Dalla black music di Alessandra Doria & Friends al jazz unico ed inimitabile di Charles Mingus con Stefano Conforti e il suo quintetto, concerti da urlo sabato sera al Castello della Rancia, per la seconda giornata del "I Festival Tolentino Jazz". La pioggia non ha fermato la prorompente vitalità di Alessandra Doria che insieme alla sua band ha letteralmente entusiasmato la platea con le sue eccellenti interpretazioni di grandi successi della black music di tutti i tempi.
Da Sunday Morning dei Maroon Five agli omaggi ad Amy Whinehouse, da Kiss all’intensa Purple Rain di Prince, la cantante di Porto Sant’Elpidio ha sfoderato la sua fantastica voce e la sua inesauribile grinta sostenuta in maniera egregia da ottimi musicisti tutti della provincia di Macerata che insieme a lei hanno tenuto altissima l’attenzione del pubblico con uno show scatenato. Oltre a Tonino Monachesi, chitarra e cori, al bassista Giuseppe Barabucci e al batterista Marco Brandi, il team vincente della Doria ha visto la partecipazione del sassofonista Daniele Bergese, che non ha mancato di dare il suo contributo speciale con i suoi soli; non sono stati da meno anche gli altri pregevoli strumentisti con i loro interventi efficaci e mirati. Dopo brani come Master Blaster, Sunny e You Might Need Somebody, il concerto si è concluso con un’inedita versione quasi funky di Summertime; bis finale con Lady Marmalade, trascinante come tutta l’esibizione. L’evento successivo, Tonight at Noon, omaggio a Charles Mingus, nato sotto i cattivi auspici di un acquazzone, si è svolto al coperto presso l’Auditorium del castello ribaltando qualsiasi pronostico sfavorevole. Il veloce cambio palco e l’impossibilità di fare anche un minimo soundcheck, non ha scoraggiato i musicisti che sul palco hanno dato vita ad un live di grande impatto che si aperto con Fables of Faubus, storico brano di Mingus che metteva alla berlina l’allora governatore dell’Arkansas Faubus per la sua politica razzista.
Ospite della formazione di Conforti, il grande trombonista Massimo Morganti che si è lanciato subito in serratissimi soli che hanno arricchito tutti i brani in programma, da Flowers for a Lady a Slippers, a Phitecantropus Erectus e Goodbye Porkpie Hat ed ha sicuramente aggiunto con la sua presenza una marcia in più sia come solista che per il contributo dato agli arrangiamenti dei brani Agguerriti ed energici tutti i pregevoli musicisti della band hanno dato il meglio di sé nel tenere alto il livello di tensione nelle esecuzioni di brani impegnativi per la loro struttura sia formale che armonica come quelli di Mingus. La profonda intesa e la complicità fra il contrabbassista David Padella ed il batterista Roberto Bisello, è stata una delle carte vincenti della band, un motore ritmico che non ha perso un colpo, quasi a ricordare il sodalizio unico che Mingus aveva con il suo amico Dannie Richmond. I tre fiati hanno tenuto brillantemente la scena e sono stati al centro dell’attenzione sia per i momenti di insieme sia per i vari interventi solistici, da Stefano Conforti, sempre creativo e coinvolgente, al sax baritono di Fabrizio Caraceni che ha avuto il suo meritato momento di gloria nella celeberrima Moanin che ha visto anche la partecipazione iniziale del pubblico con un ben scandito battimano. Dopo l’omaggio al jazz degli albori con Jelly Roll, che ha dato maggiore spazio al giovane e promettente pianista Pierfrancesco Ceregioli, e l’accattivante blues Nostalgia in Times Square, non poteva mancare nel finale Better Get Hit in Your Soul, un tiratissimo 6/4, veloce e trascinante, introdotto dal contrabbasso di David Padella, che nel bis finale, Boogie Stop Shuffle si è scatenato in un solo funambolico, portando al culmine l’energia che in un costante e graduale crescendo tutto il gruppo di brillanti professionisti era stato capace di alimentare durante il concerto.
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