delicate, come i reati contro i minori, e la criminologia è stata un’evoluzione naturale del mio percorso".

La sua esperienza a Milano le ha permesso di approfondire il tema della sicurezza delle donne: "Le grandi città non sono sempre ugualmente abitabili per uomini e donne. Una città più illuminata e sicura permette alle donne di avere maggiori opportunità lavorative e ridurre il gender gap. Più donne vivono la città, più questa diventa sicura per tutti".

Ha mai dovuto affrontare difficoltà legate al fatto di essere donna in un ambiente prevalentemente maschile?

"Forse ho dovuto dimostrare più degli uomini per affermarmi, ma una volta superato un primo periodo di studio da parte dei colleghi, ho sempre ricevuto rispetto. La Polizia di Stato ha dato spazio alle donne da tempo e oggi abbiamo tante donne nei ruoli apicali".

Cosa significa per lei celebrare l'8 marzo in divisa?

"Significa ricordare i sacrifici fatti per arrivare fin qui. Non è una festa, ma un’occasione per riflettere sulle conquiste e sulle disuguaglianze ancora esistenti. Non dobbiamo fare battaglie divisive, ma lavorare insieme per un futuro più equo".

Lucia Soldini, vigile del fuoco

Lucia Soldini ha sempre sognato di entrare nei vigili del fuoco. Nel 2016, già madre di due figli, ha deciso di affrontare il concorso nazionale per realizzare il suo sogno.

Com’è conciliare il lavoro con la famiglia?

"Come tutte le mamme, devo organizzare bene la giornata. Quando si va al lavoro, si stacca la 'batteria famiglia' e si attiva quella professionale".

Ha mai affrontato difficoltà per essere donna in un ambiente maschile?

"Non con i colleghi, ma nel dover apprendere compiti tradizionalmente considerati maschili. Mi piace imparare a usare attrezzature come la motosega o intervenire nei soccorsi: è una sfida che affronto con curiosità".

Cosa significa per lei celebrare l'8 marzo in divisa?

"È un giorno per ricordare il valore della donna e dell’uomo, due ruoli diversi ma complementari".

Serena D’Alonzo, maresciallo capo della Guardia di Finanza di Macerata

Cosa l’ha spinta a intraprendere questa carriera?

"Condivido i valori delle istituzioni militari: ordine, rispetto delle leggi, lealtà e amore per il Paese".

Esistono pari opportunità tra uomini e donne nel suo settore?

"Assolutamente sì. Le possibilità di carriera sono le stesse per tutti. La predominanza maschile è una questione di numeri, non di genere".

Cosa significa per lei celebrare l'8 marzo in divisa?

"Ricorda l’importanza della parità di genere anche nelle forze armate, sottolineando il ruolo delle donne nella tutela della collettività".

Giorgia Melillo, maresciallo dei Carabinieri e comandante della Stazione di Fiastra

Cosa l’ha spinta a entrare nell’Arma?

"Un fuoco interiore che non si può spiegare. Non ho parenti carabinieri, ma ho sentito dentro di me questa vocazione".

Ha mai affrontato difficoltà nel suo percorso?

"A volte noi donne dobbiamo correre un po’ più veloci per dimostrare il nostro valore. Ma l’Arma ha saputo integrare le donne in tutti i ruoli e settori".

E con i cittadini?

"All’inizio qualcuno può rimanere sorpreso, soprattutto nei piccoli centri. Ma quando capiscono che rappresenti un’istituzione e sei lì per aiutarli, ogni pregiudizio svanisce".

Cosa rispondi all'antico stereotipo secondo il quale le donne non sanno guidare?

"Ho conseguito la patente militare per guidare anche la motoslitta, visto che opero anche a Bolognola, quindi in un territorio montano. È stata un’opportunità per avere un accesso diretto alle piste. Qualsiasi cosa sia etichettata da maschio è superata nel momento in cui uno si sente di poterlo e di volerlo fare. Credo che non ci sia nessun limite all’istinto e alla passione".

Trascorrere l’8 marzo in divisa cosa significa per te?

"Poter dare, come tutti i giorni, l’immagine che noi donne possiamo ottenere qualsiasi tipo di successo personale. Per me, l’onore di vestire questa uniforme significa dare un esempio a tutte le donne che aspirano a fare qualsiasi cosa in diversi ambiti, dallo sport, al lavoro, alla vita privata".

Ilaria Ferranti e Maria Pia Marocchella, sostitute commissario della Polizia Locale

Cosa vi ha spinte a entrare nella Polizia Locale?

Ferranti: "Sin da giovane ho sentito il desiderio di mettermi al servizio della comunità. La Polizia Locale offre un contatto diretto con i cittadini, permettendoci di garantire sicurezza e rispetto delle regole".

Marocchella: "Per me è stata una scelta dettata dalla voglia di lavorare per il bene comune. Essere vicini alla gente significa anche saper ascoltare e intervenire nei momenti di difficoltà".

Avete mai dovuto affrontare difficoltà legate al fatto di essere donna in un ambiente prevalentemente maschile?

Ferranti: "Nel tempo questa situazione è migliorata molto. Quando sono entrata era un ambiente completamente maschile e non è stato facile. Non dico che non mi sentivo accettata, ma qualche differenza di genere la notavo. Nel tempo, anche grazie alla mia personalità e al mio carattere forte, sono riuscita ad affrontare al meglio ogni situazione lavorativa. Oggi questa diversità c’è meno e si sta andando verso una soluzione ideale". 

Marocchella: "Concordo con la collega. Inizialmente, oltre all’ambiente lavorativo c’era anche un po’ di scetticismo da parte della cittadinanza nei confronti di una vigilessa donna. La cosa bella è stata farli ricredere, fino a ricevere diversi complimenti".

Cosa significa per voi celebrare l’8 marzo in divisa?

Ferranti: "È un riconoscimento formale per quello che le donne fanno tutto l’anno. Credo che tutti i giorni siano importanti e che non sia l’8 marzo a fare la differenza. In passato ci sono stati giorni rilevanti da ricordare. Oggi la vedo un più come come una giornata commerciale, che socialmente importante come in passato" .

Marocchella: "Se l’8 marzo serve per ricordare ciò è accaduto in passato e far sì che non accada più va benissimo, ma va fatto anche negli altri giorni. Anche io credo sia più legato a un discorso commerciale, spero che venga vissuto per ricordare il passato e migliorare il presente".

Indossare una divisa l’8 marzo significa più che mai ricordare il cammino percorso dalle donne per affermarsi in ruoli storicamente maschili. Come ha detto Patrizia Peroni, "non è una festa, ma un momento per riflettere su ciò che abbiamo conquistato e su quanto ancora c’è da fare". Le storie di queste donne dimostrano che la passione, la competenza e la determinazione non hanno genere, ma solo la voglia di fare la differenza ogni giorno.

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