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Camerino e il "tour" nella zona rossa, l'avvocato Gamberoni: "Non esiste una sola verità, ma un solo dolore"

Camerino e il "tour" nella zona rossa, l'avvocato Gamberoni: "Non esiste una sola verità, ma un solo dolore"

Dall'avvocato Antonella Gamberoni di Camerino riceviamo alcune riflessioni sulla polemica nata a seguito della decisione di consentire a un gruppo di camperisti in occasione della Giornata del Plein Air, la visita in zona rossa

L’apertura di un altro spicchio, stavolta importante, della nostra amata città, mi ha indotto a molte riflessioni che hanno riempito il mio tempo “immobile” a causa dell’incidente che mi ha coinvolto.

Prima di tutto vorrei ringraziare quelli che instancabilmente dal 26 ottobre – anzi dal 24 agosto -tra mille problemi ed emergenze, nel bene e nel male, sempre in buona fede, superando ostacoli, cozzando contro muri di gomma e regole inutili, sperimentando l’irritazione di cittadini comprensibilmente esasperati, hanno comunque lavorato e si sono impegnati senza mai rinunciare a vedere una luce in fondo al tunnel.

Grazie, all’Amministrazione Comunale, dunque, ai tecnici, ai Vigili del Fuoco, agli Alpini, agli operai, alla Polizia Municipale, grazie a tutti…

La riapertura di piazza San Domenico ha prodotto in me proprio questo effetto… ho intravisto uno spiraglio di luce… pezzetto dopo pezzetto riguadagneremo Camerino, ci vorrà molto tempo, ma è possibile.

Ed ogni pezzetto guadagnato va festeggiato, celebrato, è una medaglia al petto di tutti.

Di quelli che hanno lavorato perché ciò avvenisse, di quelli che sono dovuti scappare in ciabatte, di quelli che da quella notte non hanno più potuto vedere la loro città, di quelli che hanno sopportato la lontananza, di quelli che hanno dormito mesi in roulotte o nei garage perché non la sopportavano, di quelli che riescono a pazientare, di quelli che non ci riescono e si lamentano dei ritardi, di quelli che con la disperazione dentro hanno reagito, di quelli che invece per disperazione sono fuggiti, di chi nel dramma ha tirato fuori il meglio di sé e di chi nel dramma ha tirato fuori il peggio.

Camerino è la nostra città, è casa nostra, l’amiamo infinitamente, qualche volta l’abbiamo anche odiata, però essendo casa nostra ci ha accolto e ci accoglierà tutti, nonostante tutto.

Credo non sia successo solo a me, specialmente nei primi tempi, di scoprirsi a salutare con entusiasmo persone che prima si ritenevano semplici conoscenti, a parlare con familiarità con persone con le quali non si era mai parlato, ad essere solidale con tutti ed a ricevere solidarietà da tutti. Quello che è successo ci ha unito, ci ha restituito un forte senso di appartenenza che Camerino custodisce.

A questo punto ho fatto la prima associazione di idee e ho ripensato a Gemona del Friuli, che ho visitato quest’estate.

Anche a Gemona mi sono sentita accolta. Era concreta e palpabile l’esistenza di un legame che mi univa alle persone che incontravo… ci si capiva con uno sguardo, non era necessario spiegare, loro “sapevano”, avevano vissuto la medesima esperienza, comprendevano ed esprimevano la medesima solidarietà che sperimentavo tra di noi. Visitare Gemona mi ha aperto il cuore un po’ come la notizia dell’apertura di piazza dei Costanti. Tutta ricostruita dopo la devastazione è una città che porta con fierezza le cicatrici della tragedia che ha vissuto. Senza alcun pudore, anzi, facendone una ragione della propria rinnovata esistenza.

Nel centro storico si entra gratuitamente in un edificio che ospita una sorta di museo del terremoto. Un racconto della tragedia e della sofferenza. Una celebrazione delle forze messe in campo per rinascere. Fotografie della devastazione affiancate a quelle della ricostruzione. Il prima e il dopo a confronto con tanto di teche che custodiscono macerie di quaranta anni fa. Tra quelle macerie si osservano ancora oggi i segni della vita che ospitavano: bambole impolverate ed altri oggetti familiari. Ovunque si legge “Gemona non dimentica”.

Macabro? No, in realtà entrando in quel luogo si provano emozioni diverse: disperazione, speranza, consapevolezza…. sì… consapevolezza.

I friulani hanno fatto dei loro paesi ricostruiti dei veri e propri monumenti alla memoria. Passeggiando tra le vie e parlando con la gente capisci che il terremoto è una presenza costante nella vita di ognuno, è come se tutti avessero vissuto quella drammatica esperienza, anche chi nel 1976 non c’era. L’aver tenuto così alta la memoria fa sì che ancora oggi ringraziano per gli aiuti e la solidarietà ricevuta, ma soprattutto ha consentito loro di imparare a convivere con il terremoto e con il rischio sismico. Tutti sono consapevoli che tale responsabile convivenza è il primo presupposto per l’esistenza dei loro paesi. La consapevolezza. E qui la seconda associazione di idee.

Camerino è comune arancione, il TCI credo e l’Associazione Paesi Bandiera Arancione, hanno ritenuto di consentire il mantenimento della qualifica anche dopo il sisma, probabilmente nonostante l’attuale assenza dei requisiti necessari che suo tempo furono riconosciuti esistenti.

L’ultimo week end di questo mese, dunque, si svolgerà la festa del plen air, ospitata con grande successo gli anni scorsi grazie ad un’area sosta camper efficiente e molto apprezzata nell’ambiente e sulla stampa specialistica.

Il programma prevede per un gruppo di massimo 40 persone la possibilità di entrare in zona rossa e visitare la città terremotata.

Questa possibilità ha scatenato partecipate e coinvolgenti discussioni che ci hanno portato sulla cronaca nazionale. Si è parlato di turismo macabro e di violazione della sensibilità dei proprietari di quelle case danneggiate, pezzi della città sospesa interdetta a tutti. Leggendo le accese discussioni sul web ho provato emozioni contrastanti. Mille pensieri mi frullavano in testa… in realtà molti da quando ho visitato Gemona. Non posso nascondere che una prima istintiva reazione mi ha portato a condividere alcune perplessità... ma i pensieri erano sempre più confusi.

Poi ho ripensato ai miei accessi in zona rossa sia per il recupero beni, sia per mostrare la mia Camerino a giornalisti, colleghi rappresentanti di istituzioni e ad altri. Ho sempre vissuto come un privilegio essere potuta entrare, e dopo ogni volta mi sono disperata per la desolazione.

L’ultima volta che sono entrata in zona rossa, però, è stato diverso. Ho accompagnato due gruppi di ragazzi, rover e scolte di diverse parti d’Italia, che partecipavano ad una route nazionale organizzata sui luoghi del sisma. Venti ragazzi ogni volta, in uniforme scout e con il caschetto, hanno ascoltato in silenzio osservando interessati. Il consigliere comunale Leo Marucci ha accompagnato i gruppi per la visita. Leo aveva studiato per l’occasione un percorso in sicurezza che sì è snodato per le vie principali della città e durante il quale ha spiegato come si viveva Camerino prima del terremoto, cosa è successo quella notte e le difficoltà incontrate, ha mostrato monumenti, angoli e paesaggi caratteristici laddove potevano essere ammirati, ed ha raccontato quelli che non si potevano vedere, ha illustrato le ferite inferte agli immobili analizzando diverse tipologie di lesioni, ha spiegato il tipo di danno che gli immobili avevano avuto, ha raccontato del rischio sismico e di come si può convivere con esso.

Ho notato dalle domande dei ragazzi che avevano perfettamente compreso. Tutti hanno lasciato la città molto colpiti e con una diversa consapevolezza.

Consapevolezza. Il mosaico dei miei pensieri si è ricomposto.

Per quanto doloroso non possiamo e non dobbiamo impedire che sia fatta divulgazione degli effetti del terremoto. È necessario sapere e vedere per capire come aiutare, per verificare che di aiuto c’è ne bisogno ma, soprattutto, per imparare a convivere con il terremoto con consapevolezza. Oggi possiamo mostrare le ferite aperte, domani mostreremo anche noi le foto e celebreremo la ricostruzione, come dobbiamo celebrare ogni pezzetto della nostra città riconquistato. Ero già adulta nel 1997 e da allora ho avuto piena consapevolezza che non bisogna dimenticare. Mi sono spesso trovata in contrasto con altri per questo. Forse, invece, abbiamo dimenticato troppo presto.

La nostra zona rossa ci testimonia che il terremoto esiste ed esisterà sempre, che si può convivere con il rischio sismico, che maggiori attenzioni ed accortezze possono diminuire gli effetti disastrosi del sisma, che noi marchigiani ed umbri siamo gente seria e con responsabilità abbiamo già utilizzato il denaro pubblico, che aver portato a casa la vita di tutti è il più grande risultato che l’Italia delle calamità naturali ha mai ottenuto (basti pensare agli ultimi fatti di Ischia o a Livorno). Le visite consentiranno, dobbiamo sperare, che non solo i nostri figli come i figli di Gemona, ma anche i figli di quanti avranno potuto vedere Camerino, acquistino consapevolezza. Una consapevolezza che non interessa nemmeno a chi ci governa.

Non esiste una sola verità sulle questioni che in questi giorni ci appassionano, ma un solo dolore. Aiutare la consapevolezza vale il sacrificio.

È naturale e giusto che abbiamo pudore della nostra sofferenza per noi rappresentata dalla nostra città ferita. Ma è anche giusto informare e mostrare. È giusto pensare ed operare perché Camerino sia ritenuta un laboratorio di ricostruzione, una sfida sperimentale per insegnare all’Italia che anche i borghi medievali possono convivere con il rischio sismico. È giusto pensare, invece, che è il caso di correre di più, per restituire Camerino ai camerinesi, a tutti la piazza, sottocorte, il teatro ed a ognuno la propria abitazione, negozio, ufficio. È giusto gridare la nostra sofferenza, anche solo per gridare.

Però è certamente giusto notare che finiamo sulla cronaca nazionale non tanto per quello che è successo ma per una polemica che, anch’essa, è tutta nostra, come la nostra città, solo noi possiamo capirla e non possiamo consentire che altri, fino ad oggi indifferenti, vi speculino. Ne dobbiamo essere gelosi.

La notizia non è e non deve essere lo scontro tra camerinesi con sensibilità diverse, tra chi pensa che dobbiamo far conoscere e mostrare le nostre ferite a tutti, e chi ritiene che sarebbe offensivo turismo delle macerie. La notizia è che Camerino è la più grande zona rossa del sisma, zona ancora molto estesa dopo un anno, zona rossa fino ad oggi dimenticata, sospesa sul colle nella più totale indifferenza dei media, anche di quelli che oggi vengono a raccogliere avidamente brandelli di quella che altro non è se non la nostra disperazione.

 

La notizia, in quest’Italia del “dopo”, è che il rischio sismico esiste e mentre noi ci arrabbiamo, certamente sul tavolo della Protezione Civile ci sono report della Commissione Grandi Rischi da valutare. Magari questi documenti spiegano che storicamente dopo il movimento delle faglie interessate dal terremoto del 2016 se ne sono verificati altri, tanto da lasciare supporre una probabile interferenza di faglie. Anche dopo il 24 agosto era stato relazionato circa la probabile attivazione della faglia del Vettore. Nella più totale indifferenza. Questo, tutto questo, certamente non è giusto. È dal silenzio, dall’indifferenza, dalla colpevole inconsapevolezza che ci dobbiamo difendere.

Picchio News
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