I sindaci di Bolognola, Camerino, Fiastra, Monte Cavallo, Muccia, Pieve Torina, Serravalle di Chienti, Valfornace e Ussita scrivono ai neo parlamentari marchigiani. Oggetto della missiva è la legge relativa al sisma del 2016 di cui chiedono una revisione.
"A distanza di oltre 17 mesi si è oggi in grado di differenziare i territori in funzione dei danni e delle magnitudo rilevate da Ingv dall’inizio del terremoto; esistono Comuni catastroficamente danneggiati, gravemente danneggiati e lievemente danneggiati - scrivono i sindaci - L’applicazione della normativa ordinaria emanata sull’intero perimetro dei 138 Comuni del cratere non ha prodotto i risultati auspicati, originando, per alcune aree catastroficamente colpite, notevoli ritardi sulla messa in sicurezza, sul ripristino della viabilità comunale e/o interprovinciale, sul conferimento delle macerie e su quant’altro connesso alla grave situazione creatasi rallentando, nel contempo, anche la progettazione degli interventi della ricostruzione leggera e pesante". Allo stesso tempo, scrivono ancora, "è elevato il numero di improcedibilità delle domande di ricostruzione, poiché la maggior parte delle difformità non sono sanabili (quelle con violazioni strutturali e/o alla normativa antisismica, nonché gli aumenti di volume e/o superficie in zone sottoposte al vincolo paesaggistico) tanto da vedere frenata la ricostruzione leggera" che potrebbe comportare una "ricostruzione a “macchia di leopardo”, dovuta essenzialmente all’abbandono degli immobili da parte dei proprietari esclusi, ai quali i fabbricati sono spesso pervenuti in eredità, inconsapevoli della presenza di difformità edilizie minimali".
"La definizione della Zona Franca Urbana su tutti i 138 Comuni non ha prodotto nessun aiuto concreto per i Comuni Montani dell’Appennino venendo meno all’obiettivo primario che era volto alla pianificazione e rinascita dei territori distrutti e già ubicati in un contesto di marginalità - sottolineano ancora - in alcuni Comuni non esiste più nessuna attività economicamente sostenibile nonostante perduri la forza e la voglia delle popolazioni colpite di rimanere e ripartire quanto prima". A fronte di questo quadro i primi cittadini chiedono "una immediata emanazione di norme correttive volte all’individuazione di almeno tre fasce di perimetro individuando i Comuni in catastroficamente colpiti; gravemente colpiti e lievemente colpiti; di escludere l’operatività dell’art.3, c.1, lett. d), ultimo capoverso, del D.P.R. n.380/2001, consentendo, nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico e nel rispetto della volumetria preesistente, di poter modificare la sagoma dei fabbricati nel caso di demolizione e ricostruzione degli edifici; di estendere, una volta ridefinito il perimetro su tre fasce, l’operatività dell’art.6, c.1, lett. e-bis) del D.P.R. n.380/2001 (consentire a tutti l’installazione di manufatti temporanei ad uso deposito), protraendo il termine – attualmente fissato in 90 giorni –fino alla data di ripristino dell’agibilità del fabbricato danneggiato e/o distrutto" E ancora "di estendere le normative regionali previste per il piano casa anche alla sanatoria delle difformità edilizie, nei limiti volumetrici e di superficie già previsti nei rispettivi ordinamenti, in deroga a strumenti urbanistici e regolamenti edilizi vigenti; di consentire l’accertamento di compatibilità paesaggistica di cui all’art.167 c.4 del D.Lgs. 42/2004, anche per aumenti di volume e/o superficie, nei limiti previsti dalle predette normative regionali sul piano casa; la modifica dell’art.8-bis del D.L. 189/2016 convertito nella Legge n.229/2016 e s.m.i. (Cd. decreto “salva Peppina”) al fine di consentire la permanenza delle strutture abitative e/o uso deposito fino all’avvenuto ripristino dell’agibilità; nel caso di violazioni strutturali e/o alla normativa antisismica, consentire di fissare l’efficacia dell’accertamento di conformità - di cui all’art.36 del D.P.R. n.380/2001 e/o permesso di costruire in sanatoria - alla data dell’attestato di deposito relativo al progetto allegato alla domanda di contributo; di garantire per un periodo non inferiore ad almeno 15-20 anni una serie di benefici in termine di esenzioni fiscali tanto alle attività già esistenti quanto ai nuovi insediamenti produttivi nei Comuni della fascia catastroficamente colpiti la cui popolazione complessiva è numericamente ridotta e per i quali i costi a carico dello Stato sono facilmente sopportabili; la semplificazione delle procedure burocratiche che hanno paralizzato e paralizzano l’operato degli Enti locali; di attribuire maggiore competenze ai Sindaci e di accelerare le procedure di ricostruzione, inviando contemporaneamente la progettazione sia all’USR, sia agli Uffici comunali".
L’individuazione di tre tipologie di fasce di Comuni dell’attuale cratere, "non solo consentirebbe una reale e concreta risposta alle popolazioni colpite, ma renderebbe anche le norme in deroga (Urbanistiche, Paesaggistica, Fiscali, ecc.) sicuramente meno impattanti sia in termini ambientali che economici. Accordare una sanatoria per le piccole difformità urbanistiche su immobili in aree così distrutte sotto l’aspetto sociale ed economico, non comporterebbe nessun “arricchimento speculativo”, che differentemente potrebbe avvenire se, invece, tale provvedimento venisse esteso indiscriminatamente all’intero “Cratere”.Richiamare il dramma epocale che ha colpito l’Italia Centrale con un terremoto distruttivo pari a quello dell’Irpinia della Basilicata del 1980 e del 1981, nonchè ampliare le azioni di deroga ad un’area fortemente compromessa - motivandole con l’eccezionalità del dramma che le popolazioni hanno vissuto - troverebbe sicuramente ragione di coerenza legislativa che deve dare risposte mirate, efficienti ed efficaci così come sempre assicurato sia dal Governo, sia dal Presidente della Repubblica.
Si aggiunge che consentire deroghe e sanatorie specifiche, non solo accelererebbe la “ricostruzione leggera” e “pesante”, ma vedrebbe una ristrutturazione del patrimonio abitativo, nei moltissimi casi di demolizione e ricostruzione, con una possibile e significativa riduzione delle superfici pre-esistenti, comportando un sicuro risparmio per le famiglie in termini di imposte locali. Il tutto a vantaggio di un minior uso del territorio specie in aree ad alto valore naturalistico quale quelle inserite nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Stesso identico ragionamento vale per una diversificazione della ZFU (Zona Franca Urbana) integrata anche ZES (Zona Economica Speciale) per aree diversamente danneggiate, se veramente si vogliono mantenere gli impegni assunti nel dare il massimo supporto e significativi incentivi per una ripresa economica, senza la quale non trova ragione nessun investimento per la ricostruzione in questi territori.
Si rimane in attesa di un riscontro in merito alla condivisione o meno di quanto illustrato, anche perché le popolazioni hanno il diritto di vedere norme che suffragano, come detto, gli impegni che da quasi due anni vengono periodicamente annunciati ma, per le ragioni anzidette, ad oggi di fatto disattesi, pur avendo riscosso – le soluzioni prospettate – l’approvazione orale di tutte le forze politiche".
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