L’artista maceratese Carlo Gentili “scende in campo” contro il tifo demente, contro chi non sa prevenirlo, gestirlo e contrastarlo. La sua presa di posizione è durissima e lascia poco spazio alle belle teorie che circolano regolarmente all’indomani di episodi di violenza, a volte anche tragici. “La gestione del calcio in Italia è improvvida, demente, deleteria e scaraventa il calcio nel regno dell’odio, della violenza e della barbarie”. Continua Gentili. “Santiago Bernabeu, Wembley, Nou Camp, Arena Amsterdam, Monaco: negli stadi internazionali il calcio è festa. In Italia, diciamolo forte, il calcio è “guerra” con il suo armamentario di cancellate, sbarre, tornelli, poliziotti, sassaiole e “fili spinati”. Imbecilli violenti che la domenica “scorrazzano” come orde barbariche. Assistere alle partite? Novanta minuti di insulti, di ignoranza, di volgarità, di razzismo contro gli avversari, con minori presenti “instradati” sulla via della xenofobia e dell’incitamento all’odio. Questo non è sport. Andare allo stadio con un minore è come educarlo alla guerra”.
Secondo l’artista originario di Tolentino la soluzione è nel “modello rugby”: grande correttezza in campo, autodisciplina degli atleti, lealtà sportività e presa di posizione durissima contro slogan razzisti e insulti vari. Una autodisciplina che parta dalle dirigenze, dagli atleti, dagli addetti ai lavori ed investa i tifosi. In questo modo, come accade in mezzo mondo, non ci saranno più barriere divisorie (nemmeno tra il campo e gli spalti) e le famiglie torneranno negli stadi. E’ una sfida che deve essere raccolta.
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