Difficile capire quanto possa tenere quel poco che è rimasto in piedi, ancor più difficile immaginare come verrà fatta la ricostruzione: ripartendo da zero o salvando il salvabile? Oltre al colpo d’occhio desolante, passeggiando per le vie del centro di Visso si rimane impressionati dal silenzio, rotto soltanto dal transito lento dei mezzi di soccorso e delle poche automobili a cui Vigili del Fuoco e Polizia concedono il passaggio. In larga parte sono persone che devono raggiungere Ussita ma anche chi vorrebbe controllare lo stato della propria abitazione.
Lungo via Cesare Battisti troviamo una famiglia che qui aveva una seconda casa. Il sisma l’ha aperta sul davanti come se qualcuno l’avesse cannoneggiata. Due Vigili del Fuoco hanno provato ad entrare ma è stato impossibile tirar su le serrande “troppo pericoloso forzarle – ci dice uno di loro – e anche la porta è bloccata dal peso sovrastante, c’è il rischio che venga giù tutto”.
Alcuni degli edifici rimasti in piedi, ma comunque seriamente lesionati, sono quelli che erano stati ricostruiti dopo il sisma del 1997. Dai tetti delle case file di tegole si sporgono pericolosamente nel vuoto, simbolo dell’equilibrio instabile che aleggia su quel poco che è rimasto del bellissimo borgo medievale.
Luigi Bisesto, il poliziotto che ci scorta, ci dice di camminare al centro perché quassù lo sciame sismico si fa sentire con regolarità e “la notte scorsa una scossa ha fatto gelare il sangue a tutti”.
A destra e sinistra una teoria di macerie e di antichi palazzi sulle cui facciate corrono fenditure profondissime. E’ così fino all’incrocio con Largo Filippo Corridoni, qui c’era un distributore, ora un intero edificio è crollato sopra le pompe di carburante e il risultato è uno scorcio quasi surreale.
Impossibile addentrarsi oltre, via Giuseppe Rosi è transennata, e subito dopo l’arco medievale si scorgono detriti e massi: il cuore del borgo ferito a morte.
Alle nostre spalle c’è un bar, entriamo nel pergolato, sedie e tavoli impolverati. Solo un pacchetto di sigarette e una bottiglia a testimoniare il passaggio dell’uomo.
“Guardate qui - il poliziotto indica la vetrata - io li toglierei ma non ne ho il coraggio” sono due fantocci di pezza che sembra che se la ridano. Come dargli torto, mettono inquietudine, l’unica parvenza umana rimasta a Visso è impagliata ed esibisce un sorriso che sa di beffa. Non tocchiamo niente, ce ne andiamo con l’anima pesante.
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