Chiedilo all'avvocato

Maltrattamento di animali: ecco come la legge tutela i nostri amici a quattro zampe

Maltrattamento di animali: ecco come la legge tutela i nostri amici a quattro zampe

Secondo appuntamento con la rubrica Chiedilo all'avvocato, curata dall'avv. Oberdan Pantana. Le prime mail dei lettori arrivate all'indirizzo info@picchionews.it, hanno riguardato diversi argomenti, ma le domande più ricorrenti sono state quelle relative al maltrattamento di animali e a come giuridicamente la legge tutela i nostri amici a quattro zampe. In particolare, abbiamo scelto la mail di una nostra lettrice di Cingoli che chiede all'avv. Pantana: "Gentile avvocato, capita purtroppo sempre più spesso di leggere sulla stampa notizie relative al maltrattamento di animali, in particolare cani e gatti. In che modo è possibile fare in modo che certe situazioni vengano evitate oppure, qualora non si possa intervenire in tempo, denunciare e punire i colpevoli?"   Il delitto di maltrattamento di animali di cui all’art. 544-ter c.p. è stato introdotto dall’art. 1 L. 20 luglio 2014 n. 189, con cui sono state incriminate condotte, talune delle quali già previste dalla contravvenzione di cui all’art. 727 c.p. “Abbandono di animali”, oggetto anch’essa di riformulazione. Nello specifico l’art. 544-ter c.p. prevede quanto segue: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale”. Pertanto, nel primo comma vengono ricomprese le seguenti condotte: a) Aver cagionato per crudeltà o senza necessità una “lesione”; a tal proposito, la Corte di Cassazione ha ritenuto come la nozione di “lesione”, sebbene non necessariamente coincidente con quella prevista dall'art. 582 c.p. delle “Lesioni personali”, implichi comunque la sussistenza di un'apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell'animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva o omissiva (si v. Cass. III, n. 32837/2013); b) Condotte di sevizie, comprensive di “tutte le forme di crudeltà verso animali, offensive del sentimento di pietà e compassione per gli stessi”; c) Condotte consistenti nella sottoposizione dell'animale ad attività insopportabili per le sue caratteristiche etologiche; in sede di legittimità, si è precisato come la nozione di “comportamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche” non assuma un significato “assoluto” (inteso come raggiungimento di un limite oltre il quale l’animale sarebbe annullato), ma un significato “relativo”, nel senso del contrasto con il comportamento proprio della specie di riferimento come ricostruita dalla scienza naturale (Cass. III, n. 39159/2014), che ne precisa il contenuto riferendolo alla collocazione degli animali in ambienti non adatti alla loro naturale esistenza, inadeguati dal punto di vista delle dimensioni, della salubrità, delle condizioni tecniche. Nel secondo comma vengono invece incriminate le condotte di: Somministrazione di “sostanza stupefacente o vietate”; da intendersi, in senso descrittivo come “ogni sostanza, naturale o sintetica, che, somministrata agli animali, risulti idonea a determinare in essi uno stato di alterazione fisica o psichica con effetto drogante”. Quanto, invece, alle sostanze vietate, per esse il richiamo vale alle norme che proibiscono la somministrazione di determinate sostanze agli animali (vi rientrano la norme che puniscono l'utilizzo di estrogeni nell'allevamento del bestiame, di cui alla d.l. 4 agosto 1999, n. 336, art. 32), o comunque, la “Sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla loro salute”. Per la previsione di cui al terzo comma dell'art. 544-ter c.p., ovvero la morte dell’animale, dal punto di vista dell'ascrizione soggettiva, l'imputazione dell'evento “morte”, benché non coperta dal dolo, neanche “eventuale”, configurandosi altrimenti il delitto di cui all'art. 544-bis c.p. “Uccisione di animali”, deve comunque, secondo le regole fissate dall'art. 59, comma 2, c.p., essere ascrivibile almeno a colpa, dunque porsi come conseguenza prevedibile delle condotte di cui ai commi che precedono. Pertanto, configurano il reato di maltrattamento di animali i seguenti fatti di cronaca che quotidianamente veniamo a conoscenza perché avvenuti anche localmente quali: 1)Tiene il proprio cane in isolamento e senza una cuccia adeguata: condannato Ha tenuto il proprio cane – un pastore tedesco – legato per diversi giorni a una catena. Gli ha negato l’assistenza igienica, l’acqua e il cibo. Per concludere, l’ha obbligato a utilizzare una pseudo cuccia in cemento, che non gli offriva alcun riparo dal freddo e dalle intemperie.Più che un padrone, un aguzzino, e difatti i giudici lo hanno condannato a sei mesi di reclusione per “maltrattamento di animali”. Inequivocabili le condizioni del quadrupede: “stato di magrezza e deperimento” così avanzato da provocargli un collasso (Cassazione, sentenza n. 8036/18, sez. III Penale, depositata il 20 febbraio).   2)Cane bastonato: padrone condannato a pagare 10mila euro di multa I guaiti del cane inchiodano il padrone. Essi vengono ripetutamente percepiti dai vicini di casa, che ne fanno un resoconto dettagliato alle forze dell’ordine, allertate a seguito della segnalazione relativa a un colpo di bastone dato dall’uomo sulla testa del quadrupede. Consequenziale la condanna per maltrattamenti (Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 38182/17, depositata oggi). 3)Collare elettrico per addestrare il cane: è maltrattamento Disponibile online, pubblicizzato assai, proposto a prezzi variabili (da un minimo di 120 euro a un massimo di 290 euro), e talora anche recuperabile in ‘offerta’ (ad esempio, su ‘Ebay’ lo si trova a 32 euro). Eppure è da considerare ufficialmente vietato...Di cosa si parla? Del cosiddetto ‘collare elettrico’, o ‘collare d’addestramento’, da impiegare, secondo alcuni ‘teorici’, per ‘indirizzare’ il proprio cane. Ma, in realtà, da considerare, senza alcun dubbio, come strumento di tortura per l’animale. (Cassazione, sentenza n. 38034, Terza sezione Penale, depositata oggi)Correzione? Decisivo è il ritrovamento di un cane, che vaga «incustodito sulla pubblica via»: a richiamare l’attenzione è il suo collare, che risulta essere un «collare elettronico».Caratteristiche dell’apparecchio? Produrre scosse di varia intensità sul collo dell’animale, ovviamente su input del padrone con un apposito telecomando a distanza, per «reprimere», sempre secondo i ‘teorici’, «comportamenti molesti».Ma questa strumentazione – di vago richiamo medievale... – è da considerare assolutamente vietata, almeno in Italia. Per questo motivo, il padrone dell’animale viene condannato – su decisione del Giudice per le indagini preliminari – per aver detenuto il cane «in condizioni incompatibili con la sua natura, e produttive di gravi sofferenze».Ad avviso dell’uomo, però, è stato trascurato un particolare importante: il collare elettrico, «se utilizzato correttamente», è «necessario per un utile addestramento dell’animale, provocandogli solo una lieve molestia».No, maltrattamento. L’obiezione proposta dal padrone del cane, però, viene respinta in maniera netta dai giudici della Cassazione, i quali ribadiscono, a chiare lettere, che «il collare elettronico» è da considerare «certamente incompatibile con la natura del cane». Perché l’«addestramento», che si presume di poter così realizzare, è «basato esclusivamente sul dolore» e «incide sull’integrità psico-fisica del cane, poiché la somministrazione di scariche elettriche per condizionarne i riflessi ed indurlo, tramite stimoli dolorosi, ai comportamenti desiderati produce effetti collaterali quali paura, ansia, depressione ed anche aggressività».Come si può parlare, allora, di «addestramento»? Piuttosto, è logico considerare gli «effetti» del ricorso al collare elettrico sul «comportamento dell’animale» come «maltrattamento» in piena regola.Proprio per questo, è da confermare in toto la condanna nei confronti dell’uomo, così come decisa dal Giudice per le indagini preliminari. 3)Apppalti a iosa con i Comuni e quadrupedi ammassati: sigilli al ‘canile lager’.  Vero e proprio ‘lager’, quello scoperto: nel contesto di un canile i quadrupedi erano letteralmente ammassati, comunque oltre la propria capienza massima, tutto ciò con il chiaro obiettivo di massimizzare i profitti.Evidente la fondatezza delle accuse mosse ai proprietari della struttura: regge, cioè, l’ipotesi della contestazione di maltrattamento di animali. E, di conseguenza, regge anche il provvedimento di sequestro preventivo del canile (Cassazione, sentenza n. 37859, sez. III Penale, depositata oggi).Riferimento fondamentale, a questo proposito, le «condizioni nelle quali gli animali erano custoditi, condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di gravi sofferenze e sevizie». 4) L’abbaio di Fido chiuso da ore in auto a più di trenta gradi basta e avanza per una condanna.   Non serve ulteriore prova della sofferenza grave, quando un cane abbaia incessantemente, lasciato chiuso in auto per lungo tempo ad elevate temperature, in quanto il suo malessere è «condizione certamente intuibile con il senso comune e non necessitante visite specialistiche e/o perizie ad hoc (…) essendo nozioni di comune conoscenza divulgate in occasione di fatti di cronaca, nelle quali, da episodi analoghi, sono scaturiti eventi drammatici quali la morte». (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 14250/15; depositata il 9 aprile).  Nel raccomandare di denunciare sempre e comunque questi brutti episodi alle autorità competenti, aspetto altri quesiti dei lettori di Picchio News cui poter rispondere nei prossimi appuntamenti con la rubrica Chiedilo all'avvocato. Avv. Oberdan Pantana  

29/04/2018 10:51
Multe per divieto di sosta con il sistema “Scout o Street control” sono illegittime

Multe per divieto di sosta con il sistema “Scout o Street control” sono illegittime

Parte questa settimana la nuova rubrica di Picchio News "Chiedilo all'avvocato", in collaborazione con l'avvocato Oberdan Pantana. Il legale maceratese si mette a disposizione dei nostri lettori che possono interagire inviando i loro quesiti alla mail info@picchionews.it. La rubrica avrà cadenza quindicinale. Il primo intervento dell'avvocato Pantana riguarda le multe elevate tramite Scout o Street control.   Le infrazioni rilevate con dispositivi fotografici posti sulle auto dei Vigili urbani, in uso anche a Macerata, vanno contestate subito se presente il trasgressore. E’ il principio confermato anche dal Giudice di Pace di Milano, dott. Sergio Gallo nella sentenza n. 100658 depositata il 13/3/2013, così come quello di altri giudicanti in altre parti d’Italia. Il caso sottoposto all’esame del Giudice ha riguardato un automobilista a cui era stato notificato dalla Polizia Municipale di Milano un verbale di accertamento con il quale gli veniva contestata la sosta in doppia fila della propria autovettura. Dalla contravvenzione si ricavava che la stessa fosse stata rilevata con lo strumento cosiddetto “Scout”, dispositivo tecnologico adottato dal Comune di Milano che permette di sanzionare in tempi rapidissimi le auto in doppia fila. Non essendo stata contestata immediatamente l’infrazione e in assenza di elementi che potessero consentire una verifica delle circostanze contestate (la fotografia scattata dovrebbe infatti essere messa a disposizione del destinatario della contravvenzione accedendo al sito internet del Comune di Milano) poiché l’inserimento del codice indicato sulla contravvenzione sul portale del Comune non conduceva ad alcuna informazione né tantomeno ad alcuna fotografia del veicolo, l’automobilista impugnava il verbale di accertamento dinanzi al Giudice di Pace per ottenerne l’annullamento stante la violazione del proprio diritto di difesa.  Il Comune si costituiva in giudizio con memoria con la quale allegava una fotografia dell’auto senza altra specificazione. Correttamente, il Giudicante ha dichiarato nella propria sentenza che “non basta dunque riprendere o fotografare un’auto in divieto di sosta, per poter inviare la multa a casa a distanza di tempo. Se la Polizia municipale usa lo “Street control” o altro sistema similare per accertare le infrazioni, gli agenti sono tenuti a cercare subito il trasgressore: in caso contrario la sanzione è nulla”. Lo ha chiarito anche il Ministero dei Trasporti con propri pareri, con i quali hanno messo al bando i nuovi dispositivi usati da molti Comuni per scovare auto in doppia fila o in sosta vietata e recapitare verbali a raffica ai proprietari dei mezzi. L’automobilista va cercato subito. La pratica, molto agevole e sbrigativa per la Polizia municipale – dell’immortalare con una telecamera portatile le auto in sosta vietata lungo le strade più trafficate, del successivo rintraccio dei dati dei trasgressori e dell’invio per posta delle multe, giustificando la contestazione differita con la mancanza del destinatario a bordo dell’auto – spiega il ministero, viola l’art. 201 del nuovo codice della strada (il d.lgs. 285/1992). Il codice stradale, infatti, permette la «contestazione non immediata della violazione del divieto di sosta, nel caso di accertamento in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo». I verbali, cioè, possono essere spediti a domicilio, solo se il conducente o l’intestatario della carta di circolazione non sono presenti al momento della scoperta. Ma i sistemi di videosorveglianza, pur essendo adatti a riprendere le violazioni, prosegue il parere «non risultano tuttavia idonei a dimostrare l’assenza del trasgressore, circostanza che può essere accertata solo dall’intervento diretto degli organi di polizia stradale». Dunque, è necessario che una pattuglia dei Vigili accerti di persona se c’è qualcuno al volante o comunque vi sia la sua presenza nelle vicinanze, poiché in tal caso la contestazione dovrà essere immediata altrimenti tale contravvenzione sarà illegittima.  I pareri di riferimento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono il n. 2291/2012 ed il n. 4851/2015, i quali ribadiscono che, “I sistemi di videosorveglianza, anche se risultano idonei a dimostrare l'avvenuta violazione, non sono tuttavia idonei a dimostrare l'assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo, circostanza che può essere accertata solo dall'intervento diretto degli organi di polizia stradale”; ne discende che l’utilizzo degli stessi non servirebbe per giustificare la contestazione non immediata.  Infine, ulteriori contestazioni potrebbero essere elevate contro tale procedura utilizzata dalla Polizia Municipale anche riguardo alla mancata omologazione della strumentazione utilizzata dai vigili urbani, così come l’assenza di segnalazione con cartellonistica circa l’utilizzo di detti mezzi elettronici in quel preciso tratto stradale da parte degli agenti della municipale. Macerata lì 18.04.2018  

19/04/2018 11:32
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