Nuovi locali per l'unità operativa di diabetologia all'interno dell'ospedale di comunità di Recanati: sono stati inaugurati questa mattina dal vicepresidente e assessore alla sanità della Regione, Filippo Saltamartini, insieme al direttore generale dell'Ast di Macerata, Alessandro Marini, il direttore della diabetologia Gabriele Brandoni, alla presenza del sindaco Emanuele Pepa e di Sauro Galassi, presidente dell'Associazione diabetici di Recanati.
"Dal nostro insediamento nel 2020, abbiamo lavorato per realizzare una sanità di prossimità, in controtendenza rispetto agli ospedali unici, abbiamo riformato la sanità e approntato un Piano socio sanitario il cui obiettivo è quello di mantenere e rafforzare i servizi sul territorio regionale. Anche per Recanati e il suo territorio abbiamo previsto un potenziamento dei servizi - ha spiegato Saltamartini -. Nel nostro approccio, abbiamo deciso di puntare su un modello più decentralizzato, con ospedali per acuti a Civitanova, Macerata e Camerino e ospedale di sede disagiata di San Severino Marche. Questo significa che le patologie gravi vengono trattate in questi centri, ma la vera sfida è quella di rafforzare la sanità territoriale, con diagnostica avanzata, prevenzione e un miglior controllo delle patologie sul territorio".
"Per quanto riguarda Recanati, la nostra prospettiva è quella di potenziare l'ospedale di comunità di Recanati con tutta la diagnostica per immagini disponibile (la TAC installata potrebbe essere solo il primo pezzo), altri servizi già presenti e tutta l’attività ambulatoriale - ha proseguito l'assessore -. Possiamo offrire servizi vitali per la salute dei cittadini, senza farli viaggiare verso altri ospedali, alleggerendo così il carico su strutture come quella di Macerata. Abbiamo lavorato e continueremo a lavorare per garantire una programmazione concreta, con un piano che prevede il rafforzamento della sanità territoriale e l'incremento dei medici che stiamo formando in Regione dal 2021 con 150 borse di specializzazione l’anno in più, anche se dobbiamo fare i conti con una carenza di personale pregressa che è il risultato di un errore di programmazione a livello nazionale che abbiamo ereditato dal passato".
"Quest’anno a medicina verranno iscritti oltre 20.000 ragazzi e per la fine di quest’anno il numero di medici che entreranno in servizio saranno superiori a quelli collocati in pensione - ha ribadito Saltamartini -. Questo ci permette di essere ottimisti per il futuro, sebbene ci siano ancora sfide legate alla carenza di infermieri. I 5 milioni del Pnrr su Recanati Casa di Comunità sono stati orientati a rafforzare l’assistenza territoriale di queste comunità e sono investimenti di chiara evidenza".
"I nuovi locali della diabetologia di Recanati sono la risposta ad un bisogno di salute da parte dei cittadini che è aumentato nel corso del tempo, a testimonianza della qualità dell’offerta sanitaria erogata - ha dichiarato Marini -. Vi era la necessità di garantire spazi più ampi e confortevoli al dottor Brandoni e a tutta la sua equipe che lavorano ogni giorno con competenza e abnegazione per soddisfare le necessità di cura della popolazione".
"È il coronamento di un lavoro iniziato tanti anni fa - ha aggiunto Brandoni – che ci ha permesso di portare a Recanati oltre mille persone che hanno una patologia come il diabete. È una patologia importante, sfiora il 6 per cento in Italia, e qui riusciamo a dare un buon servizio grazie all’equipe che prevede due infermieri che fanno l'accettazione, una infermiera delle ferite difficili, un podologo e un dietista. Una bella equipe di professionisti che vogliamo aumentare nel numero per cercare di seguire tutte le persone con questa patologia che sono in aumento”.
Il nuovo reparto, il cui costo complessivo è di 170.060 euro, è stato realizzato nell'area ex dialisi dell'ospedale di comunità di Recanati, è dotato di spazi più ampi e funzionali per venire incontro alla richiesta sanitaria in aumento, comprende un'area di accettazione, una di attesa, nove ambulatori, spogliatoi e servizi igienici su una superficie totale di 330 metri quadrati ed è interamente dotato di impianto di climatizzazione.
L'Unità Operativa di Diabetologia, attiva presso la struttura di Recanati dal 2017, ha per lungo tempo svolto le proprie prestazioni sanitarie utilizzando quattro ambulatori, presenti al piano terra dell'Ex Ospedale, in condivisione e alternanza programmata con altre specializzazioni. L'incrementata affluenza di pazienti diabetici nel corso degli anni ha reso necessaria l’individuazione di locali più idonei e il conseguente trasferimento della diabetologia.
La prostata è un organo dell’apparato urinario maschile sensibile all’avanzamento dell’età con problematiche e patologie che possono andare dalla semplice ipertrofia, infiammazione fino alla possibile insorgenza e sviluppo di un tumore. Proprio di questa grave patologia dell’organo oggi vogliamo parlarne con lo specialista urologo Fabrizio Fioretti che svolge la sua attività nel territorio, consulente presso il centro medico Associati Fisiomed.
Dr. Fioretti, tra le patologie di cui si occupa l’urologo, una di particolare interesse è sicuramente il tumore della prostata, cos’è e quanto è diffuso?
"Esattamente, il tumore della prostata è la neoplasia più comune nell’uomo e ha origine dalle cellule presenti all’interno di questa ghiandola, che appartiene all’apparato riproduttivo maschile.
Il rischio di sviluppare il tumore è direttamente correlato all’età e se tra i 50-60 anni sino a 1 uomo su 4 può presentare aggregati di cellule neoplastiche a 80 anni questa condizione riguarda 1 uomo su 2.
Solitamente ha una crescita lenta, ma esistono anche forme più aggressive, nelle quali le cellule malate possono invadere in tempi brevi i tessuti circostanti e diffondersi ad altri organi.
Grazie all’ampia diffusione di esami quali il PSA ed alle visite urologiche di prevenzione, diagnosi precoci e terapie sempre più efficaci hanno contribuito ad abbassare il tasso di mortalità di questa patologia e attualmente la sopravvivenza a 5 anni si aggira intorno il 92%, un 15% in più rispetto a un decennio fa".
Chi è maggiormente a rischio e come si manifesta?
"Come abbiamo già detto il primo fattore determinante è l’età con il rischio che aumenta progressivamente dopo i 45-50 anni. Il secondo fattore di rischio è senz’altro la familiarità, si ha circa il doppio delle possibilità di sviluppare la malattia in caso di parenti (padre, fratello etc) che hanno o hanno avuto diagnosi di tumore alla prostata rispetto a chi non ha o non ha avuto nessun caso in famiglia.
Altri fattori di rischio comprendono alcuni tipi di mutazioni genetiche ma non meno importanti sono i fattori di rischio legati allo stile di vita, come dieta ricca di grassi saturi e obesità.
Nelle fasi iniziali della malattia non si hanno sintomi e solo nelle fasi tardive e avanzate compaiono disturbi quali difficoltà a urinare, dolore, necessità di urinare spesso, presenza di sangue nelle urine o nello sperma.
Una visita urologica eseguita nei giusti tempi può evitare che la malattia venga scoperta dopo la sua diffusione ma serve anche a diagnosticare problemi prostatici di tipo benigno che possono presentarsi con sintomi urinari simili".
Si può fare prevenzione? E come si arriva alla diagnosi?
"Proprio perché nelle sue fasi iniziali si presenta in genere totalmente asintomatico, l’arma principale contro il tumore della prostata è la diagnosi precoce.
Il dosaggio del Psa, la visita urologica con esplorazione rettale, l’ecografia ed in casi selezionati la risonanza magnetica multiparametrica permettono una diagnosi adeguata nella pressoché totalità dei pazienti.
In particolare dosaggio del Psa e visita urologica vanno eseguiti per la prima volta intorno ai 50 anni, ma nei pazienti che presentano familiarità l’età scende intorno ai 40.
Molto importante è intervenire sui possibili fattori di rischio riguardanti lo stile di vita prima descritti e quindi limitare l’assunzione di grassi saturi, alcool e carni processate, favorendo invece alimenti ad azione antiossidante e antinfiammatoria ed una attività fisica moderata ma costante".
Come si cura?
"Una volta confermata la diagnosi di tumore della prostata e stabilito il grado di aggressività della malattia lo specialista urologo, dopo un’attenta analisi del paziente, consiglierà la strategia più adatta.
Coloro che presentano una malattia a basso rischio possono beneficiare di opzioni terapeutiche che consentono di posticipare il trattamento al momento in cui la malattia diventa "clinicamente significativa".
Eseguendo determinazioni del PSA, visite urologiche e biopsia prostatica in precisi momenti dopo la diagnosi si può controllare l'evoluzione della malattia e verificare la comparsa di eventuali cambiamenti tali da rendere indispensabile un intervento ("sorveglianza attiva").
Nei pazienti con adeguata aspettativa di vita la chirurgia è oggi il trattamento più diffuso ed efficace per trattare il cancro circoscritto alla ghiandola e la rimozione della stessa e dei linfonodi circostanti è da considerarsi un intervento curativo in una grandissima percentuale di casi.
Trattamenti alternativi e tuttavia molto efficaci nel controllo della malattia, da scegliere sempre in base alle caratteristiche del paziente, comprendono la radioterapia e l’ormonoterapia".
Un falegname anconetano di 79 anni con una profonda lesione alla mano provocata da una motosega e un ventenne abruzzese rimasto ferito da un'impastatrice alimentare mentre stava lavorando. Due incidenti e altrettanti traumi, sono quelli arrivati nel corso degli ultimi giorni e trattati dall'unità operativa di Chirurgia Ricostruttiva e Chirurgia della Mano dell'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche diretta dal professor Michele Riccio (direttore del Dipartimento delle Chirurgie Specialistiche). Nel polo ospedaliero di Torrette vengono garantite cure a un ampio bacino di popolazione in arrivo da diverse aree geografiche, anche fuori regione.
Il 25 marzo scorso è stata la volta del pensionato residente ad Ancona, ferito mentre stava utilizzando una motosega. All'improvviso l'arnese lo ha colpito all'arto sinistro provocando una profonda ferita sull'intero palmo della mano. Il trauma è stato particolarmente lesivo nei confronti del 4° e 5° dito, mignolo e anulare, praticamente staccati.
Dopo essere arrivato in emergenza al pronto soccorso dell'ospedale di Torrette, il 79enne è subito entrato in sala operatoria per un intervento che nel complesso è durato cinque ore. L'aspetto prioritario fondamentale è stato quello di rivascolarizzare l'arto, in particolare le due dita più compromesse, altrimenti non ci sarebbe stata alcuna alternativa all'amputazione. La motosega aveva provocato lesioni arteriose, venose e tendinee e l'intervento chirurgico ha dovuto seguire il suo iter ricostruttivo, portato a compimento.
Dopo la sutura dei tendini e dei nervi il paziente è stato risvegliato e portato in reparto dove ha seguito le terapie necessarie nei cinque giorni successivi fino alle dimissioni, avvenute il 31 marzo scorso. A effettuare il delicato intervento chirurgico sono stati il dottor Alexander Neuendorf e il collega Pasquale Gravina, oltre alla presenza delle anestesiste Sandra Reschini e Mariella Donati e al resto del personale di sala.
Ora il paziente sarà seguito dall'equipe del reparto diretto dal professor Michele Riccio e dovrà effettuare un lungo periodo di fisioterapia. Il risultato finale, tuttavia, è aver salvato l'arto del falegname anconetano e nel suo caso l'esito è doppiamente importante in quanto l'uomo era già stato operato per ben due volte alle mani in passato, nel 2009 e nel 2014, sempre dal team della Chirurgia Ricostruttiva e Chirurgia della Mano.
Il secondo caso è ancora più recente e risale alla mattina del 1° aprile. Un infortunio sul lavoro occorso a un abruzzese di 20 anni. Il giovane stava lavorando con l'impastatrice alimentare all'interno di un'azienda di Vasto quando la mano sinistra è stata agganciata e trascinata dentro gli ingranaggi da un rullo che ha provocato un grave trauma. Prima il trasporto all'ospedale di Chieti per la stabilizzazione, poi il trasferimento all'ospedale di Torrette dove il giovane è subito entrato in sala operatoria. La mano sembrava completamente persa, ma i chirurghi sono riusciti a salvare almeno il dito pollice. In questo secondo caso a operare sono stati i chirurghi Pierpaolo Pangrazi, Letizia Senesi e Bruna Manzo oltre all'anestesista Emad Kalagy.
Nelle more dell'assegnazione di un incarico stabile per l'assistenza primaria, i cittadini di Monte San Martino potranno continuare a contare sulle cure della dottoressa Carlotta Cristallini. La sua collaborazione, infatti, è stata prorogata dall'Azienda Sanitaria Territoriale (Ast) di Macerata, che ha rinnovato il contratto di collaborazione coordinata e continuativa per assicurare il servizio medico di base nel comune montano.
La decisione giunge in un contesto di crescente carenza di personale medico nell’ambito dell’assistenza primaria, fenomeno che affligge molte realtà del Servizio Sanitario Nazionale. La difficoltà nel reperire medici per le zone carenti è aggravata dal numero crescente di medici che vanno in pensione e dalla scarsa partecipazione ai bandi per la copertura delle posizioni vacanti.
Monte San Martino, infatti, si caratterizza per una particolare densità di popolazione anziana e una viabilità spesso difficile, caratteristiche che complicano ulteriormente la gestione dell'assistenza medica di base. Per fronteggiare questa situazione, l’Azienda Sanitaria di Macerata ha applicato una disposizione del decreto legislativo 165 del 2001 (art.7, comma 6), che consente alle amministrazioni pubbliche di conferire incarichi temporanei a esperti con alta specializzazione, nel caso in cui non sia possibile coprire il posto con personale in servizio.
La proroga dell'incarico della dottoressa Cristallini rappresenta, quindi, una risposta temporanea ma fondamentale per garantire la continuità delle cure e rispondere alle necessità sanitarie dei cittadini, fino a quando non sarà definito un incarico stabile per il servizio di assistenza primaria.
MACERATA - “È nostro dovere fare queste donazioni e lo facciamo con grandissima soddisfazione. Si tratta di donare realmente qualcosa a tutti indistintamente; al di là del sesso, dell’età, della nazionalità”.
Queste sono le parole del presidente della Fondazione Carima, Francesco Sabatucci Frisciotti Stendardi, nel corso della conferenza stampa, coordinata dal direttore tenutasi questa mattina, 3 aprile 2025, nella sala Biblioteca dell’Ospedale di Macerata e coordinata dal direttore Ast Macerata, Alessandro Marini. Conferenza che si è svolta in occasione della donazione di 9 apparecchiature biomediche di alto livello tecnologico, utilizzate non in ambito diagnostico, ma anche interventistico.
“Insieme a questa donazione- conclude Sabatucci- ne abbiamo fatte anche altre e torneremo a farle in accordo con l’Ast, l’assessore, la dottoressa Corsi e tutti coloro che sono dell’ambito per entrare in un posto laddove ci sono delle mancanze, unendo il pubblico e il privato”.
Un binomio la cui importanza è ribadita dal segretario generale della Fondazione Carima, Gianni Fermanelli: “La collaborazione pubblico-privato è il modo migliore per tutelare quel diritto costituzionale che è la tutela della salute. Vorrei ricordare che il 17 dicembre abbiamo annunciato questa campagna di donazioni e ci siamo anche sbilanciati dicendo che il 90% di queste apparecchiature sarebbe arrivato nei primi mesi del 2025; è esattamente accaduto tutto questo. Delle diciassette apparecchiature che sono state donate ai presidi ospedalieri di Camerino, Civitanova e Macerata, sedici sono già in funzione”.
Il piano comprende, nel dettaglio, 13 ecotomografi per altrettanti reparti dei citati nosocomi, e 4 apparecchiature ad alto contenuto tecnologico, che sono un angiografo vascolare per l’U.O.C. di Radiologia interventistica dell’ospedale di Macerata diretta dal dottor Salvatore Alborino, una colonna video laparoscopica per l’U.O.C. di Chirurgia dell’ospedale di Camerino guidata dal dottor Rosolino Pellerito, un laser ad olmio per l’U.O.C. di Urologia dell’ospedale di Civitanova Marche diretta dal dottor Willy Giannubilo e un ecografo di secondo livello dotato di poltrona ginecologica per l’U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Macerata guidata dal dottor Mauro Pelagalli.
A tal riguardo, a prendere la parola per spiegare nel dettaglio il funzionamento di questi macchinari sono stati i direttori delle diverse Unità Operative dell’Azienda Sanitaria Territoriale di Macerata: Mauro Pelagalli, direttore dell’UOC Ginecologia e Ostetricia, ha illustrato le potenzialità diagnostiche avanzate dell’ecografo ginecologico dotato di intelligenza artificiale, strumento in grado di rilevare lesioni anche di dimensioni molto ridotte a carico dell’ovaio e dell’endometrio. Alla base di questo strumento c'è una piattaforma internazionale in cui avviene un interscambio di informazioni e consulenza in tempo reale. Grazie all'intelligenza artificiale, l'immagine di un ovaio viene scomposta in megapixel e confrontata con altre immagini di tumore ovarico salvate nella piattaforma comune. In questo modo, in soli 10 secondi, è possibile rilevare se l'ovaio è sano o se presenta caratteristiche sospette.
Salvatore Alborino, direttore della Radiologia Interventistica, e Leonardo Costarelli, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Radiodiagnostica, hanno poi approfondito l’aspetto interventistico delle nuove tecnologie, che consentono di eseguire trattamenti minimamente invasivi con una precisione senza precedenti. Daniele Elisei, direttore di Anestesia e Rianimazione, ha parlato invece delle implicazioni per la sicurezza e la gestione dei pazienti durante gli interventi, mentre Emanuele Rossi, andando oltre i dettagli più tecnici, ha parlato della sanità come un bene comune che deve essere tutelato per poi entrare nel vivo della realtà del pronto soccorso, particolarmente complessa da gestire, con situazioni sociali e cliniche estremamente diverse. Il dottor Francesco Pellone e Mario Luzi, direttore della Cardiologia, hanno approfondito i benefici dei nuovi macchinari in ambito cardiovascolare, sottolineando come queste tecnologie avanzate stiano rivoluzionando il trattamento delle patologie cardiache. In particolare, l'introduzione di dispositivi all’avanguardia permette di eseguire interventi meno invasivi, con una maggiore precisione, riducendo il rischio per i pazienti e migliorando i tempi di recupero.
A tracciare un quadro generale della sanità regionale, Filippo Saltamartini, assessore regionale alla Sanità, che ha sottolineato come le Marche siano tra le regioni con le tecnologie elettromedicali più moderne: “È la statistica nazionale che fa sì che le Marche abbiano le tecnologie elettromedicali più nuove d’Italia dopo la provincia di Bolzano, che ha uno statuto speciale”.
L’assessore ha poi evidenziato gli sforzi messi in campo per colmare la carenza di medici e ridurre le liste di attesa, ringraziando la Fondazione Carima per il suo impegno verso la salute del territorio: “In questo momento mancano nell’organico circa 250 medici di medicina generale e naturalmente, attraverso tutta una serie di accordi con le farmacie, i punti salute, le nuove tecnologie, cerchiamo di abbattere le liste di attesa che sono un problema di tutta Italia. Saremo in grado di avere i medici necessari al servizio nei prossimi mesi e anni. La Fondazione Carima dimostra, ancora una volta, un attaccamento al territorio e al diritto alla salute”.
Daniela Corsi, direttore sanitario Ast Macerata, ha espresso gratitudine alla Direzione e alla Fondazione Carima per il continuo supporto, fondamentale a garantire un'assistenza di alta qualità: “Ringraziamo tutta la direzione, la Fondazione Carima perché c’è sempre vicina e comprende quelle che sono le necessità e contribuisce affinché il livello di assistenza che noi offriamo agli utenti sia sempre di alta qualità. L’ecografo, in particolare quello della ginecologia, è un ecografo che permette di riconosce a livello diagnostico lesioni anche molto piccole a carico dell’ovaio e dell’endometrio e segna un grande passo avanti”.
Prosegue il progetto "Tirotary": screening gratuito per la salute della tiroide degli studenti. Continua con successo il service, promosso dal Rotary Club Tolentino, volto a monitorare la funzionalità tiroidea nei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, un'età in cui avvengono importanti cambiamenti ormonali e fisici.
L'iniziativa, che ha preso il via diversi anni fa, si è ormai consolidata come un appuntamento fisso per le scuole del territorio, coinvolgendo con entusiasmo alunni e famiglie. L’altra mattina, all’aula magna della scuola “Lucatelli”, gli alunni dell’Istituto Comprensivo "Lucatelli – Don Bosco" di Tolentino sono stati sottoposti gratuitamente allo screening, che prevede un’anamnesi, una visita medica e un’ecografia alla tiroide.
L’attività sta proseguendo in questi giorni, coprendo tutte le 13 classi della "Lucatelli" e le 10 della "Don Bosco". Lo screening gratuito sta coinvolgendo circa 500 alunni. «È un progetto di grande valore – spiega la dirigente scolastica Mara Amico –, accolto con favore dalle famiglie, tanto che quasi tutti gli studenti hanno aderito. È un’iniziativa che ha continuità nel tempo e che dimostra l’importanza della prevenzione».+
A rendere possibile questa iniziativa è la collaborazione di un'equipe medica di alto livello. Il progetto è coordinato dal medico Stefano Gobbi, rotariano e governatore eletto del Distretto 2090, e vede la partecipazione dell'ecografista Maurizio Lucarelli, della volontaria della Croce Rossa Italiana del comitato di Tolentino, vice presidente Monica Scalzini, della rotariana Giuliana Salvucci e di altri membri del Rotary Tolentino.
Un ringraziamento speciale va anche ai responsabili del Centro Medico Blu Gallery di San Severino Marche, che hanno messo a disposizione strumenti e professionalità per la buona riuscita del progetto. Negli anni passati, il “Tirotary” ha permesso di individuare diversi casi di alterazioni tiroidee, consentendo alle famiglie di intervenire tempestivamente con approfondimenti medici e cure adeguate.
Questo dimostra l’importanza della prevenzione nelle fasce più giovani, dove patologie tiroidee possono passare inosservate, con conseguenze sullo sviluppo e sul benessere generale dei ragazzi. Grazie all’impegno del Rotary Club Tolentino e alla sensibilità del personale scolastico, "Tirotary" continua a essere un punto di riferimento per la salute dei giovani studenti, con l’obiettivo di proseguire e, se possibile, ampliare ulteriormente la sua portata nei prossimi anni.
Un medico di base lascerà il suo incarico nella Città di Matelica nei prossimi mesi, il sindaco richiede un’integrazione di personale medico a seguito di questo trasferimento.
Questo il testo della missiva inviata dal sindaco della Città di Matelica Denis Cingolani al direttore generale dell’AST di Macerata dott. Alessandro Marini, al direttore sanitario dell’AST di Macerata dott. Giancarlo Cordani, al direttore del distretto sanitario dell’AST di Macerata dott.ssa Daniela Corsi e all’assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini: “In qualità di sindaco del Comune di Matelica, mi trovo a dover porre l’attenzione sull’imminente cessazione dal servizio di uno dei medici in forza alla nostra comunità, come certamente Voi avrete appreso, il cui contributo è stato essenziale per il mantenimento di dell'erogazione dei servizi sanitari nel territorio. La carenza di personale medico - ha aggiunto il primo cittadino - rappresenta una criticità che potrebbe ripercuotersi negativamente sull'accessibilità e sulla qualità delle cure per i nostri cittadini.
È quindi con estrema urgenza che mi permetto di invitarvi a valutare la possibilità di procedere alla tempestiva integrazione del medico che si appresta a lasciare il servizio. Sono certo che la Vostra sensibilità e attenzione nei confronti delle esigenze territoriali contribuiranno a identificare una soluzione efficace per preservare l'equilibrio e la continuità del servizio sanitario nel nostro Comune. Rimango a completa disposizione per un incontro volto ad approfondire tale tematica e a collaborare, qualora vogliate, nell'individuazione delle migliori strategie”.
Il sindaco della Città di Matelica Denis Cingolani ed il vice sindaco Rosanna Procaccini aggiungono: “L’importanza del medico di base è nota a tutti, la nostra città purtroppo andrà a perdere uno dei suoi elementi fondamentali dunque speriamo che le nostre richieste vengano accolte perché la salute è un diritto fondamentale per i cittadini. È impensabile che tutti questi pazienti che si ritroveranno senza medico, vengano lasciati in una situazione di precarietà. Quindi ci rivolgiamo all’AST ed all’assessore Saltamartini affinché possano trovare al più presto una soluzione a questo problema”.
La salute non è solo assenza della malattia, guarigione dalla malattia, ma anche ricerca del benessere. La definizione di salute così declamata è dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il benessere è un concetto variabile, non esiste il benessere assoluto, esiste la ricerca di migliorare il proprio stato e di vivere al meglio le stagioni della vita.
Questa visione allargata della buona salute richiede un impegno costante ed anche l’aiuto di figure professionali non necessariamente sanitarie, anzi, il buon risultato spesso ha bisogno del coinvolgimento di ulteriori competenze che sappiano aiutare a creare un’armonia tra il corpo e la mente.
Laura Cavarischia è un’estetista che ha saputo integrare il suo lavoro con esperienze di ricerca e cultura fino a coordinare un gruppo che possiamo definire polispecialistico nel centro "La Creazione" di Tolentino.
Venerdì 11 aprile si terrà al teatro Politeama di Tolentino una sintesi e saranno presentati i progetti per la ricerca del benessere in una stagione molto delicata della donna: la menopausa, evento in collaborazione con il centro medico Associati Fisiomed.
Abbiamo rivolto a Laura Cavarischia alcune domande.
Perché ha voluto questo evento?
"Perché la menopausa è ancora un grande tabù, e troppo spesso viene affrontata come una fase di declino, come qualcosa da nascondere o sopportare. In realtà è un momento di grande trasformazione, un nuovo inizio pieno di opportunità che però vanno colte. Ho voluto creare uno spazio in cui parlarne apertamente, senza vergogna né imbarazzi, per aiutare le donne a vivere questo passaggio in modo più consapevole, informato e positivo. Vogliamo offrire strumenti concreti per migliorare il rapporto con il proprio corpo, ma anche nutrire un senso di sorellanza e vicinanza tra donne. Questo evento è nato per accogliere, per dare voce e per proporre un modo nuovo di prendersi cura di sé".
Molti tabù ancora avvolgono il tema della menopausa. Come può un evento come questo contribuire a superarli?
"I tabù sulla menopausa nascono da un modello culturale che ha a lungo ignorato, minimizzato o addirittura patologizzato questo momento fisiologico della vita femminile. Troppo spesso le donne si trovano sole ad affrontare cambiamenti importanti del corpo, della libido, dell'umore, senza strumenti, senza informazioni corrette e, soprattutto, senza uno spazio di confronto libero da giudizio.
Noi lavoriamo soprattutto con donne in menopausa e sappiamo benissimo quanta pesantezza, non solo fisica, ma anche sociale, gravi sulla questione. Con questo evento vogliamo rompere il silenzio e aprire un dialogo sincero, informato e multidisciplinare. Il nostro obiettivo è restituire alla menopausa la sua dignità di passaggio trasformativo, offrendo strumenti concreti e una nuova visione: non una fine, ma un nuovo inizio, più consapevole, più libero, più autentico".
Perché ha coinvolto il Gruppo Medico Fisiomed?
"Perché nel nostro lavoro, come Fisiomed, cerchiamo di prenderci cura delle persone in modo globale, integrato e umano. Abbiamo scelto di collaborare con alcune delle loro professioniste perché ne condividiamo i valori, l’approccio multidisciplinare e il rispetto per ogni fase della vita. La menopausa è un passaggio che tocca ormoni, pelle, emozioni, intimità, postura, percezione di sé e, per questo, volevamo offrire alle nostre donne anche un approfondimento dal punto di vista medico. Insieme possiamo offrire un’esperienza completa, che mette al centro la persona e che dà risposte vere, concrete, accessibili. È una sinergia che rafforza la nostra missione e arricchisce profondamente questo evento dedicato alla menopausa".
Qual è il programma?
"Il programma si compone di sette interventi brevi, intensi e trasversali. Io parlerò della menopausa come viaggio, non come fine: come occasione per ricominciare ad ascoltarsi. Valeria Cantolacqua, da oltre dieci anni con me nel team, approfondirà cosa succede al nostro corpo e alla nostra silhouette. Angela Fiorelli, altra mia operatrice, ci guiderà nella metamorfosi del viso e della pelle. La dott.ssa Maria Cristina Magagnini, endocrinologa, ci aiuterà a capire come cambiano gli ormoni e cosa possiamo fare per ritrovare equilibrio. L’ostetrica Melissa Falistocco parlerà della salute vaginale e del benessere intimo. La psicoterapeuta e sessuologa dott.ssa Giuliana Proietti affronterà il tema della sessualità e del piacere dopo la menopausa. E infine, Isabella Tomassucci, educatrice teatrale e insegnante di yoga, ci proporrà un’esperienza che mette al centro il movimento e la creatività".
Perché fare un evento? Forma nuova di comunicazione? Nuovo modello?
"Non è una novità per noi. Ogni anno organizziamo eventi di questo tipo perché crediamo che fare divulgazione, offrire strumenti e diffondere informazione corretta sui temi legati alla salute e al benessere delle donne sia parte integrante della nostra identità. Negli anni abbiamo realizzato molte iniziative di questo tipo e anche una campagna di sensibilizzazione al benessere che è stata presentata anche a Parigi.
Non è solo marketing, è responsabilità sociale. L’estetica, per noi, è solo un punto d’ingresso: il vero obiettivo è aiutare le donne a conoscersi meglio, ad ascoltarsi, a stare bene con sé stesse, il nostro è un lavoro a 360 gradi sulla persona e sul suo benessere. Inoltre, credo anche che fare impresa oggi significa creare valore per le persone. Per questo ogni nostra iniziativa punta anche ad aprire uno spazio di dialogo, condivisione e crescita collettiva".
La sua concezione dell’estetica va ben oltre l’aspetto esteriore. Come intende il suo lavoro?
"Per me, l’estetica è un canale privilegiato per lavorare sul benessere globale della persona. Il corpo non è un oggetto da correggere, ma un sistema sinergico che parla, che comunica. Il nostro compito non è inseguire la perfezione, ma aiutare ogni donna a riconnettersi con sé stessa, a ritrovare armonia, a sentirsi di nuovo a casa nel proprio corpo. Non è solo questione di pelle o centimetri: è una trasformazione interiore che parte dal corpo ma tocca anche le emozioni, il respiro, l’autostima. In questo senso, il mio lavoro è molto più vicino alla cura che all’estetica tradizionale. È un accompagnamento delicato, profondo, e sempre personalizzato".
Che percorso di formazione ha fatto?
"Dopo la formazione in estetica tradizionale, ho sentito subito il bisogno di andare oltre. Ho studiato per cinque anni in un’Accademia Ayurvedica, seguito un master in India, dove ho appreso un approccio olistico che ancora oggi guida il mio lavoro. Ho integrato tutto questo con corsi di estetica avanzata in Svizzera e a Milano, specializzandomi in massaggio miofasciale, connettivale, posturale e body modeling.
Ho studiato anche naturopatia, cosmetologia, psicosomatica, e attualmente sto concludendo un master in Scienze Integrative Applicate. Ho scelto di formarmi a 360° perché credo che il nostro compito sia quello di leggere il corpo come un insieme complesso, e di lavorare su più livelli. Tutto il mio percorso, poi, è confluito in un programma di formazione rivolto al mio team: tutte le mie operatrici sono allineate per quanto riguarda competenze e obiettive e si aggiornano continuamente".
Le persone sono sotto stress. Cosa possono fare per il loro benessere?
"La prima cosa è smettere di pensare al benessere come un premio da conquistare, come un lusso da concedersi. È un bisogno, e va ascoltato ogni giorno. Servono piccoli gesti quotidiani: respirare meglio, dormire con più regolarità, imparare a dire qualche no, creare spazi per sé. In 'La Creazione' aiutiamo le donne a costruire una routine che non sia un dovere, ma un piacere. Lavoriamo sul corpo, ma anche sulle abitudini, sulle emozioni, sulla consapevolezza. Esiste un modo gentile per cambiare vita: non servono stravolgimenti, ma costanza, sostegno e strumenti giusti. Il nostro lavoro è anche questo: restituire fiducia, tempo, energia e autostima".
Il Reparto di Radiologia Interventistica dell’ospedale di Macerata, diretto dal dottor Salvatore Alborino, da oltre tre anni si occupa sia di embolia polmonare che di trombosi venosa profonda in fase acuta, diventando un centro di riferimento per la cura di entrambe le patologie.
Queste problematiche cliniche sono trattate mediante interventi invasivi di trombectomia meccanica oltre alla terapia farmacologica. La struttura ospedaliera maceratese, che già vanta volumi notevoli di interventi per patologie vascolari, circa 1000 l’anno, è uno dei pochi ospedali in Italia dove si realizzano interventi di questo tipo che sono ancora poco diffusi sul territorio nazionale.
“Con il termine di trombo embolismo venoso (TEV) si intende la combinazione di due quadri clinici spesso tra loro strettamente correlati, cioè la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare, che rappresentano problemi di salute importanti con esiti potenzialmente gravi – spiega il Primario della Radiologia Interventistica dr. Salvatore Alborino.
L'incidenza annuale di TVP e TEV sintomatiche (TVP più EP) nella popolazione adulta è stimata in 50-100 e 75-150 ogni 100.000 abitanti rispettivamente e l'incidenza raddoppia per ogni aumento di dieci anni di età, mentre il 4% di questi eventi comporta la morte. L’embolia polmonare acuta può essere fatale e le complicanze a distanza di entrambe le patologie possono essere gravi e invalidanti”.
Sebbene sia importante poter effettuare una prevenzione efficace per il trombo embolismo venoso, c'è ancora un basso tasso di profilassi appropriata in tutto il mondo, in particolare per i pazienti con patologie acute e vi è necessità di percorsi ospedalieri omogenei e definiti.
L’applicazione appropriata delle linee guida, dei protocolli ospedalieri insieme agli audit locali per la prevenzione del TEV hanno dimostrato, tuttavia, di ridurre gli eventi avversi correlati. L’Ast di Macerata si è dotata di apposito percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) per il trattamento dell’embolia polmonare, una delle poche in Italia, e dal mese di febbraio 2025 è entrato ufficialmente in vigore il PDTA aziendale grazie alla collaborazione di molti reparti ospedalieri, tra i quali i Pronto Soccorso e il 118.
Ieri si è svolto ad Ancona un partecipato evento scientifico, organizzato dal dottor Roberto Catalini, Direttore della U.O.C. di Medicina Interna di Macerata, e rivolto agli operatori impegnati nella diagnosi e cura del trombo embolismo venoso nella Regione Marche.
Negli ultimi anni, infatti, il trattamento del TEV ha subito significativi progressi, con importanti novità che hanno migliorato l’efficacia, la sicurezza e la gestione complessiva di questa patologia.
La ricerca continua a focalizzarsi sulla riduzione degli eventi trombotici e sul miglioramento della sicurezza dei pazienti, garantendo un equilibrio ottimale tra prevenzione delle recidive e rischio di complicanze emorragiche.
“Ringrazio il dottor Alborino e tutta la sua èquipe perché dimostrano come nel nosocomio maceratese vi siano eccellenze di Reparti, punti di riferimento per la diagnosi e cura dell’embolia polmonare e della trombosi venosa profonda, – dichiara il direttore generale dell’Ast di Macerata dottor Alessandro Marini – che elevano la qualità dei servizi sanitari offerti ai cittadini”.
“Il territorio maceratese vanta reparti e servizi sanitari d’eccellenza, che garantiscono prestazioni di altissimo livello ai cittadini – dichiara il vice presidente della Giunta e Assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini – Realtà come la Radiologia Interventistica dell’Ospedale di Macerata rappresentano un fiore all’occhiello”.
Il 118 di Macerata non è solo attività di emergenza, ma Centro di Formazione dal lontano 2001, anno della sua fondazione. La centrale operativa del Servizio di Emergenza Territoriale maceratese ha erogato ed eroga formazione agli operatori dell’azienda sanitaria controllando, attraverso la figura del delegato di centrale scelta tra gli istruttori più esperti, la corretta esecuzione dei corsi da parte dei centri abilitati esterni e rivolti al personale sanitario o operante sui mezzi di soccorso.
Il Covid ha rallentato in parte l’operatività del Centro che da fine 2023 ha, invece, ripreso la propria attività in modo esponenziale quasi raddoppiando il numero dei propri istruttori e fornendo all’azienda la possibilità di formare all’utilizzo del Dae, defibrillatori automatici e semiautomatici esterni, gran parte del personale anche in conformità alle nuove linee guida post Covid.
Attualmente si sta incrementando la formazione erogata al di fuori del personale aziendale fornendo su richiesta corsi di primo soccorso aziendale previsti dalla Legge 81/08 e formando non solo sanitari, ma volontari del soccorso e operatori sui mezzi.
“All’interno del Centro di Formazione del 118, come previsto dalla normativa di riferimento, ci sono quattro docenti scolastici che si occupano di trasmettere la cultura del primo soccorso e dell’utilizzo del Dae nelle ultime classi delle scuole superiori e, recentemente, di istruire anche il personale scolastico. – spiega la dottoressa, Elena Ricotta, responsabile della Formazione del 118 dell’Ast di Macerata – Abbiamo due docenti presso l’Istituto Tecnico Economico A. Gentili di Macerata e altri due presso il liceo Scientifico G. Galilei”.
Tra il personale dipendente dell’Azienda sanitaria maceratese gli istruttori formati e registrati all’albo dei formatori regionali sono ventuno, ai quali si aggiungono i quattro docenti scolastici e altri sei operatori che si stanno formando. Nel 90% dei casi si tratta di operatori dell’emergenza che giornalmente applicano in pratica, sul luogo di lavoro, ciò che insegnano in teoria.
Per avere un quadro generale dell’attività formativa erogata dal Servizio di Emergenza Territoriale dell’Ast maceratese, basti pensare che nel 2024 sono state realizzate 186 edizioni di BLSD base (rianimazione cardiopolmonare con uso del defibrillatore) per un totale di 786 discenti, 54 edizioni di BLSD retraining per 299 discenti, 9 edizioni di P-BLSD (pediatrico) per 39 discenti per un totale di 1124 discenti, mentre i docenti scolastici hanno formato quasi 200 persone.
“Ringrazio il Centro di Formazione del 118 perché l’intensa attività formativa erogata all’interno e all’esterno dell’Azienda contribuisce a garantire la salvaguardia della salute dei nostri cittadini – afferma il direttore Generale dell’Ast di Macerata dottor Alessandro Marini . Saper usare un defibrillatore, infatti, permette di salvare vite umane in situazioni di emergenza sanitaria come gli arresti cardiaci improvvisi. "Rafforziamo formazione e prevenzione, investimenti strategici per la salute della popolazione - dichiara il vicepresidente della Giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini - Promuovere la cultura del primo soccorso e trasmettere la conoscenza delle corrette manovre è fondamentale per salvare vite. Coinvolgere i giovani in questi progetti rappresenta un valore aggiunto di grande rilievo perché contribuisce a promuovere e rafforzare la cultura della solidarietà e la responsabilità nei confronti della propria comunità".
Il calciatore della Fiorentina, Edoardo Bove, è stato ricoverato ieri all'ospedale Torrette di Ancona per sottoporsi a una serie di test diagnostici approfonditi, dopo l’impianto del defibrillatore che gli è stato necessario a seguito del malore che lo ha colpito durante la partita contro l'Inter lo scorso 1° dicembre. Il giovane centrocampista romano, 22 anni, aveva subito un arresto cardiaco mentre si trovava in campo al Franchi e da allora la sua situazione sanitaria è stata monitorata attentamente.
Il ricovero di Bove è avvenuto presso la Clinica di Cardiologia e Aritmologia, diretta dal professor Antonio Dello Russo. In questa struttura altamente specializzata, il calciatore è stato sottoposto a una serie di esami diagnostici, tra cui approfondimenti invasivi di natura elettrofisiologica, per trattare le aritmie e valutare in modo dettagliato la sua condizione cardiaca. Questi accertamenti sono fondamentali per determinare se la cardiopatia che ha colpito Bove sia di natura strutturale o meno, e i risultati definitivi sono attesi entro una o due settimane.
Alla presenza del professor Paolo Zeppilli, consulente del giocatore, il percorso diagnostico ha avuto come obiettivo quello di fare chiarezza sulle cause del malore di Bove e definire le modalità più appropriate per il suo ritorno in campo. Con il defibrillatore impiantato, il calciatore potrebbe teoricamente tornare a giocare solo all’estero, visto che i protocolli sanitari e sportivi italiani attualmente impediscono la partecipazione a chi ha un dispositivo del genere impiantato. Tuttavia, se i test dovessero confermare che non ci sono più rischi e se il defibrillatore potesse essere rimosso, la possibilità di un ritorno alla Fiorentina potrebbe essere aperta.
Tutto in dodici ore. Sono stati dimessi e stanno bene i tre pazienti sottoposti a trapianto di fegato da parte dell'equipe della Clinica di Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti dell'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche diretta dal professor Marco Vivarelli. Gli interventi risalgono alla fine di febbraio e il tempo intercorso nel frattempo ha consentito al personale medico di valutare il decorso anche dopo il ritorno a casa dei pazienti.
Si tratta di due pazienti maschi adulti, tra i 50 e i 70 anni, e di una minorenne, in due casi residenti nelle Marche e uno in arrivo dall'Abruzzo. La particolarità della situazione è legata proprio alla tempistica delle operazioni, svolte dai team trapiantologici in appena mezza giornata: “Una volta, all'inizio della pratica operativa nel nostro territorio _ spiega il direttore dell'Unità Operativa, Marco Vivarelli _, per un singolo trapianto di ore ne servivano almeno diciotto. Col tempo le abilità e gli strumenti si sono affinati e questo consente ormai di definire quanto fatto alcune settimane qui a Torrette come qualcosa di abbastanza normale. In quelle dodici ore c'è stato abbastanza traffico dentro il blocco operatorio, con decine di persone al lavoro”.
È questa la normalità di intervenire su due trapianti in contemporanea, in sale attigue, una accanto all'altra, in grado di impegnare squadre composte da chirurghi, anestesisti, infermieri e tecnici, con almeno una ventina di professionisti all'opera. Ci sono altri dettagli molto importanti da ricordare. Due dei prelievi d'organo sono avvenuti da pazienti in morte cerebrale e un terzo in morte cardiaca, un'operazione più raffinata e complessa rispetto all'altra modalità.
I chirurghi di Torrette hanno prelevato i tre fegati in altrettanti ospedali, a Modena, Perugia e Senigallia: “L'elevato livello di professionalità della nostra unità operativa - aggiunge il professor Vivarelli - è ormai riconosciuto a livello nazionale e internazionale grazie a parametri oggettivi. La nostra presenza in board di risonanza mondiale conferma l'eccellenza raggiunta negli anni e si sostanzia di fronte a exploit come quello compiuto a fine febbraio. Ormai non è più sufficiente avere un bravo chirurgo, la cosiddetta 'buona mano', ma è assolutamente necessario che alle spalle ci sia un'organizzazione di supporto di alto livello. Procedure avanzate, come ad esempio i tre interventi portati a termine in mezza giornata, devono essere fatte in strutture ospedaliere dotate di network professionali di qualità. Sono i dettagli, ora e sempre di più, a fare la differenza”.
Riconoscimenti internazionali che continuano ad arrivare. Nel settembre scorso la Clinica di Torrette ha redatto, assieme ai maggiori esperti chirurghi mondiali, le linee guida per il trattamento chirurgico del fegato. Tra questi, ben tre sono chirurghi della Clinica di Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche: il professor Marco Vivarelli nel panel degli esperti, il professor Federico Mocchegiani nel comitato di valutazione e il dottor Andrea Benedetti Cacciaguerra nel gruppo di ricerca.
Particolarmente sentite le congratulazioni del magnifico rettore Univpm Gian Luca Gregori: “Lo straordinario risultato ottenuto dal professor Marco Vivarelli e dalla sua equipe conferma l’alto valore del Centro a beneficio della comunità e mette in luce la qualità del servizio per i pazienti. Risultati che si raggiungono anche grazie al sostegno costante della ricerca scientifica. Notizie come queste ci inducono a riflettere, inoltre, sull’alto valore della donazione e sulla fondamentale generosità dei donatori”.
Soddisfazione è stata espressa dal direttore generale dell'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, Armando Marco Gozzini: “Molti passi avanti sono stati fatti. Trapiantare il fegato in tre pazienti nel giro di una mezza giornata, addirittura due operati in contemporanea, conferma l'alto livello di prestazioni della nostra Azienda, un'eccellenza consolidata. Ringrazio il professor Vivarelli, il personale sanitario e i donatori :persone che sacrificano molto della loro vita per salvare quella degli altri”.
La buona notizia, dunque, è quella di avere l'ennesima eccellenza all'interno dell'Aou delle Marche. L'unico allarme è legato invece al trend legato al calo delle donazioni di organi e, di conseguenza, all'aumento delle opposizioni: “Le Marche sono in controtendenza rispetto al quadro nazionale e questo riguarda sia il 2024 che i primi mesi dell'anno in corso” conclude il direttore della Clinica di Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti.
"La questione della mancanza di copertura di alcuni turni del servizio di guardia medica di Trodica è purtroppo ben nota all’amministrazione comunale ed è una problematica che è figlia della carenza di medici che si registra a livello nazionale e, conseguentemente, anche locale". Così, in una nota, la giunta Staffolani, in merito alla carenza del servizio di guardia medica nel territorio di Trodica.
"Per molto tempo, i turni in guardia medica sono stati spesso coperti da specializzandi che usavano questa possibilità per accumulare esperienza", prosegue la nota. Ma negli ultimi anni, vista la mancanza di nuovi medici, anche i giovani appena laureati vengono precettati per il lavoro ospedaliero, lasciando così sguarniti i posti nelle guardie mediche".
"Un fenomeno nazionale, causato da un lungo periodo in cui i Governi che si sono succeduti hanno trascurato la formazione dei nuovi medici e cui quello attuale ha iniziato a porre rimedio abolendo il numero chiuso ai test d’ingresso. In questo quadro, la Regione Marche sta cercando di dare man forte finanziando borse di studio per la formazione di medici di medicina generale e l’Ast sta tentando la via di un accordo con i medici di base per la copertura dei turni di guardia medica".
"Interventi che però inizieranno a sortire i primi effetti solo nel giro di 6-7 anni, una volta completati i cicli di formazione dei primi nuovi dottori. Il sindaco Andrea Staffolani sta monitorando la situazione costantemente, interfacciandosi con la direzione dell’Ast di Macerata e i vertici della Regione Marche, ma come evidente si tratta di una questione su cui le amministrazioni locali possono incidere in maniera limitata, se non sollecitando e facendo presenti le situazioni particolari come quella di Trodica.
"E c’è il rischio concreto, come abbiamo già visto in realtà limitrofe, che la situazione si aggravi ancora nei prossimi anni. Capiamo la preoccupazione dei consiglieri di Cura e Partecipazione ed è la medesima che abbiamo come amministratori. Ma la serietà e la complessità del momento storico che viviamo ci impongono di lasciare da parte le sterili polemiche di cortile e le mistificatorie accuse al sindaco per cercare, unitariamente, soluzioni di lungo respiro a questioni che toccano da vicino la vita quotidiana delle persone".
Ogni volta che la cronaca ci propone tragedie immense come quella della guerra in Ucraina, in Israele, a Gaza e in tante altre parti del mondo, non ci resta che piegarci su noi stessi e, se ne siamo capaci, riflettere sulla nostra natura umana così piena di risorse, di continuo sviluppo tecnologico, economico e sociale, del pensiero, ma anche così fragile, intrisa di soprusi, odio e dolore.
Sono passati millenni, ma ancora l’uomo non riesce a liberarsi della sua carica di aggressività, violenza, voglia di sopraffazione sugli altri. I virus della nostra mente che facciamo fatica ad estirpare o a controllare e che spesso prendono il sopravvento sia individualmente che collettivamente seminando disagi, sofferenze, terrore, morte. Quando la nostra riflessione si fa più attenta stimolata da quei fatti orrendi, non possiamo non rilevare che l’uomo, tra gli esseri viventi, è l’animale che da sempre ha la maggiore propensione ad eliminare fisicamente i suoi simili.
La storia passata come quella recente è stracolma di omicidi: un uomo che per qualche motivo decide di uccidere un altro uomo. Le organizzazioni sociali, che siano quelle tribali della storia antica o che siano quelle organizzate per Stati e Nazioni della storia moderna, hanno sempre contemplato la possibilità di uccidere e non solo per legittima difesa, ma anche per una più generica difesa degli interessi delle comunità. Le guerre hanno fatto la storia, se ne sono combattute un numero illimitato nello svolgere dei tempi, con un numero ancora più illimitato di morti ammazzati.
Tutt’ora nel mondo, oltre a quelle citate, sono decine le guerre che si combattono circoscritte magari in territori limitati, ma dove ogni giorno muoiono donne, uomini e bambini. Sono riscontrabili tante testimonianze della Prima Guerra Mondiale ed ancora testimoni viventi che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale, le tragedie del secolo scorso che hanno interessato il mondo occidentale. Esse hanno procurato milioni di morti, la maggior parte giovani, deceduti in battaglia, sotto i bombardamenti e poi le deportazioni, i campi di sterminio, persino le bombe atomiche. Una lotta fratricida che percorre senza interruzioni la storia dell’uomo. Le guerre sono state anche regolamentate con varie convenzioni internazionali, una specie di codificazione del diritto di uccidere circoscritto con delle regole, visto che non siamo mai stati capaci di additare la guerra come un male assoluto da estirpare.
L’umanità composta da miliardi di esseri pensanti, tra essi geni del pensiero, artisti capaci di esaltare la bellezza della natura umana e dell’universo intero, uomini capaci di altruismo, generosità, amore. L’umanità però è sempre piena di violenza e con una intrinseca voglia strisciante ma sempre presente del dominio sugli altri. L’idea di Dio che ogni uomo ricerca, immaginandolo come autore delle meraviglie dell’universo e come meta dopo il cammino terreno non è riuscita ad esorcizzare la parte oscura ed infetta della nostra mente. Nel nome di Dio anzi si sono combattute nella storia guerre definite sacre e giuste, senza pensare che portare morte non è mai giusto. A volte uccidere può essere necessario per legittima difesa, per difendere la libertà e l’integrità di una collettività, ma “giusto” vuol dire qualcosa di più. Procurare a tutti il necessario per vivere è giusto, fornire istruzione e cultura a tutti è giusto, procurare gli stessi diritti sociali a tutti è giusto, tutelare l’uguaglianza e la libertà delle donne è giusto. Perché la società umana sia giusta c’è bisogno che ognuno cerchi dentro di sé la sua parte migliore e si spenda per tutti quei principi che sono stati prima elencati.
Chi organizza le guerre, chi specula sul commercio delle armi, chi indottrina e arma i giovani per spingerli al terrorismo non può mai essere giusto. Seminare morte tra la gente dell’Ucraina, d’Israele e di Gaza, fare esplodere una bomba in un aereo o in una piazza, non può essere definito umano se non nella consapevolezza del tanto che dobbiamo fare ancora per migliorarci, sia individualmente che nell’organizzazione delle comunità.
Pensate agli sforzi che tanti uomini fanno per far evolvere la scienza medica, sforzi per cercare di far vivere meglio e più a lungo. Pensate a tutti quelli che fanno onestamente il loro lavoro per far crescere la società e dare buone opportunità a tutti, pensate a quelli che si occupano degli indigenti, dei bisognosi, dei disabili per dare un senso alla propria vita e a quella degli altri. Episodi drammatici di guerra e violenza non tolgono la vita a quelli che casualmente vi capitano, ma uccidono anche un po’ tutti gli uomini di buona volontà, chi non si rassegna a perdere la speranza che la nostra umanità può essere migliorata e guarita da quei virus virtuali che minano la nostra mente più di quanto facciano quelli naturali per il nostro corpo. I virus si chiamano arrivismo, egocentrismo, narcisismo, fame di potere e di denaro, prepotenza, disprezzo e sfruttamento dei più deboli. Gli anticorpi si chiamano generosità, altruismo, solidarietà, tolleranza, cultura, amore. La lotta è da sempre dura, ma gli anticorpi potrebbero sopraffare i virus, bisogna stimolare l’opera di bonifica in ognuno di noi con l’intento di raggiungere un Dio vero e buono per chi ci crede, o comunque elaborare un uomo sano e giusto.
Ogni anno, il 15 marzo, si celebra la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, un’occasione dedicata alla sensibilizzazione sui Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Questa giornata nasce con l’obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza su patologie come anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge eating disorder e altre forme di disagio legate all’alimentazione, promuovendo al contempo la prevenzione e l’informazione.
I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione si manifestano attraverso un rapporto disfunzionale con il cibo, un'alterata percezione del proprio corpo e una costante preoccupazione per il peso e l’aspetto fisico. Le conseguenze possono essere molto serie, con impatti sulla salute che spaziano dai problemi gastrointestinali e cardiovascolari fino a gravi squilibri endocrini. Nei casi più estremi, purtroppo, possono portare anche alla morte.
Questi disturbi sono una realtà che coinvolge oltre 55 milioni di persone nel mondo, di cui circa 3 milioni solo in Italia. Sebbene siano più comuni tra gli adolescenti (in particolar modo nelle ragazze), negli ultimi anni l’età di insorgenza si è abbassata drasticamente: se un tempo si manifestavano tra i 14 e i 16 anni, oggi si riscontrano già tra gli 11 e i 13 anni. La pandemia ha avuto un ruolo significativo nell’accentuare questa tendenza, contribuendo all’aumento dei casi e all’abbassamento dell’età di esordio.
Chi soffre di DCA sviluppa comportamenti dannosi che compromettono seriamente la qualità della vita. Alcuni esempi includono diete estremamente rigide, la paura di determinati alimenti, abbuffate segrete seguite da episodi di vomito autoindotto, il conteggio ossessivo delle calorie, l’esercizio fisico eccessivo per "bruciare" ogni caloria ingerita, l’uso di lassativi o diuretici e il controllo costante del proprio peso o della propria immagine corporea. Tuttavia, i DCA non riguardano solo il cibo: chi ne soffre tende ad avere un'immagine distorta di sé stesso, accompagnata da pensieri svalutanti e un’autocritica incessante che va ben oltre l’alimentazione.
Per affrontare questi disturbi è necessario un approccio multidisciplinare, che coinvolge il supporto medico, psicologico e nutrizionale. Il trattamento può includere cure specifiche per eventuali problemi di salute fisica, percorsi di terapia cognitivo-comportamentale o familiare, oltre a un supporto nutrizionale che aiuti a ristabilire un rapporto equilibrato con il cibo.
La Giornata del Fiocchetto Lilla è un'opportunità per superare pregiudizi e stereotipi, ricordando che i DCA possono colpire chiunque, indipendentemente da età, genere o background culturale. Celebrare questa giornata significa sostenere chi sta affrontando il percorso di guarigione, offrendo ascolto, comprensione e vicinanza. È un momento per educare, sensibilizzare e diffondere un messaggio di speranza, ricordando quanto sia fondamentale prendersi cura della propria salute mentale.
Modifiche temporanee ai turni di Guardia Medica nel Distretto di Civitanova Marche, Garantire la continuità dell’assistenza sanitaria è un impegno fondamentale che deve conciliare le necessità di salute della popolazione con le risorse umane disponibili. Tuttavia, a causa di alcune difficoltà nel reperire medici sostituti per la guardia medica, la Ast di Macerata, U.O.C. distretto di Civitanova Marche, ha disposto delle modifiche temporanee ai turni di guardia medica per il mese di marzo 2025.
In particolare, le postazioni di Porto Recanati e Potenza Picena saranno operative solo nei turni notturni dei giorni 21, 23 e 30 marzo, con la sede di Porto Recanati che garantirà l’assistenza in quelle date. In tutti gli altri giorni, l’assistenza sanitaria sarà fornita dalla Guardia Medica di Recanati, presso l’ospedale di Recanati, in Piazzale A. da Recanati 2.
Per la Guardia Medica di Recanati, i turni sono regolarmente coperti, ad eccezione di due date: domenica 16 marzo, durante il turno notturno (ore 20-8), e sabato 29 marzo, durante il turno diurno (ore 10-20). Durante questi turni non coperti, gli utenti possono rivolgersi al Punto di Primo Intervento (PPI) per le necessità urgenti o contattare il servizio 118.
I cittadini sono invitati a prendere nota di questi cambiamenti e a rivolgersi ai punti di assistenza indicati nei giorni di turni scoperti.
È stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di realizzazione della casa della comunità di Macerata, finanziato con fondi Pnrr per un importo di 1.872.900 euro e che riguarda la ristrutturazione del Padiglione "Morselli", situato in zona ex Crass in Largo Belvedere Raffaello Sanzio, nelle immediate vicinanze del Distretto di Macerata.
La casa della comunità di Macerata si estende su una superficie di 910 metri quadrati e si sviluppa su tre piani costituiti da piano terra, primo piano e sottotetto e un piano seminterrato di minore superficie.
All’interno del Padiglione Morselli troveranno spazio al piano terra gli ambulatori dedicati alla neuropsichiatria pediatrica, al primo piano gli studi dei medici di medicina generale, mentre al secondo piano il consultorio familiare. Alla zona si accede mediante un ingresso principale prospiciente la pubblica via Spalato, mentre un secondo ingresso all’area si trova su Viale dell'Indipendenza.
Nel corso degli anni la struttura ha cambiato più volte destinazione d’uso subendo modifiche interne, mentre diversi sono stati gli interventi strutturali, di restauro e adeguamento sismico che si sono susseguiti nel tempo. Lo stile eclettico, infatti, è facilmente riconoscibile sui quattro fronti esterni.
Le facciate, completamente intonacate e caratterizzate da lesene, presentano sugli stipiti e sugli architravi dei portali d’ingresso e delle finestre elementi decorativi in cotto successivamente verniciati. Al piano terra, sui fronti nord e sud, sono presenti delle aperture con archi di gusto moresco che caratterizzano sia gli ingressi che le finestre laterali, mentre le altre finestre sono di forma rettangolare.
La fascia marcapiano, in cotto verniciato, presenta un elaborato fregio composto da elementi decorativi in terracotta e medaglioni in ceramica colorata smaltata e anche il cornicione, formato da una serie di piccoli archetti a sesto acuto, è completamente intonacato e presenta medaglioni in ceramica. La ristrutturazione dell’immobile permetterà di rendere la struttura idonea dal punto di vista dei requisiti igienico-sanitari, della salubrità degli ambienti e sul fronte dell’accessibilità.
Considerata la valenza artistica dell’edificio, gli interventi che si andranno a realizzare sono volti alla conservazione degli elementi di pregio e delle caratteristiche architettoniche e storiche dello stesso.
"Con la realizzazione delle case di comunità rendiamo la sanità più vicina ai cittadini, più prossima ai loro bisogni assistenziali e di cura per garantire risposte rapide ed efficaci al diritto alla salute di ciascuno" dichiara il direttore generale dell'Ast di Macerata Alessandro Marini.
"Con la casa di comunità di Macerata - dichiara il vicpresidente della Giunta e assessore alla sanità della regione Marche, Filippo Saltamartini - andremo a garantire risposte ai bisogni di salute della popolazione fragile e affetta da cronicità, oltre che alla domanda crescente di assistenza sul territorio. L'obiettivo è quello di rafforzare i servizi sanitari e ridurre la pressione sulle strutture ospedaliere e in particolare sui pronto soccorso".
A fine mese, il dottor Guido Marcucci, medico di medicina generale che da circa vent’anni presta servizio a Fiastra, lascerà il posto al dottor Alfredo Mattii. A ringraziarlo e salutarlo è il sindaco di Fiastra, Giancarlo Ricottini: «L’amministrazione tutta vuole rendere omaggio al dottor Guido Marcucci per questi venti anni di umana e professionale attività rivolta a tutti i cittadini di Fiastra, nonché ai molti anziani che sono fetta importante e sostanziale di questa comunità. In qualità di sindaco e, ancor più di amico, sento di dover ringraziare in maniera universale il dottor Marcucci per le grandi qualità umane, per il suo lavoro svolto con garbo, dedizione e, sempre dietro le righe, in maniera timida ma sostanziale.
Non va dimenticato che il dottor Marcucci, viste le difficoltà operative dei sistemi sanitari regionale e nazionale, nonostante sia in pensione da circa tre anni, si è offerto di proseguire l’attività di medico di famiglia nel nostro comune malgrado non avesse obblighi in merito. Da amico, lo ringrazio anche per l’ottimo comportamento che ha sempre avuto nei miei confronti in tutto il periodo della sua lunga permanenza a Fiastra, Acquacanina e Bolognola, periodo che ha coinciso anche con le mie attività amministrative, durante il quale ha sempre risposto positivamente ad ogni nostra necessità».
A sostituire il dottor Marcucci, come detto, sarà il dottor Alfredo Matti, originario di Montegiorgio: «Colgo l’occasione per ringraziare anche il dottor Alfredo Mattii – commenta il primo cittadino, Giancarlo Ricottini – che, alla sua matura età di 68 anni, ha accolto la nostra supplica di mettersi a disposizione per sostituire il dottor Marcucci, garantendoci altri due o tre anni di certezze sanitarie per il nostro comune. Anche in questo caso, trovare la soluzione non era affatto cosa scontata in quanto, a causa delle enormi carenze di medici di base disponibili, ci sono Comuni ben più grandi e invitanti del nostro che sono attualmente senza medico».
«Ritengo questa soluzione molto positiva per i nostri cittadini, in quanto anche in dottor Mattii è figura di notevole personalità umana e professionale e lo ringrazio infinitamente di aver accettato l’incarico, soprattutto per i suoi già noti legami con il nostro territorio. Voglio, infine, rinnovare l’invito a tutti i cittadini di Bolognola, Fiastra e Valfornace, qualora non fossero iscritti con il medico di base della nostra competenza territoriale, a farlo, in quanto darebbe ulteriore forza e sostegno alla difesa di uno dei ruoli più importanti di cui le nostre già ferite comunità necessitano». Il sindaco Ricottini non manca di far sentire la sua voce sulle problematiche legate alla sanità, che riguardano le comunità montane del territorio «La nostra amministrazione è intenzionata a portare avanti la battaglia per difendere e mantenere, in una comunità già martoriata dal sisma, i servizi sanitari in loco, diritto inalienabile di ogni cittadino».
In occasione della Giornata Mondiale del rene, che ricorre giovedì 13 marzo, l’Ast di Macerata organizza un Open Day con visite nefrologiche gratuite presso i Centri dialisi degli ospedali di Civitanova Marche e Recanati.
L’iniziativa è organizzata dall’Unità Operativa di Nefrodialisi di Civitanova Marche, diretta dal dottor Angelo Santoferrara, in collaborazione con la Società Italiana di Nefrologia e la Fondazione Italiana del Rene.
La giornata mondiale del rene di quest’anno è dedicata alla prevenzione e richiama l’importanza del ruolo della diagnosi precoce sottolineando la necessità che i cittadini siano consapevoli dei fattori di rischio della malattia renale e delle misure di prevenzione e protezione che possono salvaguardare i reni da un’evoluzione della patologia.
“La malattia renale cronica si calcola colpisca in Italia circa il 10% della popolazione adulta e rappresenta l’ottava causa di morte. Ipertensione arteriosa, diabete mellito, malattia cardiovascolare, obesità, familiarità per malattia renale sono i principali fattori di rischio” – spiega il primario dell’ospedale costiero dottor Santoferrara.
La U.O.C. Nefrodialisi di Civitanova Marche aderisce all’iniziativa “Porte aperte in Nefrologia”, la campagna nazionale di sensibilizzazione che vede coinvolti numerosi Centri Nefrologici in Italia proponendo attività di screening con visite, misurazione della pressione arteriosa, esame delle urine e distribuzione di materiale informativo.
Le visite nefrologiche verranno effettuate presso i Centri dialisi dell’ospedale di Civitanova Marche e dell’ospedale di Recanati nel pomeriggio di giovedì 13 marzo, dalle ore 15.00 alle 17.45.
Sono previste 12 visite per ciascun Centro, ma è obbligatoria la prenotazione telefonando nei giorni 11 e 12 marzo, dalle ore 9.30 alle 11, ai seguenti numeri: per il Centro dialisi dell’Ospedale di Civitanova Marche 0733 - 823032, per il Centro dialisi di Recanati 071-7583509.
“L’Open day organizzato dall’Ast per la Giornata mondiale del rene è un’iniziativa di prevenzione gratuita per i cittadini, che mira ad educare sull’importanza della salute renale, facendo conoscere i corretti stili di vita da adottare per prevenire l’insorgenza delle malattie renali – dichiara il direttore Generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini.
"Come Regione siamo fortemente impegnati nel promuovere la cultura della prevenzione - dichiara il vicepresidente della Giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini - Questa iniziativa è l'ennesima dimostrazione del lavoro che stiamo portando avanti per la tutela della salute dei cittadini. La diagnosi precoce e la corretta informazione sono fondamentali nel contrastare le malattie renali e nel garantire trattamenti tempestivi per una prognosi migliore".
La medicina dello sport è sicuramente la specialità medica che ha maggiore aderenza con la prevenzione e la sicurezza dei suoi assistiti nello svolgimento dell’attività fisico-sportiva.
Atleti professionisti, dilettanti, amatoriali, ma anche semplici frequentatori più o meno occasionali di strutture sportive e della attività fisica come per esempio piscine, campi da tennis, palestre, devono avere un pass sanitario, diversificato magari nell’approfondimento a seconda dell’intensità dell’impegno fisico, ma comunque sempre tenendo conto della verifica di parametri fisiologici per una serena e sicura attività.
È un esempio di grande efficienza, modernità e civiltà della nostra cultura della salute che coinvolge il servizio sanitario pubblico e tante strutture sanitarie private per ottemperare ad un dovere legislativo per la tutela della salute dei cittadini.
Per meglio conoscere il Servizio ne parliamo con la dottoressa Laura Pecilli, specializzata in Medicina dello Sport presso l’Università di Chieti fondata dal prof. Vecchiet e da poco tempo alla direzione del servizio di Medicina dello Sport delle Terme Santa Lucia di Tolentino già diretto dal dott. Danilo Compagnucci arrivato alla pensione.
Il territorio del maceratese è ben coperto da ottimi servizi della medicina dello sport. Un altro esempio è quello di Associati Fisiomed che sta sviluppando un inedito modello di cooperazione con diverse società ed associazioni sportive.
Dottoressa Pecilli, come nasce la medicina sportiva?
"Si potrebbe risalire addirittura alla Grecia classica, se già Ippocrate sosteneva che l’esercizio di un organo o di una funzione potenzia il loro rendimento e ne ritarda il naturale invecchiamento, ma lo sviluppo della medicina sportiva si ha solo nei tempi moderni, quando, con la sostituzione della macchina al lavoro manuale, nasce la società del tempo libero (leisure society) e masse crescenti di popolazione si riversano nelle attività fisiche e sportive.
In Italia la Federazione medico-sportiva, affiliata al CONI, nasce nel 1929 sotto la direzione di Augusto Turati (da non confondere con Filippo Turati), il gerarca fascista che interpretava così, per la gioventù italiana, il nuovo clima attivistico-sportivo del fascismo.
Nel dopoguerra la FMSI (Federazione Medicina dello Sport Italiana) viene confermata come federazione del CONI e, intorno agli anni ‘80, viene regolamentata la legislazione medico-sportiva, con l’obbligo delle certificazioni di idoneità, particolarmente rigorose per le attività agonistiche, come volle Leonardo Vecchiet. Nel 1957 nasce la prima Scuola di specializzazione in medicina dello sport presso l’Università di Milano".
Qual è l’attività del medico dello sport?
"L’attività fisica mette in movimento diversi apparati fisiologici, che vengono particolarmente sollecitati nell’attività sportiva: sistema respiratorio, cardio-circolatorio, muscolo scheletrico ecc. Al medico dello sport si richiede di conseguenza una competenza per così dire multidisciplinare, riferibile alle diverse specializzazioni della medicina. Se in passato al medico si richiedeva sostanzialmente di migliorare le prestazioni atletiche degli sportivi, anche attraverso l’uso di farmaci, oggi il medico dello sport deve essere in grado di effettuare una valutazione clinico-strumentale complessiva dello sportivo, sia a riposo che sotto sforzo, anche sotto l’aspetto psicologico e motivazionale, specie nel periodo dell’età evolutiva.
In sostanza la medicina sportiva è oggi rivolta a tutelare e a promuovere il benessere dello sportivo, sia sotto l’aspetto fisico, che sotto l’aspetto psicologico".
Cosa si intende per certificazione medico-sportiva?
"La certificazione di idoneità sanitaria in Italia è obbligatoria per qualsiasi attività fisico-sportiva, agonistica e non agonistica. Praticamente restano escluse dall’obbligo unicamente le attività fisiche scolastiche e quelle svolte in forma privata e individuale.
C’è tuttavia una differenza fra le attività sportive non agonistiche e quelle agonistiche. Per queste ultime, svolte in società affiliate o riconosciute dal CONI, la certificazione di idoneità richiede accertamenti più complessi e mirati, in considerazione del maggiore impegno fisico e psicologico che la prova agonistica comporta. Per essa si richiede quindi la raccolta dei dati antropometrici, la misurazione della pressione arteriosa, l’ECG da sforzo, la spirometria, l’esame delle urine e gli accertamenti ritenuti utili dal medico, che in questo caso è il medico sportivo".
Qual è la situazione e ruolo della medicina dello sport in Italia?
"L’Italia è l’unico Paese europeo che richiede la certificazione medica obbligatoria (e ne precisa gli esami da eseguire) per lo svolgimento dell’attività sportiva agonistica. Negli altri paesi ci si affida alle dichiarazioni liberatorie degli atleti o al massimo ci si accontenta di una assicurazione contro gli infortuni.
Il sistema italiano dello screening obbligatorio, introdotto intorno agli anni ’80, ha dimostrato la sua validità riducendo il numero dei decessi per cause sportive dal 3,6 allo 0,4 per 100.000 atleti.
In Italia sono attualmente operanti circa 4.000 medici dello sport, riuniti nella FMSI, che operano per lo più in centri e strutture organizzate generalmente dotate di strumentazioni moderne e adeguate".
Ringraziamo la dott.ssa Pecilli per il suo contributo e ci ripromettiamo di approfondire alcuni aspetti della materia con lei stessa, con il dott. Danilo Compagnucci, medico sociale della Lube Volley e con specialisti ed organizzatori del servizio di medicina dello sport del centro medico Associati Fisiomed.