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Da Treia a Civitanova, nel Maceratese si celebra il Giorno del Ricordo (FOTO)

Da Treia a Civitanova, nel Maceratese si celebra il Giorno del Ricordo (FOTO)

La Giornata del Ricordo, istituita nel 2004, per ricordare le vittime delle foibe è stata celebrata a Treia raccontando questa pagina di storia proprio con chi l’ha vissuta in prima persona. Livilla Sivocci, 82 anni, ha portato la sua testimonianza agli studenti dell’Istituto comprensivo Paladini ripercorrendo quegli anni tremendi in cui è riuscita a scampare alla morte, arrivando in Italia. Una storia di accoglienza e speranza, ma anche di sofferenza, insicurezze e timori.

“Da mio padre ho imparato che nella vita bisogna imparare a fare tutto, non c’è un limite alle nostre risorse, è stato un grande esempio per me ed è ciò che voglio testimoniare ai ragazzi: non ponetevi limiti, quando pensate di non riuscire a fare qualcosa, provateci comunque. Male non fare, paura non avere”.

Nata nel dicembre del 1940 ricorda molti aspetti di quegli anni che ha vissuto direttamente e che rivissuto attraverso i racconti dei suoi genitori che subìrono maltrattamenti da parte degli slavi. “In tanti hanno visto partire i loro cari per non vederli più tornare. Le foibe erano delle profonde cavità carsiche dove venivano fatti sparire coloro che erano contrari al regime e che volevano imporsi con la violenza per comandare, con un’avversione particolare verso gli italiani".

"È un capitolo della storia rimasto nascosto per tanti anni perché purtroppo i negazionisti per lungo tempo hanno negato quanto invece accaduto. C’era una vera e propria caccia all’italiano - ha ricordato Livilla -. Io posso dire di non aver sofferto per la guerra perché ero ancora troppo piccola, essendo nata nel ’40, ma ricordo bene l’attentato di Vergarolla nel 1946, sulla spiaggia di Pola, nel giorno di Ferragosto in cui morirono 100 persone. Io sono sopravvissuta per pura casualità, perché quella mattina mio padre decise di voler andare a pesca quindi di cambiare spiaggia mentre stavamo andando al mare".

"Il 7 febbraio 1946 ricordo benissimo i miei genitori intenti a impacchettare qualsiasi cosa per fuggire da Pola, perché nel ’47 il referendum aveva deciso che quelle terre dovevano appartenere alla Jugoslavia. Sono stati anni difficili fino al ‘52, non avevamo niente, non avevamo un lavoro, avevamo dovuto lasciare tutto e anche dagli italiani non eravamo trattati- ha aggiunto Livilla -. Ho perso tante persone a cui volevo bene".

"Abbiamo avuto tanto paura per un mio zio che fu scambiato per un’altra persona e fu catturato e portato in un campo di concentramento - ha spiegato Livilla nella testimonianza -. Dopo mesi appurarono che avevano sbagliato persona e lo rilasciarono. La mia forza furono i miei genitori. Quando siamo arrivati in Italia non avevamo neanche una casa e chiedemmo asilo al governo, non avevamo altre possibilità. Nei campi profughi c’erano condizioni quasi al pari dei campi di concentramento”.

Traspare sofferenza nel racconto della signora Livilla Sivocci, ma anche una luce: “I mezzo a tanta tristezza, siamo stati anche fortunati ad essere stati aiutati da un signore, Alfredo Altobelli, che ci offrì ospitalità senza chiederci nulla in cambio, fino al 1952. Lui ci ha teso la mano quando abbiamo avuto bisogno, è stato il primo e ci ha accolto”.

Il Giorno del Ricordo è stato celebrato anche a Tolentino, con l’intento di non dimenticare i morti nelle Foibe. Il Comune, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Dalmata di Tolentino, ha promosso giovedì 10 febbraio, in viale Benadduci, una cerimonia nei pressi della targa di intitolazione alle “Vittime delle Foibe” con deposizione di una corona d’alloro. La cerimonia è stata aperta con una santa messa celebrata alla concattedrale di San Catervo.

Sono intervenuti il vicesindaco Silvia Luconi, l’assessore Francesco Pio Colosi, Anna Quercetti vicepresidente del consiglio comunale, Renato Pagliari Presidente dell’Associazione Dalmata di Tolentino, i consiglieri comunali Monia Prioretti, Martina Cicconetti, Carmelo Ceselli, Ivano Serragiotto, il comandante della Stazione dei Carabinieri Luogotenente Gaetano Barracane e i rappresentanti delle associazioni d’arma e combattentistiche.   

Anche Città di San Severino Marche si è fermata per celebrare la Giornata del Ricordo. Il sindaco, Rosa Piermattei, ha deposto una corona di alloro al monumento ai Caduti e osservato un minuto di silenzio nel corso di una breve ma intensa cerimonia svoltasi in forma ristretta e senza la presenza delle scolaresche a causa del Covid-19.

Ad assistere alla commemorazione il presidente del Consiglio comunale, Sandro Granata, l’assessore Jacopo Orlandani, i consiglieri Teresa Traversa e Alberto Capradossi, il segretario di FdL, Sergio Massi, e il comandante della Polizia Locale, sostituto commissario Adriano Bizzarri.

Celebrato a Civitanova Marche il “Giorno del Ricordo”, iniziativa organizzata dall’Ufficio Presidenza del Comune a cui hanno perso parte rappresentanti istituzionali, insegnanti e  studenti. Le celebrazioni hanno preso avvio presso la lapide in ricordo dei Martiri delle Foibe in piazza Abba. La Giornata commemorativa è proseguita con una apposita riunione del Consiglio Comunale in diretta streaming (più di 150 visualizzazioni in diretta) e aperta alla partecipazione di studenti, docenti e cittadini.

“Dai quei fatti terribili avvenuti fra il 1943 e il 1945 in una terra di confine quello della Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia ci dividono molti anni e fino al 2004 si era steso un incredibile velo di silenzio - ha dichiarato il sindaco Fabrizio Ciarapica -. Esattamente 60 anni furono segnati dalla colpevole indifferenza e dalla volontà politica di nascondere fatti tragici compiuti sui nostri fratelli italiani, per la sola colpa di essere italiani. Per questo oggi siamo qui".

“Ci troviamo ancora una volta – ha continuato Ciarapica - a condannare i regimi dittatoriali senza alcuna esitazioneche hanno interrotto o costretto a cambiar vita a migliaia di persone, oltraggiando qualsiasi diritto umano. Il primo italiano che volle riconoscere ufficialmente e direi politicamente questa parte di storia fu l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga recandosi nel 1991, all’indomani della caduta del Muro di Berlino, nella foiba di Basovizza, in cui si erano ritrovati 500 metri cubi di cadaveri diventato poi sacrario".

"Oggi noi l’abbiamo fatto insieme a tutti voi perché nessuno mai più possa nascondere gli errori e gli orrori che uomini compiono ai danni degli altri uomini, schiacciando le minoranze e negando i diritti fondamentali della persona.  Attualizzando, è di questi giorni l’allarme che grava sopra la nostra Europa a causa di interessi economici legati alle forniture di gas. Due potenze contrapposte, l’America e la Russia, che rischiano di far diventare terreno di guerra il nostro vecchio continente e che desta in tutti noi grande preoccupazione” ha concluso il primo cittadino. 

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