Macerata, i richiedenti asilo dormono al freddo. Il Sindaco: troveremo una soluzione
Hanno dormito per terra, davanti all’Ufficio immigrazione della Questura di Macerata tutta la notte, chi con una coperta addosso, chi solo con il proprio giubbotto. Al freddo e senza mangiare, aspettando di avere una risposta dallo Stato italiano.
Sono 40 uomini, vengono dal Pakistan e, chi da cinque giorni, chi da due settimane, girano per la città di Macerata. “Sono stati foto segnalati e ieri hanno presentato la domanda di richiesta d’asilo, ora aspettano che qualche associazione convenzionata - spiegano dalla Prefettura - possa farsi carico della situazione e intervenire con l’accoglienza”. Il problema spiegano non è normativo ma pratico, mancano i posti a disposizione per nuovi richiedenti asilo nelle associazioni”.
Se l’Ufficio immigrazione dice che si sta attivando per trovare associazioni disponibili a offrire assistenza, il sindaco Romano Carancini dichiara di non essere stato avvertito tempestivamente dalla Prefettura: “l’ho saputo alle 11 di ieri sera - spiega - altrimenti sarei intervenuto come l’amministrazione ha sempre fatto in altri casi”. Intanto assicura che si “attiverà al più presto per trovare una soluzione”.
Nel frattempo i richiedenti asilo vagano per le strade della città, senza sapere se mangeranno a pranzo o dove dormiranno la notte. In questo limbo, tra l’arrivo in città e l’assistenza sono essere inesistenti. Non esistono per la legge italiana e neppure per le associazioni e per il Comune che in questi giorni li ha lasciati soli. L’unica realtà locale che si è preoccupata di loro nei giorni scorsi è stata la Caritas che li ha aiutati con cibo e coperte e la chiesa di Santa Croce dove, alcuni di loro, hanno dormito la notte precedente.
In via Prezzolini ci sono ragazzi minorenni e uomini adulti, scappano tutti dal Pakistan dove i talebani minacciano la loro vita “semplicemente perché usiamo internet o perché ritengono che non ci comportiamo come vogliono loro”. Molti sono studenti, altri semplici lavoratori che partiti dal Pakistan hanno attraversato, a piedi o con ogni mezzo che hanno trovato, prima l’Iran, poi la Turchia, la Grecia, i Balcani, fino a giungere in Italia. Qui alcuni sono arrivati a Milano, altri ad Ancona dove dicono che qualcuno, non spiegano bene chi, gli ha detto di venire a Macerata, perché nel capoluogo delle Marche non c’era posto per loro.
Ognuno di questi volti, consumati dal freddo, ha una storia di sofferenza e paura dietro di sé. Amdai, trentott’anni, dice di essere già stato in Italia nel 2010, era fuggito via dal suo paese perché i talebani lo avevano picchiato e gli avevano strappato le unghie delle dita delle mani. Aveva passato quattro mesi in ospedale per riprendersi dalle violenze subite. Nel frattempo i talebani lo avevano preso in ostaggio e per rilasciarlo chiedevano 20 milioni di dollari. La sua famiglia fu costretta a vendere tutto quello che aveva la casa, bici e gioielli e Amdai riuscì così a tornare in libertà. Una libertà dimezzata fatta di fuga dal suo paese, un viaggio interminabile e poi l’Italia. Qui riesce a ottenere lo status di rifugiato, a inserirsi e anche a lavorare. In Pakistan, tuttavia, aveva lasciato i figli e la moglie, che aveva un problema al cuore. Cosi, per stare con lei, aveva acquistato un biglietto aereo e era tornato in Pakistan. Ad attenderlo ci sono di nuovo loro: i talebani che lo spogliano di tutto quello che ha, anche dei documenti. Scappa di nuovo e arriva a Macerata il 4 dicembre, ma avendo perso tutto, deve ricominciare tutto daccapo. E’ di nuovo un richiedente asilo e, nonostante tutto quello che ha subito, stanotte è tornato a dormire in strada con altri suoi connazionali, compagni di sventura.
Alcuni studenti donano viveri ai richiedenti asilo
Commenti